Il nostro sito fa uso di cookies per migliorare la tua esperienza di navigazione. Continuando a navigare accetti l'uso di questi file.

ITALIA: what else?

Le ultime foto insieme, gli ultimi sguardi, le ultime parole, gli ultimi abbracci prima di indirizzarmi con gli altri compagni italiani verso il controllo di sicurezza prima del boarding, le ultime ore seduti su una panchina dell’aeroporto di larnaca, in silenzio, in attesa della chiamata. 
Torno indietro di qualche ora per raccontarvi dell’ultima cena insieme ai ragazzi del camp, le parole e gli sguardi che ci hanno legato indissolubilmente nel tempo, nonostante la distanza fisica che ci separa tutt’ora, mentre scrivo e li penso, ripenso alla loro voce alle loro strette, ai momenti passati insieme come in una grande famiglia. 
Abbiamo condiviso tutto in quelle 2 settimane: risate, pianti, qualche volta, stringendoci sempre, mano nella mano ognuno ambasciatore del proprio paese d’origine, cittadini dello stesso mondo.

12 giorni impegnativi, in quella che non si può prettamente definire una “vacanza” ma un’esperienza a 360 gradi: educativa, ludica, formativa. Le visite alle principali città della nazione: Nicosia, la capitale dalle strade interrotte dalle cabine dei soldati dell’ONU lungo la linea che separa la parte occupata dalla Turchia dal resto del paese e dai minareti che spuntano in lontananza da dietro i tetti delle case confondendosi con i loro camini. 
Le urla dei venditori ambulanti e il traffico proprio di una grande e attiva città si confondono, proprio come città nuova e città vecchia; i centri commerciali e sue chiese dai grandi altari dorati. Pafos e le Tombe dei re, Limasol con lo zoo e il museo civico, lo shopping e il tipico caffè greco a Larnaca, i pensieri e le parole di sdegno osservando la “ghost city” di Famagusta dai binocoli del museo ad essa dedicato; militarmente occupata dai turchi è stata sicuramente la visita più forte e significativa, le bandiere rosse sventolano ancora tra le rovine degli alberghi e delle chiese, le ultime, sopravvissute. 
Poi il mare, il sole, le uscite in mare aperto in barca, le attività al camp: canto, ballo per la cerimonia di chiusura, le serate di divertimento al bar ballando con il braccio in aria, vivendo a pieno ogni minuto della giornata, dal risveglio all’ultimo sorso di birra in compagnia prima di rientrare e darci la buonanotte, pronti per una nuova esperienza. 
Quelli che erano stati i silenzi iniziali, per imbarazzo o forse paura di non essere all’altezza, si erano subito tramutati in sorrisi e parole, parlare della propria vita, delle proprie passioni, condividere le partite di playstation e carte, la musica, tutti insieme sotto il porticato a cantare al suono della chitarra di Kyriakos. Sin dall’arrivo in aeroporto l’accoglienza è stata calorosa e famigliare, sia da parte degli organizzatori e degli animatori del camp, Anna, Andreas, Polina; sia dei ragazzi già arrivati prima di noi italiani. 
Mai scorderò George, il primo con cui ho parlato e stretto amicizia, parlando semplicemente di noi, cosa di più semplice. E pensare che proprio poche ore prima mi trovavo in macchina in viaggio verso Malpensa, quasi triste ma allo stesso tempo felice in un mix di emozioni prima di prendere l’aereo che mi avrebbe cambiato la vita, prima di incontrare i ragazzi che hanno fatto di me una persona migliore, i luoghi e le parole che mi hanno aperto la mente rendendomi ora più che mai cittadino del mondo, pronto a ripartire con la t-shirt marchiata Lions, “We Serve!”, anche domani.

Un’esperienza che mai dimenticherò e che auguro a tutti, non perdete l’occasione, volate e tornate con la valigia piena di emozioni, sentimenti, sguardi, abbracci, parole, lacrime di gioia, pronti a condividere con familiari e amici tutto ciò.

Dedicato ai miei nuovi fratelli e sorelle, così lontani e vicini allo stesso tempo, sempre legati da un filo indissolubile, pronti a ritrovarci tutti insieme, ancora, come in quel caldo luglio di Cipro.