Il nostro sito fa uso di cookies per migliorare la tua esperienza di navigazione. Continuando a navigare accetti l'uso di questi file.

ITALIA: what else?

 

Mongolia: è stata questa la meta del mio primo scambio Lions, senza dubbio un'esperienza unica ed indimenticabile.
Dopo 10 ore di aereo siamo arrivati -eravamo in 5 italiani- all'aeroporto di Chinggis Khan: qui abbiamo incontrato alcuni volontari del campo che ci hanno accolto abbracciandoci calorosamente.
Subito, per andare al Campo, dove abbiamo passato i nostri primi dieci giorni, abbiamo dovuto prendere il treno e poi dei pulmini, che sfrecciavano sulle strade di terreno battuto.
La prima cosa che ho conosciuto al Campo sono state le mosche: un'infinità, ci circondavano, si poggiavano sulla nostra faccia, dovunque; in due giorni ci siamo abituati alla loro presenza ingombrante e non ci davano più alcun fastidio -ma consiglio ai prossimi partecipanti di portarsi dello spray repellente, almeno per l'approccio iniziale con questi insetti!-. E poi, i bambini: tantissimi bambini, e non c'era nessun altro giovane partecipante allo scambio. Per questo eravamo perplessi, e un po'giù di morale: ma come? e ora che facciamo? Tuttavia, i bambini erano gentilissimi, ci chiedevano della nostra vita in Italia e ci raccontavano della loro in Mongolia; alcuni sapevano parlare l'inglese incredibilmente bene.

Al Campo, io e gli altri italiani- con cui mi sono trovata benissimo- abbiamo fatto molte escursioni nelle vicinanze: la natura è bellissima, a me ricordava i nostri paesaggi alpini d'alta montagna, con prati, fiori, erbe, mucche, abeti e ruscelli. Ci siamo divertiti a giocare coi bambini e abbiamo apprezzato moltissimo la cucina mongola, che si basa su carne, patate e carote: pirovsi, booz, manto (tutti fatti con pasta più o meno ripiena di carne e poi fritta e cotta al vapore), le zuppe coi noodles, il riso, il te' mongolo (bollito col latte)...
Non potrò mai dimenticarmi dei bagni: messi in fila all'esterno, assicuravano la privacy -ci si poteva chiudere dentro-, ma sostanzialmente erano delle buche nel terreno con delle tavole in legno dove appoggiare i piedi o col wc in plastica; mi sto ancora chiedendo se la carta igienica (che bisogna portarsi da casa) si biodegradi in tempo perché il cumulo di rifiuti non sormonti la buca.
Al Campo abbiamo anche conosciuto il campione olimpico di wresting della Mongolia: un vecchio umilissimo e adorabile, che ci ha offerto l'airag, il latte di cavalla fermentato, dal gusto terribile, ma si dice che un uomo possa vivere un anno bevendo solo quello, tanto le sue proprietà nutritive sono eccezionali.
Dopo i dieci giorni al Campo siamo andati in città col ragazzo ungherese che era arrivato poco prima: ci hanno subito smistato nelle famiglie, che erano però diverse da quelle che ci erano state comunicate (erano piuttosto disorganizzati, ma a parte questo alcuni dei Lions ci hanno presi in carico e hanno fatto tutto il possibile per farci sentire a casa).
In famiglia all'inizio ero piuttosto infelice e preoccupata: parlavano poco inglese, i due bambini piccoli mi prendevano tutte le cose, i miei hosparents erano sempre al lavoro e se chiedevo di poter andare in un museo sembrava fosse una cosa impossibile; temevo di dover stare in casa da sola per tutti i venti giorni, tranne che nel fine settimana, quando erano liberi. In realtà non è stato affatto così: noi ragazzi lions ci siamo incontrati ogni giorno e abbiamo visitato la città, e i miei hosts mi hanno sempre portato, tranne poi quando ho imparato la strada e a conoscere i luoghi e la gente: allora è scattato qualcosa, mi sentivo a casa, e pensando al ritorno in Italia mi sentivo triste.
I mongoli sono ospitalissimi, e hanno un calore che mi sembra quello italiano. La maggiore difficoltà nei rapporti è stata la lingue: pochi conoscono l'inglese, e una mia compagna ha dovuto cambiare famiglia, e per mia gioia è venuta a stare con me, perchè la sua non conosceva una sola parola d'inglese.
Durante il Naadam, la mia famiglia mi ha portato in campagna per tre giorni ( di cui uno speso in macchina: le distanze in Mongolia sono enormi!), a visitare i nonni, per cui purtroppo non ho potuto assistere alle tradizionali celebrazioni, ma invece ho conosciuto delle altre persone estremamente gentili, disponibili ed ospitali. Qui siamo andati a raccogliere le fragole di bosco e a pescare.
Gli ultimi due giorni sono stati sì belli come gli altri, ma ci sono stati dei momenti di crisi per tutti noi nel pensare al ritorno: ora che scrivo, sono tornata a casa da 5 giorni e mi mancano moltissimo gli amici che ho conosciuto nello scambio, la gente mongola, la Mongolia, tutta quest'esperienza incredibile.
L'unica cosa che mi è dispiaciuta è stato il non aver potuto visitare molte cose, non era possibile, ma questo non toglie nulla all'esperienza di accoglienza che ho provato.
Chissà se avrò mai l'occasione di tornare in Mongolia, ma di questo sono sicura: che per me rimarrà sempre uno di quei luoghi in cui ho vissuto quel calore che ti fa sentire a casa.