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ITALIA: what else?

Ma perché proprio l’Estonia?” fu il mio primo pensiero quando mi dissero che c’erano famiglie disposte a ospitarmi lì. Estonia… non mi diceva nulla, non sapeva di niente quel nome. Io non ci volevo neanche andare, insomma l’Estonia! Non è mica l’Inghilterra o la Spagna. A rinforzare la dose c’erano i miei amici che alla notizia storcevano la faccia in una smorfia che voleva dire “perché l’Estonia?”

Considerai tuttavia che era un’esperienza da provare e decisi di partire. Sarei dovuto arrivare a Tallinn alle 5 di pomeriggio, ora estone, ma tutt’a un tratto mi ritrovai senza bagaglio, a mezzanotte, solo nell’aeroporto di Tallinn…


Eh sì, era già andato tutto storto. Un ritardo aereo, un cambio di volo ed eccomi lì in piena notte senza un bagaglio e solo. Il tempo della denuncia per lo smarrimento ed ecco che da dietro il bancone spuntarono i volti di tre ragazzi che sorridevano, mi guardavano e sorridevano. Io allora non capivo più niente, tra il mio sforzo per parlare in inglese con l’uomo del bancone e tutta l’ansia che avevo, davvero non sapevo che fare. Tremavo, il ragazzo, Sander mi strinse la mano dicendomi “ciao, come stai?” con il classico accento di una persona che parla una lingua non sua. Io mi sentii stupido, perché lui aveva fatto qualcosa di originale e io invece ero andato lì senza pensare a nulla di simile. Insomma, mi presentai anche con la ragazza di Sander, Sigrid e la ragazza polacca, che sarebbe stata ospitata da Sigrid. Saremmo arrivati a casa non prima delle 7, visto che Sander abita su un’isola a 4 ore di macchina da Tallinn e a causa del traghetto che si mette in funzione solo alle 6 di mattina. Bene, fino ad allora niente era andato secondo i piani.

Trascorsi 10 giorni sull’isola, Saarema, e per tutto questo tempo fece davvero freddo. Fortunatamente la valigia arrivò dopo due giorni ed ebbi modo di usare vestiti più pesanti. Trascorrevamo le giornate sempre insieme noi quattro, il mio inglese non era poi tanto male come credevo e dopo un po’ iniziai anche a pensare in inglese. Loro invece lo parlano come se fosse la loro lingua, dato che solo in pochi paesi come l’Italia esiste il doppiaggio, quindi sin da piccoli lo imparano guardando la tv. Le giornate passarono in fretta, tra le cose da vedere, le partite dei mondiali che non ci perdevamo mai e i barbecue nel giardino di Sander con i suoi amici. Io intanto imparavo anche un po’ di estone, cercando di emulare quei suoni che nella nostra lingua non esistono. Saarema, essendo una grande isola con pochi abitanti e solo un paio di paesini, è considerata un “country-side” ovvero una campagna e in effetti ebbi modo di vedere ettari interi di natura incontaminata con paesaggi che mi sono davvero rimasti impressi. Poi si mangiavano piatti molto genuini, la mamma andava a raccogliere le fragole e i funghi nella foresta e una volta mangiammo il pesce pescato da un amico di Sander. Iniziavo a convincermi che in fondo non era poi così male l’Estonia. 

Dopo 10 giorni quindi, presi il pullman per raggiungere la seconda famiglia, a Tallinn. Mi accolsero i genitori della ragazza, Liisi che al momento era impegnata per il festival. Sander mi disse che la mamma mi sarebbe venuta a prendere alla stazione vestita con degli abiti tipici della tradizione estone, e infatti non fu assolutamente difficile trovarla. Anche loro facevano parte del festival, che in seguito scoprii essere nato per celebrare l’indipendenza dalla Russia. Venivano estoni da tutto il mondo, perfino dagli Stati Uniti e dal Canada. Capii che l’Estonia è un paese davvero molto unito. La famiglia fu sempre molto disponibile, anche quando Liisi ebbe la febbre e la mamma decise lo stesso di portarmi in giro e qualche volta anche al mare. Tuttavia, essendo una capitale c’erano molte più cose da fare e davvero non stavamo un attimo fermi a casa. Prendemmo parte al festival, mentre i genitori ballavano e Liisi cantava insieme a un coro di 35.000 cantanti. Se su Saarema faceva davvero molto freddo, qui invece la temperatura non ne voleva sapere di scendere sotto i 30 gradi, e mi hanno detto che in tutta l’estate solo per un mesetto il clima è così. Sander mi ripeteva spesso con rammarico che lui vede il sole solo una settimana all’anno e che spesso l’inverno dura fino a maggio con temperature fino a -30 gradi, una notizia che mi ha scioccato. A volte, come mi è capitato di assistere, le quattro stagioni si possono manifestare in una sola giornata, e non è un’esperienza piacevole, senza contare che il sole non tramonta mai che, per quanto possa essere affascinante, per le prime ti mette un po’ la testa in subbuglio. Con Liisi andammo a fare shopping in negozi enormi, vedemmo un film in un cinema che aveva non so quante sale, e facevamo continui confronti tra l’Estonia e l’Italia. Gli estoni sono molto attenti a non nuocere in qualsiasi modo alla natura, tant’è che mi raccontarono di un albero cresciuto nel bel mezzo di un campo da calcio che il governo si rifiuta di abbattere.

Nei venti giorni ebbi modo di vedere l’Estonia in tanti lati diversi, quando fa caldo e quando fa freddo, la grande città dove tutto è enorme e di vetro e il piccolo paesino di Sander con piccole abitazioni circondate da una distesa infinita di foreste. Partii senza grandi illusioni su come sarebbe stata l’Estonia, ma sono tornato con la soddisfazione di aver accettato questo scambio ed è una esperienza che mi resterà per sempre.

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