Il viaggio che non ti aspetti. La meta che non consideravi. Le emozioni che non dimenticherai mai. E’ un po’ il riassunto di quello che ho vissuto dal momento in cui ho deciso di accettare come meta per l’Exchange Program la Mongolia.
Un paese sentito più nei film che nella realtà, una nazione che non consideri prima di un viaggio. Tra chi ti dice “ Ma cosa c’è in Mongolia?” e chi invece ti incoraggia “ Wow sarà stupenda!”, senza però neanche sapere dove si trova esattamente sulle cartine tanto che la domanda successiva è “ Ma c’è il mare?”.
Partiamo il 3 luglio da Milano e dopo 11 ore di volo per Pechino, 8 ore di scalo nell’enorme aeroporto della capitale cinese e altre 2 ore e mezza di volo arriviamo finalmente ad UlaanBaatar e subito notiamo le differenze tra cinesi e mongoli: piccoli, magrolini e seri i primi, massicci e sorridenti i secondi.
La famiglia è a dir poco ospitale: ti offrono da mangiare e da bere a tutte le ore del giorno. La casa è molto spartana, con bagno fuori, senza sciacquone tanto finisce tutto in una buca profonda. Il quartiere è fuori città e molto povero, ma di pericoli ce ne sono sicuramente più a Milano, mi guardano incuriositi dai miei occhi tondi, dalla barba appena accennata (loro sono tutti glabri) e dai lineamenti occidentali.
ULAANBAATAR
Durante i primi 10 giorni visitiamo la capitale UlaanBaatar. Città in classico stile sovietico con palazzoni grezzi, ma che regala anche attrazioni mozzafiato: piazza Sukhbaatar è stupenda, corredata dal Parlamento con immancabile statua di Gengis Khan( o Chinngis Khan come si chiamerebbe realmente).
Il monumento Zaisan dedicato ai soldati russi morti per la Mongolia contro l’invasione giapponese sovrasta la città e regala panorami unici, il palazzo d’inverno di Bogd Khan ti permette un tuffo nel passato mongolo mentre il monastero buddhista Choijin Lama si fa ammirare per una statua di 23mt dedicata ad una delle divinità, per i rituali dei monaci e per gli Stupa che lo contornano.
Il secondo giorno, visitando una Gher, le loro tipiche tende, esposta in piazza Suhbaatar, assaggiamo per la prima volta l’Airag: bevanda composta da latte acido di cavalla con aggiunta di alcol. E’ letteralmente imbevibile, ma rifiutarsi è assolutamente vietato!
Nei giorni seguenti siamo costantemente a contatto con un’altra “ prelibatezza” del luogo: il montone! Qui lo mangiano in qualsiasi modo, perfino i fast food offrono praticamente solo quel tipo di carne dal sapore quasi nauseante, almeno per me, ad altri non dispiaceva.
Andiamo 2 giorni in campeggio nelle campagne intorno ad UlaanBaatar: sono i due giorni più emozionanti ed intensi dell’intera vacanza. Ci arrampichiamo sulla Turtle Rock, teniamo sul braccio un aquila reale di 3mt d’apertura alare, dormiamo in una Gher tutti insieme, ma soprattutto: CAVALCHIAMO.
E’ stata l’emozione più forte in assoluto: cavalcare al galoppo velocissimi nella steppa, senza limiti col vento in faccia, diventando un tutt’uno col cavallo, attraversando fiumi sul suo dorso, passando tra mandrie di mucche e tori che ti guardano incuriositi. In Italia per poter vivere un esperienza simile devi necessariamente avere un’esperienza decennale come cavallerizzo, in Mongolia ti basta esserci portato.
Il giorno dopo visitiamo l’immensa statua nella steppa dedicata anch’essa a Gengis Khan: 44 mt d’altezza, imponente sovrasta la steppa ed all’interno si trova la scarpa più grande del mondo.
