Al mio arrivo a Morelia, capitale dello stato del Michoacan, sono stato accolto dalla famiglia della mia compagna di viaggio Rita Base che volava con me dall’aeroporto di Venezia; la famiglia che doveva accogliermi non c’era e ciò mi ha messo un po’ in ansia. Poi, arrivato in città ho fatto conoscenza con la responsabile dello Youth Exchange, la signora Adriana Acevedo, che mi ha spiegato che la famiglia dove avrei dovuto essere ospitato aveva un parente malato, quindi non poteva accogliermi però non c’era nulla di cui preoccuparsi; infatti nel frattempo era stata contattata un’altra famiglia quella della signora Gamiño Ortiz con il figlio Jorge Fernando, ventunenne e studente alla scuola per stilisti.La prima cosa che ho notato andando verso la loro casa è stata la differenza tra le nostre città e quelle messicane: le strade, molto larghe, straripano di negozi alimentari con la merce esposta sulla via, moltissimi i luoghi sulla strada dove la gente cucina con bancarelle sui marciapiedi. Anche la casa di Fernando era molto diversa da quelle nostrane, innanzitutto moltissime immagini sacre (e riproduzioni del cenacolo di Leonardo) dato che la famiglia era molto religiosa; l’acqua minerale non la comprano al supermercato ma da appositi camion che la mattina setacciano la città assieme a quelli delle immondizie che passano alle nove di mattina casa per casa.
La famiglia di Fernando era costituita dalla madre, divorziata, e dalle sue innumerevoli sorelle che abitavano nella stessa casa; una di loro, che fa il medico, mi ha curato quando sono stato colpito dalla “maledizione di Montezuma”, una malattia allo stomaco che capita a chi non ha dimestichezza con il cibo messicano. Un altro componente della famiglia è il nonno che svolge la funzione di capo spirituale, infatti prima di un viaggio dona sempre le sue benedizioni ai famigliari.Un’altra sorella gestisce una cucina economica nel centro, dove ogni giorno, tra le tre e le quattro, ci recavamo a mangiare tipici cibi messicani. Qui lo zio di Fernando, vedendo che ero italiano, si divertiva a mettere alla prova le mie conoscenze sui Greci ed i Romani. Un’altra coppia di zii vive a città del Messico, ma ne parlerò dopo.Tutti i componenti si comportavano con curiosità e gentilezza nei miei confronti, volevano conoscere l’italiano ed erano molto colpiti da quante cose sapessi sulla storia del Messico e su quanto me ne interessassi, oltretutto mi hanno più volte ringraziato per i regali che avevo portato per loro dall’Italia: un libro su Trieste ed una riproduzione della cattedrale di San Giusto.
Fernando mi ha fatto conoscere subito i suoi amici: Christine, la sua migliore amica, Eduardo che proveniva dal nord del Messico ed Aldo con i quali uscivamo alla sera o a visitare Morelia.
Nei primi giorni ho visitato la città assieme a Fernando e Christine, poi ci siamo spostati, assieme alla famiglia che ospitava Rita, sulla costa del Pacifico, ad Ixtapa; lì abbiamo soggiornato in un hotel sulla spiaggia, l’unica pecca è stata il tempo che ha concesso solo un giorno di sole su tre.Tornati a Morelia abbiamo visitato una mostra sulle invenzioni musicali di Leonardo da Vinci ed il museo del dolce, un’antica fabbrica di prodotti moreliani. Fuori dalla città ho visitato Pazcuaro, uno dei luoghi che conserva maggiormente nei costumi della popolazione la cultura indigena precedente agli spagnoli, da qui ci siamo diretti al vulcano Paricutin, venerato come un dio da alcuni indigeni locali, che in una sua eruzione del 1943 ha semidistrutto una chiesa che sorgeva alle sue pendici e che abbiamo visitato attraversando a cavallo un deserto di rocce laviche.
