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ITALIA: what else?

A distanza di un mese, ritornata ormai ai ritmi frenetici della vita quotidiana, posso solo dire con certezza che è stata l’esperienza più bella della mia vita. 
Non so dire perché ho scelto proprio la Finlandia, che quasi nessuno sente nominare ma sicuramente molto più all’avanguardia del nostro paese: ero attratta dal nord Europa e dall’idea di incontrare gente completamente differente, fosse solo per la carnagione, molto più chiara di noi italiani del profondo sud..tutto qui, avevo voglia di rifugiarmi tra le foreste e i laghi che fino a quel momento avevo visto solo in tv, ritrovando forse un pezzo di me che avevo perso: la serenità d’animo. 
Tutto è stato perfetto, quasi un sogno, a partire dal volo in aereo, tanto temuto per me, ma così tranquillo da far passare ben 6 ore di viaggio in un minuto. All’areoporto ad Helsinki, c’era parte della mia host family ad aspettarmi, forse ancora più emozionata di me; la figlia della famiglia aveva un cartellone con la scritta “Benvenuta in Finlandia Diletta!”, con le renne finlandesi disegnate e il bianco, rosso e verde come sfondo. 

Lì capii che, anche se ero migliaia e migliaia di km lontana dall’Italia, mi sentivo veramente a casa. Ho alloggiato per due settimane nella periferia di Lohja, una cittadina del sud della Finlandia vicina alla capitale, e già da subito, come dicevo, mi hanno fatto sentire parte della loro famiglia. Il giorno dopo Julia faceva la cresima, o almeno la Confermazione corrispondente alla religione luterana, e in questa occasione ho avuto modo di vedere un diverso modo di intendere la fede. Il party che ha seguito la messa è stato veramente divertente, ci siamo spostati nel cottage al lago per mangiare qualcosa e stare insieme alla famiglia allargata, piena di cugini più piccoli e di zii che, nonostante a primo impatto sia sembrata loro così diversa, si sono rilevati spassosissimi.
Infatti nei giorni seguenti con loro siamo andati a fare un giro nella capitale,visitando i monumenti e i musei più importanti, al parco divertimenti il cui nome impronunciabile non riesco neanche a riportare qui per iscritto, nei vari ristoranti tipici, per assaporare dalla cucina finlandese a quella messicana, islandese e perché no, anche italiana. Inutile ripetere che mi sentivo a casa. 
A proposito, una delle attività più divertenti è stata mangiare: io che mai nella mia vita avevo mangiato il pesce crudo ora mi trovavo di fronte alle uova di pesce sui crostini, che dopo una serie di sforzi mi sono anche piaciute. 
Mi sono innamorata dei loro dolci tipici, che un pomeriggio io, Julia e la nonna abbiamo preparato; “voisilmapullat” con l’”occhio di burro” e impastati con la cannella, praticamente il sogno di una vita, tanto che mi son fatta mandare la ricetta per poterli poi mangiare anche in Italia. Li farò presto perché mi mancano tantissimo, insieme a molte altre cose, compresa la sauna. 
Già, non avevo proprio idea che la sauna potesse essere una tradizione così radicata nei finlandesi: ogni sera rinchiudersi in una stanza a 100 °C non sembra proprio uno spasso detto così, ma vi assicuro che una volta sofferto la prima volta, l’idea di essere ancora vivi alla temperatura in cui l’acqua bolle diventa come una droga, soprattutto se una volta usciti ci si tuffa nel lago o in mare, provando l’ebbrezza di uno sbalzo di temperatura di circa 80 °C. 
Mi hanno spiegato che la sauna è come una parte di loro, un ritaglio di tempo dedicato al relax e al benessere a cui è impossibile rinunciare; io, nel mio piccolo, sto cercando di convincere i miei genitori che avere una sauna annessa al bagno non sarebbe male. Come vedete, i finlandesi hanno ragione.
Le due settimane nella famiglia sono volate, e tra baci, abbracci e lacrime, il mio cammino mi ha portato a Porvoo, al campo dove ho avuto modo di conoscere persone fantastiche provenienti da tutto il mondo, ossia gli altri campers che come me erano stati ospitati nelle famiglie e che adesso si ritrovavano tutti insieme in un mosaico di lingue e culture da fare invidia ad un libro di geografia; chi dalla Turchia, chi da Honk Kong, chi dall’Israele, dal Canada e tanti altri paesi. Italiani eravamo quattro, dalla Puglia, Toscana, Lombardia e Veneto. Pur essendo trenta ragazzi, ho avuto il piacere di fare amicizia con tutti quasi allo stesso modo grazie alle numerose attività di gruppo che i camp leaders ci proponevano, anche loro persone veramente speciali, delle quali mai mi dimenticherò. Insieme abbiamo perlustrato boschi, nuotato, fatto la sauna, giocato a pallavolo, ma soprattutto parlato tanto. Già, nonostante non tutti parlassimo un inglese perfetto, discutere e confrontarmi insieme a loro è stato davvero bello, perché ho capito quanto si possono allargare gli orizzonti, orizzonti fatti comunque, in fondo, di persone con le stesse paure, desideri e aspirazioni. 
Gli orizzonti che si allargano sono quelli della propria mente, che ora ha in sé ricordi bellissimi che mi hanno arricchito e mi hanno fatto venire voglia di prendere l’aereo e girare il mondo.
Ringrazio tanto i Lions per questa esperienza, perché noi ragazzi, di questa esperienza, ne abbiamo veramente bisogno per diventare adulti.