Torniamo in città per assistere alla festa nazionale: il Naadam.
L’inaugurazione allo stadio è imponente: si esibiscono ballerine, la guardia reale, l’armata da guerra, gli sciamani..insomma tutto ciò che caratterizza la Mongolia. I mongoli sono un popolo unito e nazionalista, sentono ancora la grandezza dell’impero che erano una volta.
Assistiamo alle gare di wrestling mongolo, tiro con l’arco e corsa di cavalli: i 3 sport tradizionali del paese. I cavalli corrono per 6 o 7 ore consecutivamente montati da bambini di 4 o 5 anni, che pesando meno degli adulti stancano meno il cavallo.
IL CAMPO
Il gruppo di ragazzi in scambio è composto da 7 italiani, una ragazza olandese, una ungherese, una polacca e un ragazzo danese. Il gruppo è stato per tutto il periodo molto unito e questo ha sicuramente contribuito all’ottima riuscita del viaggio.
Partiamo per il campo su 2 furgoncini in stile Volkswagen anni ’70. Andiamo diretti a Karakorum, la vecchia capitale dell’antico impero. Circondata da mura, contiene vecchi templi e antichi reperti buddhisti, fa effetto pensare che quello era il nucleo di uno dei più grandi imperi della storia.
Ci accampiamo intorno a laghi per dormire.
E’ qui che lo spirito d’adattamento di ognuno deve necessariamente uscire fuori. Si dorme in tenda, si mangiano principalmente zuppe e ci si deve abituare a tantissimi insetti che fanno rumore, si poggiano sui vestiti, ma non pungono!
Il bagno merita una citazione: dovunque ci si fermi per allestire l’accampamento, un addetto scava una piccola buca con un telo retto da paletti a far da “ separè”. Si espletano i propri bisogni e si copre tutto con la terra utilizzando la pala: molto spartano, ma obiettivamente efficace e poi, in alternativa, c’è sempre la vastità della steppa!
Dopo qualche giorno ci fermiamo in un campo con 2 casette ed una gher, questo sarà il nostro alloggio fino alla fine del campo. Durante il soggiorno qui pratichiamo sport sia mongoli che occidentali: dal wrestling al calcio, dal tiro con l’arco alla pallavolo, dall’equitazione al basket.
Un giorno ci incamminiamo per una stupenda gita in montagna, tra boschi, fragoline e fiori stupendi. L’ultimo giorno ci chiedono di cimentarci con le tipiche attività dei nomadi: mungitura di una mucca, far entrare un gregge di capre e montoni in un recinto e poi catturarne una ad una per farle la vaccinazione e poi..bere il terribile Airag!
Siamo stati a contatto con la fauna locale: aquile reali e falchi che volano a bassissima quota, se ne vedono tantissimi, mandrie di mucche, tori, cavalli, capre o yak che si aggirano sornioni per la steppa o le strade, indisturbati e liberi. Di notte si sentono i lupi ululare, ma da vedere sono praticamente impossibili.
Durante questa vacanza non si riesce a restare neutrali nei confronti dei mongoli. Gente particolare, senza orari, costantemente in ritardo, ma che ti accoglie come uno di famiglia, si affeziona a te e ti fa sentire a casa.
E’ un viaggio che ti forma, ti fa capire quanta importanza hanno le piccole cose che abbiamo qui. Loro non hanno neanche la metà dei comfort che sono presenti nel mondo occidentale, ma sembrano più felici di noi.
Già, proprio cosi, più felici di noi: specialmente i nomadi. Senza burocrazia, con meno pensieri. Lo si capisce dagli occhi dei bambini che come migliore amico hanno un cavallo e non un videogioco, lo si capisce dagli adulti che vivendo tutti in una tenda si aiutano l’un l’altro e la sera si divertono bevendo vodka, airag e cantando!
La mongolia, lo ripeto, è impossibile ….. Da dimenticare …