Eccomi qui, tornato in Italia, a scrivere quelle che sono state le esperienze da me vissute in Giappone, o almeno parte di esse, perché davvero tante sono le cose che ho visto, i posti che ho visitato, le attività in cui ho preso parte e purtroppo in questa sede posso solo cercare di farne una sintesi provando a fornire un’idea chiara e completa di quello che questo scambio giovani Lions ha significato per me.
Come premessa ci tengo a sottolineare che studio lingua e cultura giapponese all’università e pertanto non partivo certo impreparato per questo viaggio, anzi, devo ammettere che essendo la prima volta per me nel Paese del Sol Levante ed avendo sognato questo momento fin da quando ero bambino temevo di ritrovarmi deluso, temevo che il Giappone non fosse come lo immaginavo, che non rispecchiasse le mie aspettative, ma ciò fortunatamente non solo non è successo, ma l’intero scambio si è rivelato meraviglioso aldilà di ogni più rosea aspettativa.
Quello di questa estate 2015 è stato il mio primo scambio con il Lions club e l’organizzazione è stata impeccabile: il programma è stato rispettato con precisione meticolosa, non ci sono stati imprevisti di sorta e non ho mai avuto problemi.
Il mio viaggio è iniziato il 14 luglio a Milano Malpensa e la mattina del 15, dopo 12 ore e mezza di volo ed uno scalo ad Helsinki, ero all’aeroporto di Nagoya dove a darmi un caloroso benvenuto erano presenti i membri del Lions Club accompagnati dalla mia prima famiglia ospitante.
Da un punto di vista culturale l’esperienza in famiglia è stata molto appagante: mi sono sentito davvero fortunato ad avere la possibilità di vedere non come un estraneo o come un turista, bensì come un membro del nucleo famigliare quelle che sono le abitudini, la vita di tutti i giorni, il cibo e le usanze giapponesi.
Forse i primi giorni possono essere duri: i tratti somatici diversi dai nostri tipici delle popolazioni asiatiche potrebbero far sì che nessun volto delle persone che ci circondino risulti a noi “familiare”, il fatto che molti giapponesi non parlino bene inglese potrebbe comportare una difficoltà e il cibo stesso potrebbe metaforicamente trasformarsi in una barriera impenetrabile; secondo me un requisito indispensabile per affrontare il Giappone è la curiosità unita al non avere dei pregiudizi.
Per quanto concerne la mia esperienza entrambe le famiglie sono state molto gentili, educate, curiose nei miei confronti e in quelli del mio Paese, non mi sono mai sentito fuori posto, mi hanno sempre incluso nelle loro conversazioni e in ogni attività facendomi davvero sentire come a casa. Riguardo alla lingua la sorella della mia prima famiglia ospitante studia a New York quindi ho potuto parlare tranquillamente inglese, nella seconda famiglia il livello di inglese non era molto alto, ma ciò non ha mai rappresentato un ostacolo alla comunicazione, anzi personalmente l’ho trovato un buon esercizio per il mio giapponese! Sushi e Ramen a parte non avevo mai provato il cibo giapponese, ma mi ha subito conquistato e ho trovato la cucina locale ottima, sia quella di casa che quella dei vari ristoranti in cui ho avuto la possibilità di mangiare.
Entrambe le famiglie non mi hanno mai imposto niente, si sono sempre consultate con me prima di decidere cosa fare e anche se le attività erano molte e tornavo sempre a casa la sera un po’ “stanco”, non mi sono mai annoiato un attimo. È stato molto divertente visitare città, castelli, templi, viaggiare alla ricerca dei luoghi più panoramici e dei ristoranti più tipici insieme alle mie famiglie ospitanti e l’unico giorno in cui il tempo era brutto a causa di un tifone siamo rimasti a casa a fare origami e a giocare a scacchi giapponesi. Inoltre quando ho detto alla mia prima famiglia ospitante che volevo visitare Osaka o quando ho chiesto alla seconda se potevo tornare a Tokyo, anche se entrambe le città erano distanti dal luogo di residenza delle due famiglie entrambe hanno acconsentito e di questo sono loro molto grato. Entrambe le famiglie hanno dato prova di una formidabile ospitalità offrendosi di fare il bucato per me, pagando sempre la mia parte ogni volta che si usciva a mangiare, chiedendomi sempre se avevo bisogno di qualcosa e facendomi anche qualche regalo del tutto inaspettato ma sicuramente molto gradito!
