Tornata a casa ho sentito come non fossi mai partita, come se fosse stato solo un sogno, del tempo di un battito di ciglio.
Quattro settimane in sostanza erano come volate, ma sono state abbastanza per farmi tornare con qualcosa in più, qualcosa che solo chi ha vissuto con me quest'esperienza può capire. E che non potrò dimenticare.
Pune, ottava città dell’India, seconda solo dopo Mumbai nello stato del Maharashtra, è stata lo sfondo. Situata a circa 500 metri dal livello del mare, la sua posizione geografica privilegiata ci ha protetto dall’umidità tipica nella stagione dei monsoni, e ci ha regalato scenari emozionanti: cascate d’acqua zampillanti, montagne verdi rigogliose, strapiombi mozzafiato, viste dall’alto di fiumi e laghi.
Tanta vegetazione selvaggia, tanti animali in libertà. Il verde acceso strideva con il perenne grigio delle nuvole, e in mezzo metri di sari, il costume tradizionale per le donne, nei colori più accesi, brillanti, e scintillii di pietre, glitter, brillanti, argenti, su bracciali, collane, orecchini. Poi la metropoli, Mumbai, dal respiro internazionale, dal sapore piccante, ma con un retrogusto inglese che le regala un’allure affascinante, d’altri tempi.
Un match Italia-India finito in parità: partite di calcio si alternavano a balli, giochi collettivi, danze, piatti a base di verdure, spezie alla pasta col sugo. Il sacro, templi e riti religiosi induisti, al profano, Battisti come colonna sonora. La ricchezza e la povertà. Riflessioni seriose, insegnamenti, e risate corali, chiassose. Sempre assieme, noi e le nostre famiglie indiane. Tanti sorrisi, tanta premura e un’ospitalità che ci ha fatto sentire un po’ tutti come a casa, forse anche meglio.
Grazie a tutti.