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ITALIA: what else?

Il mio viaggio in Giappone si è svolto dal 16 Luglio al 19 Agosto 2008.
Durante la permanenza sono stata ospite presso i Lions Club delle città di: 
- Tokamachi
- Kariwa
- Nagaoka 
In tutte le famiglie sono sempre stata trattata con affettuoso riguardo, riuscendo a stabilire con ogni nucleo famigliare un buon legame ed una reciproca intesa.

Questo è stato possibile nonostante la presenza di barriere linguistiche dovute ad una mancata conoscenza, da parte mia della lingua giapponese e da parte delle persone da me incontrate della lingua inglese. Per garantire il più completo comfort ed evitare potenziali situazioni di disagio, in ogni club era comunque presente un referente in grado di comunicare in inglese. Va sottolineato come, anche in mancanza di questi, la disponibilità e la gentilezza dei giapponesi ha sempre reso possibile un interscambio comunicativo positivo, con l’ausilio di dizionari o facendo ricorso alla  gestualità.
Una relazione a parte andrebbe stilata per rendicontare un diario gastronomico, che si dipana in parallelo con le esperienze della quotidianità del viaggio. In sintesi posso dire che, essendo quella giapponese una cucina a me sconosciuta, ogni piatto ha rappresentato un’avventura. Una deliziosa avventura dalla quale non mi sono mai ritirata, e che ha saputo arricchirmi e cambiarmi come poche altre esperienze. Non solo per il fisico piacere culinario che la caratterizza, ma per tutto ciò che la circonda: abitudini, rituali e tradizioni secolari che si infiltrano in ogni chicco di riso presentato a tavola.Tutte le persone che ho avuto il piacere di conoscere si sono sempre dimostrate gentilissime, aperte e soprattutto profondamente interessate a me, in primo luogo come ospite, in secondo luogo come foriera di una cultura lontana e così diversa dalla loro.
Non c’è persona che non mi abbia omaggiata di un regalo; al costo di regalare un frutto, un ventaglio o un fazzoletto, nessuna persona da me incontrata mi ha salutata senza avermi lasciato un ricordo – fisico sì, ma anche e soprattutto emozionale - di sé.Credo sia significativo il fatto che nel questionario finale che mi è stato chiesto di compilare prima di lasciare il Giappone ho dovuto lasciare un campo vuoto. L’ultima domanda chiedeva quando era stato il momento in cui avrei voluto tornare a casa. 
In tutta onestà non ho mai vissuto un momento del genere. Durante tutto il periodo di permanenza in Giappone le famiglie e le persone che ho conosciuto sono state in grado di farmi sentire sempre a mio agio, capita e apprezzata.Ho vissuto presso tre famiglie molto diverse tra loro, ma che grazie alla loro eterogeneità mi hanno fatto apprezzare il Giappone a tutto tondo, in tutte le sue affascinanti sfumature.Torno dal Giappone arricchita, rinnovata e soprattutto grata per aver potuto vivere una tale esperienza con la costante presenza di guide al mio fianco. Se avessi visitato questo paese da turista, probabilmente non me ne sarei innamorata. La parte migliore del Giappone sono i giapponesi, ed è quindi stata una vera fortuna poter gustare questo viaggio integrandomi totalmente nelle loro vite, come una vera giapponese.

Tokamachi, il club elegante

La prima famiglia che incontro in Giappone è la famiglia Takahachi: lui è un dottore che gestisce una clinica privata, lei è una farmacista. Già dal primo giorno mi fanno sentire parte integrante del loro ambiente.
Durante la prima cena mi viene chiesto di accompagnarli alla clinica l’indomani. Anche se la sveglia era prevista alle 5.30 non ho esitato ad aggregarmi e quindi partecipare attivamente alla tipica giornata lavorativa della clinica. Da principio ho aiutato a sistemare camici, asciugamani e diverse attrezzature. Poi con l’inizio degli appuntamenti mi è stato chiesto di assistere ad una visita del dottore. Ignara di quanto mi aspettasse sono entrata nella piccola stanza e ho inaspettatamente assistito ad una gastroscopia, con tanto di dettagliate spiegazioni sulle operazioni in corso.
Esperienza interessane che ho ripetuto altre due volte nel corso del mio soggiorno a Tokamachi.
Continuando con il resoconto, uno dei primi giorni viene organizzato un “welcome party” in mio onore (vedi foto 1 e foto 2). Festa di ottimo gusto, che mi ha messa in imbarazzo solamente per il fatto di essere costantemente il centro di ogni discorso, di ogni fotografia e di ogni sguardo dei presenti in sala. 

Foto 1. Scambio dei regali al  welcome party di Tokamachi. 

