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ITALIA: what else?

Ho trascorso in Giappone circa un mese e annovero questa esperienza tra le più belle che mi si siano mai presentate.  Sono stata ospitata da due famiglie diverse, dieci giorni in ciascuna, per poi trascorrere altri dieci giorni nel Campus.
La prima famiglia giapponese -i Nakagawa- è stata molto disponibile con me, ha saputo accogliermi come un membro della famiglia e mi ha portato a visitare moltissimi splendidi luoghi. Mi hanno portato a Nora, dove vi è il più grande tempio giapponese, a Kobe, città dallo splendido porto, e in altri luoghi per svolgere diverse attività. Ho preso parte ad una lezione di Ikebana, a un O-cha-no-yu (cerimonia del thé) e a un concerto di Koto, strumento tradizionale antico, mi è stato perciò permesso a tutti gli effetti di conoscere a pieno alcuni aspetti della cultura giapponese.

Il club di Hirakata -città in cui ho trascorso la maggior parte del tempo- si è rivelato eccezionalmente disponibile, grazie a loro posso dire di aver accumulato un numero di esperienze esorbitanti nonostante l’esiguità del tempo e per questo gliene sono parecchio riconoscente. Posso affermare con certezza che ho avuto modo di conoscere molto bene tutti i membri del club e, in un modo o nell’altro, di affezionarmi a loro. I giapponesi sono in genere estremamente timidi, riservati e poco propensi ad esprimere i loro sentimenti per attitudine, ma devo ammettere che in questo mio viaggio ho incontrato persone molto calorose, disponibili ed aperte al dialogo,  posso ammettere di aver scambiato conversazioni confidenziali in più occasioni, cosa che non avrei pensato. La mia interprete -ad esempio- mi ha raccontato parecchio della sua vita ed io ho fatto altrettanto, quando si ha l’occasione di trovare persone così, anche se si è dall’altra parte del mondo, non ci si sente soli.  Infatti per la prima volta stare lontana da casa non si è rivelato un disagio. Eppure bisogna ammettere che il Giappone per certi aspetti non permette un facile adattamento: dormire sempre per terra, sui futon, o trovarsi nel piatto a colazione pesce talvolta, o altre cose ancora più strane, spesso può considerarsi un problema, soprattutto se ci si trova in una famiglia come la mia prima, dove nessuno parla una parola d’inglese, ma tutte queste difficoltà, quando si trovano famiglie come entrambe le mie due famiglie, scompaiono.  Persone così belle perché disponibili, socievoli e gentili ma anche generose sul serio, io non le avevo mai conosciute e per questo sono grata di poter aver fatto questa esperienza, che mi rimarrà sempre nel cuore.
Alle mie famiglie -sia la prima i Nakagawa, sia la seconda i Nomura- mi sono legata in modo singolare, ho ritrovato in loro una famiglia che mi voleva bene e che mi ha accolto con sincerità e per questo sarò loro sempre grata. Ho un’immagine che mi è rimasta impressa singolarmente, è quella della mia seconda madre giapponese che alla partenza - pur non essendo mai stata lei una persona molto espansiva o che tendeva ad esternare quello che provava- piangeva e si scusava perfino di farlo, tutti loro sono stati molto carini con me. Della mia prima madre ricordo invece la dolcezza, non ha mai esitato a mettermi a mio agio col suo atteggiamento e la sua ospitalità. Non posso certo dimenticare poi il mio primo padre giapponese, che mi ha espressamente chiesto di prolungare il mio soggiorno in Giappone se al ritorno del Campus ero stanca, e di fermarmi ancora come loro ospite, mi ha anche promesso di venire assieme alla famiglia in Italia a trovarmi e mi ha pregato di tornare con la mia famiglia italiana. Si è offerto di portarci a visitare Okkaido che lui conosce molto bene, perché è spesso lì per lavoro. Un giorno mi ha offerto un bellissimo regalo, motivandolo col fatto che lui era felice perché mi vedeva felice, credo che poche volte capiti di vedere persone così sinceramente altruiste.
L’altro padre giapponese invece si è preso cura di me come farebbe una madre, cucinando sempre quello che mi piaceva, cosa che ho apprezzato parecchio. Il mio soggiorno in Giappone è stato perciò meraviglioso e mi ha spinto a desiderare di tornarci in futuro o comunque a incontrare di nuovo queste splendide persone che hanno reso il mio viaggio speciale.
Per quanto riguarda il Campus, l’ho trovato davvero esaltante, il programma era molto intenso ma stimolante. Il fatto che ogni ragazzo venisse da un Paese del mondo diverso ha reso l’esperienza davvero esaltante, ho potuto conoscere un sacco di persone con cui ho stretto rapporti profondi e con cui sono ancora in stretto contatto.  Il programma del Campus era itinerante, quindi abbiamo cambiato alloggio ogni notte visitando molti luoghi, siamo stati ad Hiroshima ad esempio, esperienza che si è rivelata molto edificante dato anche il dibattito che abbiamo sostenuto a seguito, sulla pace.  Abbiamo poi visitato Koyasan, un centro di meditazione buddista molto rinomato e abbiamo preso parte a molte altre bellissime esperienze.  Abbiamo imparato alcuni passi di danze tradizionali giapponesi, abbiamo assistito ad un esercitazione della tecnica di spada samurai e siamo stati invitati a prendere parte a dei meeting Lions in cui abbiamo ricevuto un’accoglienza speciale.  
Ricorderò sempre l’ultimo giorno in cui, alla cerimonia d’addio, uno degli organizzatori Lions mi ha stretto la mano invitandomi gentilmente a tornare nel loro Paese. 
Un gesto simile è di certo emblema della infinita ospitalità che un Paese come il Giappone sa offrire a chiunque decida di cogliere tutto quello che una terra così affascinante può dare

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