Quest’estate, per la prima volta, ho partecipato al programma di scambi giovanili Lions presso il campo Danese “camp d, as blows the wind”, nel periodo 29 giugno - 19 luglio.
Il soggiorno consisteva in una prima settimana di permanenza in famiglia ospitante e due settimane a bordo di un galeone danese con altri 24 ragazzi e ragazze di eta’ compresa tra i 17 ed i 21 anni, provenienti da 15 nazioni diverse, per un giro via mare intorno a tutto il territorio danese.
Prima di questa esperienza con gli scambi giovanili Lions non avevo mai partecipato a vacanze studio e ne’ ero mai stata all’estero da sola. Devo dire che un po’ di preoccupazione c’era (paese che non conoscevo, il doversi esprimere solo in lingua inglese, 3 settimane lontano da casa… ) ma i miei dubbi si sono presto dissolti.
Durante la prima settimana sono stata ospitata da una famiglia molto simpatica ed accogliente, costituita da una coppia di ex insegnanti, che mi hanno fatto visitare alcuni luoghi caratteristici della zona circostante alla loro casa (come ad esempio il punto piu’ alto tra le colline danesi, ben 121 mt!) il fiordo su cui si affacciava la loro casa.
Durante questa permanenza ho avuto la possibilita’ di conoscere vita, usi e costumi di questo paese, sperimentandoli appunto all’interno di un nucleo familiare.
Il periodo passato a bordo del veliero, invece, prevedeva la socializzazione con gli altri ragazzi, il “vero e proprio scambio”. Cio’ che ha maggiormente permesso questo scambio, e del tutto impedito qualsiasi tipo di isolamento, era il ridottissimo spazio in cui abbiamo convissuto, e dico letteralmente in quanto la sala da pranzo, la cucina, l’area relax, e quella dormitorio consistevano in un unico stanzone (la stiva del veliero), non molto grande, che ci ha “obbligato” a stare vicini vicini, in mezzo al mare, senza nessuna via di fuga…
Parlo ironicamente, perche’ in realta’ nessuno di noi ha provato questo senso di prigionia, anzi; anche se sarebbe stato gradevole avere un po’ piu’ di spazio per potersi almeno muovere in quella stanza. Probabilmente eravamo un po’ troppi! Ma essendo ragazzi, all’avventura ci siamo saputi adeguare.
Il capitano del galeone ha insegnato ad ognuno di noi come seguire le coordinate, usando mappe e timone, mentre col suo primo uomo issavamo vele e fissavamo cime, per “seguire il vento” come dice il nome del campo.
Siamo stati divisi in quattro gruppi, con turni assegnati, per cucinare, apparecchiare e sparecchiare, lavare i piatti, il ponte, le toilettes, e controllare la barca di notte, soprattutto nei porti. Abbiamo fatto il bucato e ce la siamo dovuti cavare quando la pioggia era tanto forte da arrivare dentro la stanza. Abbiamo trovato il modo per andare a ballare e fare shopping tutti insieme nelle varie citta’ in cui attraccavamo.
Per quanto diversi in tutto e per tutto, ritengo che il periodo in famiglia e quello al campo siano egualmente utili, importanti e complementari. La vita degli altri paesi, e’ sicuramente molto diversa dalla nostra, ma ho capito che al di la’ di visite a musei, sightseeing, monumenti e attrazioni turistiche, non si puo’ certo cogliere nulla di questa diversita’ , se non sperimentandola in prima persona.
Avere una stanza d’albergo nel centro di Copenhagen sara’ sicuramente comodo e lussuoso, ma e’ pur sempre un portarsi dietro il proprio mondo e le proprie abitudini; l’esperienza che ho avuto modo di fare invece, e’ reale, non e’ piu’ solo turismo ma e’ un vivere il paese come se fosse il proprio, mangiare come loro, interagire con loro, confrontarsi con loro.
Sebbene interessanti entrambe, la permanenza in famiglia non e’ comunque paragonabile a quella del campo. Gli scopi, le condizioni e le circostanze sono totalmente differenti, ma anche le difficolta’.
Questa seconda fase degli scambi consiste, come la prima, nel rapportarsi con gli altri, ma secondo altri schemi. Non e’ piu’ un cercare di adattarsi ad uno stile di vita che si trova gia’ delineato al proprio arrivo, piuttosto e’ crearne un terzo partendo da zero, insieme ad altre persone. Ci si trova a confronto con tante altre culture, caratteri, origini, abitudini, quando gli unici punti in comune sono apparentemente l’eta’ ed una lingua interculturale che, se non altro, permette la comunicazione. Quello che in realta’ puo’ accomunare 28 persone partecipanti a questo tipo di “avventura” e’ proprio il desiderio di confronto e sperimentazione.
Non e’ certo facile pensare di creare un equilibrio tra persone provenienti da 5 continenti diversi, che si trovano a dover condividere e concordare tutto, ma proprio tutto, per due settimane, che, senza presupposti adeguati, puo’ diventare un periodo lunghissimo ed esasperante.
In realta’ non serve chissa’ che per affrontarlo, se non una grande capacita’ di adattamento, forza di volonta’ ed apertura mentale.
Organizzando il lavoro, il tempo, dividendo i compiti con tranquillita’ e collaborazione, se ognuno almeno prova a fare del suo meglio, allora tutto cio’ che e’ dovere diventa armonia e resta il tempo per potersi divertire insieme, senza remore ne’ pregiudizi ma come unico fine l’amicizia.
Devo dire che ritrovandomi nei valori dell’etica lionistica, solo dopo questo campus, ho potuto realmente rendermi conto di quale felicita’ ne porti l’applicazione reale.
Ma alla fine di tutto, quello che quest’esperienza mi ha lasciato, e’ molto di piu’ di quanto non mi aspettassi. Ho imparato a condividere le mie cose con gli altri senza problemi, e da figlia unica, non avevo mai neanche avuto modo di farlo; ho imparato ad assumermi le mie responsabilita’ in una situazione di convivenza, per il bene degli altri; ho imparato il valore della collaborazione e quanto questo renda ogni compito piu’ semplice e divertente; ho imparato molto su culture diverse, cose che dai libri non avrei mai potuto comprendere; ho imparato a trovare compromessi, a creare soluzioni, a risolvere problemi, ad adattarmi a situazioni scomode, ad ascoltare, a farmi capire. Ho trovato amicizie sincere. Ho visitato posti meravigliosi che neanche pensavo potessero infondermi tanto. Mi sono arricchita insomma, di quella ricchezza tutt’altro che materiale, e che rende migliori.
Ringrazio l’organizzazione LEO per avermi dato questa opportunita’ ed auguro, anzi consiglio, ad altri ragazzi di fare la stessa interessante esperienza.