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ITALIA: what else?

Nonostante la mia avventura sia finita da poco più di una settimana e si presupponga che ormai abbia interiorizzato quel turbine di emozioni, sensazioni ed immagini che è andato girovagando per un mese dentro la mia testa, tuttavia, non riesco ancora trovare le parole adatte o una giusta definizione che possano esprimere, nella maniera che più le si degna, la straordinaria bellezza, il misterioso fascino e l'indescrivibile unicità di quella fantastica terra che è la Mongolia. 

Potrei stare per ore a parlare del paesaggio mozzafiato, dell'incredibile azzurro del cielo, delle verdi e suggestive montagne che incorniciano le valli, dei maestosi alberi che ora si ergono imponenti ora si piegano dolcemente sui freschi pascoli, del rilassante scorrere dell'acqua dei limpidi fiumi, del fresco vento che, passando di valle in valle, accarezzando fiori mai visti, porta con sé i suoni dei pascoli vicini. Il muggito delle pacifiche mucche, il perpetuo sbattere della coda per scacciare le mosche e il sordo rumore degli zoccoli sull'erba delle corse dei cavalli, le rapide uscite dalle loro tane delle marmotte, il lento andare dei bruchi sui rami, il timido sbattere d'ali delle farfalle che riempiono con le loro danze colorate i campi, il muto diffidarsi dei pesci, il pigro abbaiare dei cani a guardia delle gher, il silenzioso e maestoso volare dei falchi...

E potrei continuare parlando della maestosità del cielo di notte, con le sue innumerevoli, luminose e nuove stelle, del tripudio di colori che tinge le soffici nuvole durante le aurore mozzafiato delle quattro e mezzo del mattino, del confortevole battere della pioggia sul tetto nelle fredde notti.

 

Potrei provare a descrivere la città con la sua stimolante caoticità che si accompagna paradossalmente al piacere della lentezza dello scorrere del tempo.
Le macchine, il traffico, i taxi, strade deserte, guida a destra, guida a sinistra, volanti a destra e volanti a sinistra, il perpetuo fischio di un vigile fermo a un incrocio nel vano tentativo di dirigere e fermare i veicoli, il suonare del clacson che rimbomba nelle strade. 
Marciapiedi affollati, negozi e locali ricavati nei posti più improbabili dei palazzi a fianco della zona pedonale, ristoranti, pub, karaoke, bar, disco-bar, mini market, centri commerciali abitati da mercati orientali, monumenti, palazzi sovietici che nulla hanno a che fare con il carattere mongolo che si sprigiona dall'incredibile ospitalità e solarità delle persone. 
E ancora potrei provare a descrivere il sapore autentico del riso che solo chi è stato in questi posti può conoscere, la gustosità dei piatti preparati in ogni locale ad ogni angolo della strada, l'incredibile varietà di ricette che si accompagna alla scarsità di varietà di ingredienti, l'airag, il latte, lo yogurt, il formaggio. 
E potrei raccontare della cordialità delle persone, del loro sapersi godere le piccole gioie della vita, della loro profondità, intelligenza e lucidità, del loro amore per sé stessi, per la propria cultura, per il proprio paese e per gli altri, per le altre culture, per gli altri paesi, del codice di ospitalità dei pastori a cui si bussa alla gher e della profonda spiritualità che accompagna la tranquillità con cui si vive quello che a noi parrebbe il caos più totale. E potrei davvero continuare con altri ricordi pieni dettagli che balzano fuori dalla memoria non appena qualcuno dà il via al piacevole rimembrare, ma riempirei vanamente pagine di parole che non riprodurranno mai l'autenticità di tutto quello che è la Mongolia. 

Nemmeno con tutto l'impegno del mondo riuscirei mai a trasmettervi quello che in un mese è riuscita darmi la mia Mongolia, perché la Mongolia non è da descrivere, è da vivere! E si vi sembro esagerata, perdonate innanzitutto la mia nostalgia e provate a viaggiare per questa terra così straordinaria, semplice e allo stesso tempo così complessa, perché non sia solo la mia Mongolia, ma anche un po' la vostra.
Grazie per la bellissima opportunità di questo scambio giovanile, grazie della compagnia e dei momenti condivisi agli altri quattro ragazzi italiani e al ragazzo ungherese, grazie della pazienza a tutte le persone dello staff mongolo che si sono fatti in quattro per farci sentire come a casa. 
Mi scuso se non ho descritto esattamente quello che ho fatto, che ho visto durante quei magnifici giorni là, ma sono state le sensazioni a fare da padrone per un mese e non ho saputo dar loro un ordine sulla carta...perché in Mongolia ci ho davvero lasciato il cuore.

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