Era presente la stampa locale, la quale ha dapprima scritto un articolo sulla mia presenza a Tokamachi come portavoce degli scambi giovanili Lions, e che in seguito ha continuato a seguire e documentare i miei spostamenti riguardanti gli impegni istituzionali, come l’incontro col sindaco. 


Foto 2. Discorso di presentazione al Welcome party di Tokamachi.

Nel weekend ho avuto l’occasione di trascorrere una piacevole gita a Tokyo assieme alla signora Takahachi. Durante il primo giorno, abbiamo fatto una visita della capitale con un bus panoramico. Le tappe principali sono state la torre di Tokyo, i giardini dell’Imperatore ed il tempio buddista di Asaksha. Sono stata particolarmente impressionata da quest’ultimo, in quanto luogo capace di mantenere una caratteristica atmosfera di spiritualità nonostante le ondate di turisti che quotidianamente affollano in massa il suolo in cui si erge il tempio.La sera ci siamo spostate in albergo, che ho classificato nella mia mente come “l’albergo più bello che abbia mai visto”. Fastoso, ma devo ammettere, splendido.
Il giorno dopo la signora Takahachi, sua nipote ed io ci siamo recate a Disney Tokyo, dove ovviamente abbiamo trascorso la giornata tra un’attrazione e l’altra.
Siamo rincasate nel lunedì. Il viaggio sul pulitissimo treno shinkansen mi ha dato modo di osservare e farmi catturare dalla natura che abbraccia le città giapponesi. Il colore dei campi di riso è una delle immagini che più si sono impresse nella mia mente.
Una volta tornate ho avuto modo di conoscere svariati luoghi della città. Un campo da golf ritagliato in una collina ai bordi di un lago è quello che più mi ha affascinata.
Nei giorni seguenti ho partecipato a svariate attività. Mi è stato chiesto di tenere una lezione in inglese ad un gruppo di signore giapponesi iscritte, appunto, ad un corso di conversazione inglese. In seguito ho assistito ad una lezione i koto, uno strumento musicale della tradizione locale, sono stata partecipe di una lezione di composizione floreale ed infine di una lezione di disegno. Non c’è bisogno di evidenziare come tutte le attività siano state estremamente interessanti e divertenti.
È stato molto istruttivo un pomeriggio passato con un piccolo imprenditore locale che mi ha mostrato la propria fabbrica dove viene lavorato il tonno. Tra le diverse aree che ho visitato, la più inusuale è stata quella dedita alla refrigerazione dei pesci. Un magazzino-freezer dove le materie prime vengono conservate a -55°. Ovviamente ho potuto rimanere nel locale per non più di cinque secondi. Rimane comunque un simpatico pensiero da ricordare.
Per due giorni ho alloggiato presso alcuni amici della famiglia Takahachi, rotazione dovuta ad impegni lavorativi di entrambi ma che si è rivelata un’ottima occasione per conoscere una realtà diversa da quella in cui avevo vissuto nella settimana precedente. Con la coppia che mi ha ospitato ho imparato a cucinare alcuni piatti tipici, cercando di capire le spiegazioni che, pur essendo in giapponese stretto, tutto sommato, sono state abbastanza comprensibili. Una serata è stata dedicata, assieme alla nipotina, alla creazione di svariati origami, per me tuttora estremamente complicati da assemblare.
Una delle ultime sere è stato organizzato il party d’addio (Foto 3). Con mia grande sorpresa il presidente del club mi ha portato un regalo a dir poco inusuale. La premessa è che, oltre alla sua attività lavorativa, il signore presidente è anche un artista di discreta fama locale. Dopo avermi scattato delle foto alla festa di benvenuto, ne ha selezionata una, e partendo da essa come riferimento, ha fatto un delizioso ritratto a pastello. Il suo pensiero, come tutti i pensieri che ho ricevuto durante il viaggio, mi ha veramente commossa.

 
Foto 3. Festa d’addio a Tokamachi.

