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ITALIA: what else?

È stata un’esperienza davvero preziosa. 
Sono entrata in contatto con una cultura che all’inizio pensavo essere molto simile alla mia, ma che si è dimostrata invece essere tanto differente. 
Sia i paesaggi, le strade, le case del Messico, sia il cibo, sia lo stile di vita e la cultura delle persone sono diversi da ciò che abbiamo in Italia.
Ho avuto la fortuna di vivere al massimo la vita messicana in due famiglie completamente diverse, adattandomi alla loro tranquillità e spensieratezza. I primi giorni sono stati per me i più difficili, poiché il mio modo di pensare più agitato ed organizzato si è scontrato con il suo opposto. Dopo poco tempo ho però iniziato ad abbracciare questo stile, e mi ha insegnato a prendere di più le cose come vengono, senza troppa rigidità di programmi.


Sono stata nella mia prima famiglia dal 5 al 15 Luglio, e non avevo informazioni su quando avrei dovuto cambiare casa, e né contatti con questa prossima. La mia prima famiglia ha contattato dunque una sera la responsabile Mexico Camp per saperne di più, e mi è stato detto che avrei cambiato famiglia la mattina seguente, non conoscendo però la mia destinazione. Il giorno dopo mi sono quindi spostata ad Uruapan, una cittadina a poco più di un’ora da Morelia, e ho iniziato la vita con la mia seconda famiglia. Ho incontrato in Uruapan due ragazzi, uno della Croazia e uno della Lituania, che sarebbero successivamente venuti al campus in Chiapas con me, ed abbiamo iniziato così ad uscire tutti insieme. Mi è davvero piaciuto conoscere due ragazzi che sarebbero stati con me per le seguenti tre settimane, e siamo diventati come una piccola famiglia, nonostante avessimo tutti e tre caratteri davvero diversi, riconducibili anche alla differenza tra le nostre culture. Con loro ho infatti condiviso Uruapan, Ixtapa (dove siamo andati tutti insieme per una settimana con la famiglia), e il campus in Chiapas.
Per quanto riguarda il cibo, tutto è stato delizioso! Gli orari erano molto diversi da quelli italiani (mangiavo ogni tre ore circa!!), cosa che all’inizio mi ha dato più problemi di adattamento. Ma il cibo in sé è sempre stato molto buono, nonostante sia davvero differente. Ho assaggiato di tutto, e mi è piaciuto vedere come le famiglie cercassero di farmi provare più cose possibili, orgogliose della loro tradizione culinaria.
Il campus a San Cristobàl, in Chiapas, è stato incredibilmente bello per le persone che ho avuto la possibilità di conoscere e con la quale ho vissuto per sette giorni, condividendo storie e tradizioni differenti. L’organizzazione del campus non è stata delle migliori, in quanto abbiamo vissuto in un ostello dove io ed altre 10 ragazze abbiamo condiviso una piccola camera tutte insieme, consistente in 10 letti e una branda (occupata da me), e condividendo gli unici tre bagni con tutto l’ostello. Questa è stata la cosa che ha dato più problemi, in quanto per fare la doccia dovevamo organizzarci come tempi e non solo fra noi ragazze ma con tutti gli altri ragazzi, sperando che nessun altro ospite dell’ostello ci facesse saltare i piani. È stata, però, la parte migliore per mettere alla prova il nostro spirito di adattamento!!
Il campus ha avuto regole molto rigide, soprattutto per quanto riguarda il fare festa e il bere: finita la cena eravamo obbligati a rientrare in ostello e a non fare rumore per non infastidire gli altri ospiti. Questo non ci ha permesso di vivere appieno la città, nonostante questa fosse famosa per la sua vivacità proprio durante la notte. È stata una parte mancante del campus perché, essendo tutti ragazzi sui 20 anni o più, avevamo voglia di uscire e conoscerci meglio anche facendo festa. Dopo lunghe insistenze, l’ultima sera ne abbiamo finalmente avuto l’occasione andando in discoteca, e hanno partecipato anche alcune responsabili del Campus, ballando e divertendosi con noi.
È stata un’esperienza incredibile proprio per la mia crescita personale, perché ho vissuto momenti più duri e che mi hanno insegnato molto, dati dal contatto con una cultura diversa non sempre scontata da capire, ma anche e soprattutto attimi indimenticabili di condivisione di vita quotidiana con ragazzi provenienti da paesi vicini e lontani, con modi di fare più simili ai miei o talvolta opposti, e che mi hanno regalato più tolleranza ed apertura culturale.

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