Durante il soggiorno presso le host families ho anche incontrato i Lions club a cui appartenevano i miei host fathers: quello di Yokkaichi e quello di Gifu. Ho incontrato il primo solo in un’occasione: un pranzo formale in un ristorante tradizionale nel centro della città seguito dalla visita al sindaco (visita che è finita sul giornale locale del giorno dopo!), i membri del Lions club sono stati tutti molto gentili con me e dopo lo scambio di bandiere e avermi insegnato il modo corretto di bere il tè giapponese mi hanno anche donato un capo di abbigliamento tradizionale usato durante le festività targato Lions Club, hanno detto che era il primo anno che lo facevano, che dire: “arigatou gozaimasu!”. Ho invece incontrato i membri del Lions club di Gifu in più occasioni, dalla cena del primo giorno, a un pranzo a base di sushi il secondo, alla cena a bordo di una barca tradizionale di legno durante il festival di Gifu: la pesca con il cormorano, insieme al mio host father abbiamo anche visitato una scuola media, apprezzato il panorama di Shirakawa-go (patrimonio UNESCO) e goduto dei fuochi d’artificio serali di Takayama.
Oltre all’esperienza in famiglia ho passato anche 9 giorni di camp insieme a 34 ragazzi provenienti da tutto il mondo. Il campo Lions è stato sicuramente il periodo più “pieno” siccome la nostra agenda non aveva davvero un buco libero, ma devo ringraziare proprio questo programma se abbiamo avuto l’opportunità di vedere così tante cose in così poco tempo, senza contare che ognuno dei 34 ragazzi si è dimostrato essere un amico e un prezioso compagno di viaggio col quale condividere quella che a fine campo ognuno si sentiva di descrivere come “un’esperienza indimenticabile”. Col campo abbiamo viaggiato in pullman e abbiamo dormito in vari ostelli (sempre puliti, grandi abbastanza e adatti alle nostre esigenze) locati a Tokyo, Shizuoka, Kyoto, Nara e Osaka. Abbiamo imparato molto sulla cultura giapponese: dalla scrittura grazie alle lezioni di shodo, alla cerimonia del tè, abbiamo anche imparato a preparare dei dolcetti tipici, abbiamo fatto trekking sul famoso monte Fuji e abbiamo anche potuto sperimentare le particolari terme giapponesi. Abbiamo avuto l’occasione di fare shopping nei quartieri più caratteristici di Tokyo, di vedere i templi più belli a Kyoto e Nara e dopo essere ritornato dalla prima famiglia ho avuto la fortuna di incontrare ancora due compagne di camp, la prima casualmente durante la visita al castello di Nagoya e la seconda durante un viaggio programmato a Ise.
Ho rivisto anche altri 5 ragazzi durante un mini-camp di 3 giorni in una villa in campagna dove ci siamo rilassati facendo BBQ, praticando sport e infine presenziando ad un concerto jazz tenuto dal Lions Club durante uno dei tanti festival che in Giappone sono frequenti durante il periodo estivo.
Per concludere posso dire che questa esperienza è stata estremamente positiva, che mi ha aiutato a maturare e a conoscere il mondo, non solo il Giappone, ma grazie all’internazionalità del progetto di scambio sono venuto a contatto con ragazzi provenienti da Paesi diversi dal mio, con culture diverse e trovo che questo mi abbia arricchito molto. Un sentito ringraziamento alle famiglie ospitanti, ai membri dei Lions che mi hanno seguito durante il viaggio e a tutti i Lions Club che rendono possibili queste esperienze uniche, non vedo l’ora di partire per il prossimo!