Kariwa, il club alla mano

Dopo dieci giorni passati a Tokamachi arriva il momento del cambio del testimone. Un po’ dispiaciuta ma al contempo curiosa, mi lascio accogliere dal nuovo club Lions che viene a prelevarmi.Le prime impressioni, questa volta, sono quelle che contano. Nel giro di mezzora mi ritrovo in un paesino che poco ha in comune con la sofisticata Tokamachi. Ambiente rurale, non più vialetti con piccoli ristoranti à la mode, ma solo ed esclusivamente piccoli gruppi di case, e, qua e là, qualche negozietto di generi alimentari. Mi innamoro a prima vista. Anche la famiglia è molto diversa dalla precedente. Anagraficamente sono divisi da meno di dieci anni, sessantenni i primi, cinquantenni i secondi, ma nello stile di vita sembrano appartenere a due mondi diversi. Lui gestisce un’impresa di costruzioni, dove lavora anche il figlio ventenne. Lei gestisce un bar. Al mio arrivo a casa c’era una decina di persone ad aspettarmi. Tutti a farmi le feste, felici di avermi con loro. Gente chiacchierona, alla mano, e senza troppe formalità da farmi seguire.
Già dal primo giorno mi fanno visitare un magnifico tempio a qualche decina di kilometri da Kariwa. Ho seguito il tipico itinerario dei buddisti praticanti, con preghiere e “dong” inclusi. Con loro scopro un lato della cucina giapponese diverso da quello precedente. Tutti i kili persi con la prima famiglia sono stati abbondantemente recuperati in questa. Basti solo pensare che uno dei figli cresciuti dalla signora Yamazaky è un lottatore di sumo professionista. Mi accolgono subito in famiglia, con una specie di festa di benvenuto privata: bowling, cena fuori e serata di bagordi a suon di karaoke e sake di varie tipologie. Il giorno seguente, dopo aver finalmente trovato una degna compagna per lo shopping, mi fanno preparare per il “welcome party”. Questa volta hanno pensato ad un tocco di classe, e mi fanno vestire come una tipica giapponesina in tenuta estiva. La mia famiglia infatti, ha provveduto ad omaggiarmi di uno yukkata, il kimono estivo, che ho con piacere inaugurato appunto per la festa di benvenuto. Un’esperienza singolare, per una ragazza, quella di essere letteralmente vestita, da capo a piedi, da un’esperta équipe di sagge signore che conoscono alla perfezione ogni singolo filo che compone i vestiti tradizionali. Aiuto indispensabile, quello delle vestitrici, vista l’estrema difficoltà che da sempre caratterizza l’indossatura dei kimono.
Welcome party decisamente diverso dal precedente di Tokamachi. Nessun giornalista, nessun fotografo: una breve riunione alla sede Lions e poi dritti al barbecue sulla spiaggia. (vedi foto 4).

Foto 4. Welcome party a Kariwa. 

Dopo i primi giorni caratterizzati per lo più da brevi visite ai dintorni e prolungati pomeriggi dediti allo shopping, ho trascorso un weekend assieme ad un’altra famiglia. Contrariamente a quanto mi ero immaginata, ho vissuto tre giorni molto intensi, emozionanti e pregni di riflessioni. Il mio soggiorno presso questa famiglia part-time infatti, non si è svolto in una comune abitazione, bensì presso un’antica casa appartenente alla famiglia da più di cento anni. Tale “residenza” è sita in mezzo ai campi di riso, immersa nella splendida natura incontaminata che offre la prefettura di Niigata. Sempre a pochi minuti da Kariwa, eppure completamente isolata e al riparo dalle altre abitazioni. Ho incontrato dei serpenti, libellule di colori mai visti nemmeno nei musei. Un po’ scomoda, senza telefono e con due lampadine che per miracolo riuscivano a dare qualche sprazzo di luce all’ambiente. Eppure non sono riuscita a non amare anche quel luogo. In quei giorni ho conosciuto la gente del villaggio, tutte persone anziane con una vitalità che farebbe invidia a un ventenne (vedi foto 5). Ho familiarizzato con due signore, le quali mi hanno esposto una teoria tutta particolare sulla presenza dei serpenti che vale la pena menzionare. Secondo loro, i serpenti che ho visto appartengono ad una specie rara, tale da far loro presumere che fossero l’incarnazione di qualche divinità venuta a farmi visita per porgermi i suoi omaggi.

Foto 5. Piccola festa nella campagna di Kariwa.

Il giorno seguente ho avuto la possibilità di recarmi a Nagaoka per il festival dei fuochi d’artificio. Spettacolare è forse riduttivo per le due ore quasi ininterrotte di spettacoli pirotecnici.
I giorni seguenti ho trascorso del tempo con altri membri Lions e le loro famiglie,  mi hanno portata ad un acquario, a fare shopping e ovviamente in molti ristoranti di varia natura, a me sempre graditissimi.
Con la famiglia Yamazaki sono poi andata a Fukushima, la regione limitrofa a Niigata per una simpatica gita fuori porta. Lì abbiamo visitato un castello ed un’interessante fabbrica di vetro giapponese.
Prima di lasciare Kariwa la famiglia ha interpretato uno dei desideri che, fra le righe e senza evidenti pretese, avevo in precedenza espresso: partecipare alla cerimonia del tè. Anche questa è stata un’esperienza molto forte che mi ha rivelato e confermato tutta la potenza delle tradizioni millenarie di questo Paese.
Purtroppo il tempo è trascorso molto in fretta, ed al momento dell’addio mi sono un po’ rattristata.

