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ITALIA: what else?

La mia avventura in Giappone è cominciata come una vera e propria sfida con me stesso. Non sono mai stato un patito di manga e anime, e le mie conoscenze riguardo questa remota isola orientale erano piuttosto superficiali.  Il motivo per il quale ho deciso di fare uno scambio culturale Lions proprio in Giappone è molto semplice. Volevo vivere un’esperienza completamente fuori dal comune, in un paese occidentale molto diverso dal mio sia dal punto socio-culturale, sia da quello paesaggistico. Non avevo mai visitato paesi extraeuropei e mi sentivo pronto non solo per farlo, ma per ricercare uno “shock culturale”, vedere cose mai viste e fare esperienze completamente nuove. Posso dire per certo, che anche se non conoscevo così bene il Giappone, ero convinto (e lo sono tuttora) che questo paese potesse offrirmi tutto questo e tutta la voglia di novità che cercavo fuori dall’Europa. Sono partito pensando che un’esperienza del genere sarebbe stata indimenticabile e mi avrebbe arricchito tantissimo. E posso dire che così è stato.

Quello che mi piace di più di uno scambio Lions è che noi ragazzi viviamo esperienze molto diverse da quelle di un semplice turista, che probabilmente vive in un hotel, visita la città, magari si sposta in altre e passa il tempo con altri turisti stranieri. Molte volte, gli unici “nativi” con i quali un turista tipo ha a che fare sono negozianti, albergatori e ristoratori; persone che stanno lavorando in un determinato ambiente e che non possono farci capire quasi niente sugli usi, costumi, carattere del popolo. In Giappone, invece, ho potuto vivere in tre famiglie, che mi hanno accolto e trattato non da turista o da amico, ma da vero e proprio figlio. È proprio grazie a questo che ho potuto capire un po’ il loro carattere, prevedere le loro reazioni e comportarmi di conseguenza. Quello che più mi ha stupito dei giapponesi è la loro riservatezza e discrezione, che però ho notato molto di meno nelle persone più giovani, molto vivaci, curiose, ma purtroppo altrettanto timide e spesso incapacità di “buttarsi” e rompere il ghiaccio. In Giappone il concetto di sincerità è molto relativo e viene spesso posposto nella scala dei valori sovrastato sicuramente dal concetto di rispetto per gli altri. Un giapponese preferisce mentire e inventare qualsiasi cosa pur di non esprimere la propria opinione se è consapevole che questa può turbare o creare dispiacere alla persona che ha di fronte. La società giapponese è purtroppo basata molto sull’apparenza esteriore e superficiale delle cose.  Il rispetto, la gentilezza, la cortesia e l’ospitalità sono di casa in Giappone; le mie famiglie erano continuamente preoccupate che mi mancasse qualcosa e si affannavano per farmi divertire ogni giorno. Devo dire che non ho mai incontrato da nessuna parte una cordialità e una gentilezza del genere, a volte forse esagerata, come tutti gli inchini che si rivolgono per ringraziare o salutare e tutte le volte che dicono “arigatoo” ovvero grazie, ma naturalmente cambia da persona a persona. L’altro lato della medaglia è il concetto di “regola” e ordine. Se a volte noi ragazzi italiani scherziamo dicendo che “le regole sono fatte per essere infrante”, i Giapponesi, anche giovani, sono piuttosto responsabili e il numero di reati commessi è decisamente inferiore; questo sempre per il concetto di rispetto per il prossimo. Quando mi trovavo in famiglia, visitavo molto spesso città vicine, conoscevo altri lions che erano molto contenti di portarmi in giro per le città con loro e cercavo di comunicare il più possibile, anche se lo scoglio della lingua non era indifferente. I Giapponesi, infatti, hanno molta difficoltà con l’inglese e nelle tre famiglie dove sono stato non lo parlavano affatto, quindi è obbligatorio imparare almeno le cose basilari.

I dieci giorni del campo sono stati stupendi, li ho passati con quaranta persone da tutto il mondo e ho fatto molte amicizie che intendo assolutamente coltivare. Essendo un campo itinerante, ci spostavamo in corriera e ci trasferivamo da città a città. Abbiamo visitato Tokyo, Kyoto, il monte Fuji, Una località sulle coste dell’oceano pacifico e per finire il lago Biwa (il più grande del Giappone). Tokyo è una megalopoli, e come tale non mi ha affascinato moltissimo, mentre a Kyoto ho assaporato l’antico cuore del Giappone, con le Maiko (aspiranti Geisha) che passeggiano per il centro storico della città, la zona dei templi, le foreste di bambù e gli immensi giardini curatissimi e davvero rasserenanti. 

Spesso, guardando le foto scattate in Giappone e scrivendo alle famiglie che mi hanno ospitato, penso che quest’esperienza mi abbia davvero segnato e insegnato che la prima regola per trovarsi bene in qualsiasi luogo è il rispetto e l’accettazione di realtà completamente diverse  dalla nostra e il rispetto di tutte le regole del posto. È sbagliato partire pensando di poter divertirsi sempre e incondizionatamente (soprattutto in campo) facendo sempre quello che si vuole. È giusto portare in Giappone la nostra esperienza di italiani, ma  è bene non comportarsi da Italiani in Giappone, seguendo le nostre abitudini, i nostri ritmi. È molto meglio osservare e “fare come fanno loro”, questo gli farà enormemente piacere. Lo staff del campo ha forti responsabilità nei confronti dei Lions e preferirebbe non perderci mai di vista; per loro questa è una vera missione, non fateli fallire infrangendo le regole o se la prenderanno direttamente con voi, spesso facendovi tornare in Italia. 

Se fossi partito dall’Italia con maggiori conoscenze sul Giappone probabilmente avrei messo un po’ meno tempo ad abituarmi però non avrei trovato la diversità che cercavo. Ora che sono stato in Giappone e ho imparato molte cose sulla loro cultura e un po’ della loro lingua non mi resta che ritornare al più presto … c’è molta gente che mi aspetta laggiù