Quando sono partito ero un po’ timoroso del viaggio che mi aspettava, ma ero anche assai entusiasta per la nuova avventura per la quale stavo partendo. Durante tutto il viaggio in aereo non sono riuscito a chiudere occhio, ma la cosa più fastidiosa era vedere il mio vicino, Niccolò, che con me viaggiava alla volta della Tasmania, dormire beatamente tutto il tempo, svegliandosi giusto per pranzare per poi ricadere immediatamente in un sonno profondo. Giunto finalmente in Tasmania, al piccolo aeroporto di Launcheston, ho conosciuto la famiglia che mi avrebbe ospitato per le seguenti tre settimane e gli altri due ragazzi con cui avrei visitato quella bellissima isola: Robin, il ragazzo belga che alloggiava nella mia stessa famiglia, e Fabian, lo svizzero ospite di una signora lì vicino assieme a Niccolò.
Nel viaggio in macchina per giungere all’abitazione ho cercato in ogni modo di colloquiare con la famiglia ed ammirare il verde paesaggio, anche se la stanchezza del viaggio appesantiva le mie palpebre. La casa era situata in una sorta di promontorio a picco sul mare, spazzato costantemente da un vento gelido che fischiava tra i rami e scuoteva i vetri delle finestre. Per me, abituato all’afosa calura della pianura padana, il freddo era insopportabile, dal momento che la casa era sprovvista di riscaldamento, e la zuppa calda mangiata vicino alla stufa con la famiglia è stata provvidenziale prima di cacciarmi a letto con una coperta elettrica impostata al massimo. La famiglia aveva quattro figli, ma, essendo due fuori casa per motivi di studio, ho potuto conoscere solo il quattordicenne, impegnato negli studi ed appassionato di sport, ed il ventunenne, lavoratore in una fabbrica di cipolle.
Dalla mattina dopo è cominciata la mia visita alla remota isola e delle sue tradizioni. Era incredibile vedere i ragazzini che giocavano a football australiano correre nel campo ovale in canottiera e pantaloni corti sotto il diluvio e sfidando un vento teso che piegava gli alberi. Il padre, Kent, il cui lavoro consisteva nel raccogliere il latte in determinate fattorie per controllarlo, era spesso libero, motivo per cui ci ha accompagnato spesso in gite nei posti più caratteristici della Tasmania, tra cui un canyon, ammirato mentre infuriava una tempesta di neve, le cittadine vicine, la foresta lì vicino e le infinite distese di colline verdi. Con Niccolò e Fabian, ospitati da un’amica della mia famiglia abbiamo inoltre visitato un parco con animali australiani, delle grotte che si inoltravano nel profondo delle umide colline. La cena Lions a cui abbiamo partecipato ha evidenziato le differenze tra Italia ed Australia, poiché in quel club tutti erano vestiti in modo molto informale, con i vestiti del lavoro e grandi coccarde con lo stemma Lions portato sul maglioni poiché alle 6 cominciava la cena e molti arrivavano direttamente dal loro impiego.
Grazie al lavoro di Magella, la madre, autorità nel mondo dell’istruzione nel Nord Tasmania, abbiamo avuto la possibilità di andare in alcune scuole a presentare i nostri paesi di provenienza e vedere le scuole di un mondo così lontano, in cui la cultura è cosa differente dalla nostra. Neppure l’attività fisica ci è mancata, poiché abbiamo potuto nuotare in piscina, frequentare un corso di pugilato e fare esercizio fisico con un personal trainer del paese. Nei fine settimana tutta la famiglia stava unita, per assistere alle gare di moto del figlio o visitare con noi le più belle zone dell’isola. Siamo stati infatti portati a vedere la zona Nord-Ovest, con tanto di visita guidata ad un parco eolico, e la capitale Hobart nel Sud, vicina al primo centro europeo in quella terra, una prigione. Ciò che più mi ha colpito delle tre settimane passate in Tasmania è stata certamente la natura fantastica. Sembrava quasi che ripagasse il rispetto che i tasmani portano per lei, non sfruttandola o deturpandola, con spettacolari colori quali il verde intenso dei prati, l’azzurro del cielo e grigio delle tempeste che sovente s’abbattevano sulla costa.