Nagaoka, il club occidentale 

Secondo cambio di testimone, dove di nuovo il testimone sono io e non sono più tanto curiosa di scoprire una nuova città. Vorrei avere più giorni per stare a Kariwa, il legame con queste persone è veramente forte. Ad ogni modo travaso le valige da un bagagliaio all’altro e riparto, questa volta con destinazione Nagaoka.
Ancora una volta riesco a farmi sorprendere dalla differenza abissale tra una città e l’altra. Passo da un paese dove la gente non pensa nemmeno a chiudere la porta prima di andare a dormire, ad una metropoli dove le porte hanno una doppia blindatura e leggono anche le impronte digitali.
Lo stile, di nuovo, è tutt’altra cosa da quello delle famiglie precedenti. La famiglia Nagami è forse l’emblema del Giappone più moderno. Lui è architetto e proprietario di una catena di saloni per capelli. Lei è parrucchiera nonché manager di tutto lo staff, composto da una ventina di ragazze di età compresa tra i venti e i trent’anni.
Da subito noto molto rigore nell’organizzazione, fatto che avevo già notato in precedenza rispetto a tutte le persone giapponesi ma che qui è presente in particolar modo. Stilano un programma dettagliato delle cose da fare, e già dagli scarsi spazi bianchi nel testo capisco che mi terranno molto occupata. Dal primo giorno mi fanno intervenire alle attività Lions, a partire dalla partecipazione ad una finale di baseball giovanile, dove ho avuto il ruolo di velina “incoronatrice di medaglie”.
Mi sono poi recata al castello di Nagaoka per una breve visita e in seguito ho dedicato una sostanziosa fetta di pomeriggio ai preparativi per l’ennesimo welcome party.
Avendo a disposizione ben quattro saloni di bellezza non ho saputo rifiutare all’invito di farmi acconciare per la serata. Di nuovo, ho indossato uno yukkata, e di nuovo, mi hanno fatta sentire come una principessa. (Foto 6)Questo party di benvenuto si è svolto presso la sala di un elegante hotel in centro, festa alla quale è succeduto un dopo festa, ed un dopo-dopo festa.
Il giorno seguente ho visitato la locale scuola di cucina, una specie di accademia che prepara, a livello accademico, gli studenti usciti dalle superiori che intendono intraprendere la carriera di chef.
Ho partecipato a divertenti attività, tra le quali era prevista anche la preparazione di una pizza – aimè, il mio fare inesperto da pizzaiola non ha tenuto alto il buon nome dell’Italia – Nonostante i pasticci ai fornelli, mi sono divertita molto ed ho imparato anche alcuni trucchetti molto utili.

Foto 6. Welcome party a Nagaoka

La domenica ho avuto la possibilità di andare in una chiesa cristiano cattolica, e di partecipare ad una messa in giapponese. Il frate che la celebrava era niente meno che un francescano di Rimini, in Giappone ormai da più di quarant’anni. In quel pomeriggio sono stata al centro commerciale con tre simpatiche teenagers che mi hanno fatta rivivere un po’ di atmosfere adolescenziali. Anche di loro ho un ottimo ricordo.
Per il lunedì il signor Nagami aveva organizzato una gita comunitaria presso la regione di Fukushima. Famiglia allargata, compresa di me e nonni, e staff dei saloni, abbiamo passato una gradevole giornata, visitando prima un’antica scuola per samurai, e in seguito una zona termale dove non ho perso l’occasione per fare un immersione in versione integrale nelle bollenti acque delle risorgive naturali delle terme.Durante i giorni seguenti ho fatto, per la seconda volta, l’insegnante di inglese ad un altro gruppo di conversazione. Questa volta mi sono dilettata nella spiegazione di sugo al pomodoro e tiramisù, ricette mola Nagami è riuscita a sorprendermi rendendomi protagonista di un book fotografico a tema nipponico. Sono stata vestita e pettinata come una sposa, e per qualche ora ho posato letteralmente come una modella da catalogo per essere immortalata nelle mie spoglie da neo sposa giapponese. Il risultato è stato stupefacente; oltre a regalarmi un cd con il set di fotografie, la famiglia ha anche fatto due stampe per me ed i miei genitori.
Altre esperienze interessantissime sono state uno show ad un parco con giochi d’acqua e luci e la partecipazione ad un campionato di sumo, durante il quale ho conosciuto il figlio della signora Yamazaki.
La festa di benvenuto è stato il riassunto di tutte le feste vissute in precedenza, ottimo cibo, simpatiche conversazioni e infiniti rabbocchi di raffinato sakè.

Foto 7. La festa d’addio a Nagaoka

La partenza è stata tristissima.
Alla stazione sono venuti a salutarmi tutti i membri del club di Nagaoka e anche quelli di Kariwa. 
Tra le lacrime di tutti, in primis le mie, sono salita sullo shinkansen e, scortata dalla signora Nagami e da un membro Lions, sono partita alla volta di Tokyo per salire, anche se un po’ rattristata, sul volo di ritorno.

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