Purtroppo però il tempo non era dei migliori.Nei giorni seguenti ho visitato alcuni punti di Morelia di notte, infatti un gruppo di ragazzi attori organizza El recorrido de leyendas, ovvero il giro turistico notturno sui misteri e le leggende della città.Il giorno dopo sono partito in pullman con Fernando per Città del Messico, qui ho visitato il museo di Antropologia con i reperti archeologici sulle civiltà precolombiane (in particolare quella Azteca), la Plaza Nacional con la cattedrale metropolitana e le rovine del Templo mayor, tutto ciò che rimane di Mexico-Tenochticlan, capitale dell’impero azteco.Al di fuori del centro ci siamo recati al castello di Chapultepec, il palazzo di Massimiliano d’Asburgo il quale in Messico non gode di buona fama come da noi.
Successivamente siamo saliti sulla sommità della torre latinoamericana, la torre più alta del Centro America dalla quale si sovrasta la città che sembrava infinita. Sinceramente la capitale messicana mi ha sconvolto per i ritmi frenetici, la miseria ed anche la criminalità per la quale facevo moltissima attenzione.
Alla fine della giornata, spostandoci con il famigerato metrò di Città del Messico e con autobus scalcinati abbiamo raggiunto la casa degli zii di Fernando che ci stavano aspettando. Lo zio mi ha subito preso in disparte raccontandomi la storia di Città del Messico e le meraviglie degli Aztechi che per lui dovrebbero governare il paese al posto dei politici che proprio in quei giorni accusavano la fazione vincente di brogli bloccando strade e piazze; molto preso dal suo racconto mi parlava in dettaglio dei sacrifici umani al dio della guerra e, scherzando, mi ha detto che se gli spagnoli non fossero mai arrivati, probabilmente loro sarebbero venuti in Europa come conquistadores. Una cosa che ho notato è la loro insofferenza per gli Stati Uniti a cui i vari governi (a partire da quello di Santanna nell’800) sono asserviti.Il giorno seguente ci siamo diretti a Teotihuacan, il luogo degli dei, dove secondo la leggenda sarebbero nati il sole e la luna, l’era in cui viviamo. Il sito, oltre ad essere invaso da moltissimi turisti, conserva il suo alone di mistero racchiuso tra le due piramidi che campeggiano sul viale dei morti, la piramide del Sole e quella della Luna.
L’indomani, ritornato a Morelia, sono stato invitato alla cena del locale Lions Club, più che una cena si trattava di un antipasto…. Ho conosciuto la presidentessa e la signora Acevedo (alle quali ho consegnato i gagliardetti ed i libri sul Friuli - Venezia Giulia) che non faceva altro che raccomandarmi scherzosamente di stare alla larga dagli amici di Fernando. Qui ho fatto conoscenza di un socio che mi ha subito intercettato e, quando ha scoperto il mio interesse per la filosofia, mi ha raccontato le sue teorie filosofiche nate da anni di studi e mi ha fatto domande strane su un patto tra il papa e Mussolini negli anni ’50, riferendomi anche che a Città del Messico, da qualche parte, c’è ancora una sua statua. Ho anche appreso che non sanno bene ciò che accadde in Italia in quegli anni e fortunatamente neanche quello che è accaduto negli ultimi anni!
Lo stesso filosofo, capendo anche la mia passione per il piccante, mi ha passato sottobanco un peperoncino giallo del Chiapas che ho piantato quando tornato a Trieste.Ho passato gli ultimi giorni a Morelia visitando con la madre di Fernando (perché nel frattempo era iniziata la scuola) la casa nativa dell’eroe nazionale Morelos (che ha dato nome alla città) ed i mercati di artigianato dove ho comprato per prezzi stracciati tonnellate di cose che mi hanno reso difficile la chiusura della valigia.
L’ultimo mio impegno prima di congedarmi dalla famiglia, è stato quello di preparare per circa trenta persone, tra amici e parenti, una molto apprezzata pasta alla carbonara. Poi ci siamo scambiati i rispettivi indirizzi con l’augurio di rivederci il prossimo anno a Trieste (che tra l’altro non riescono a pronunciare).