La mia esperienza in Mongolia è stata fantastica, ma sotto certi punti di vista stressante.
Partita il 3 luglio insieme ad altri ragazzi italiani, sono arrivata all’aeroporto di Ulan Bator alle 6 di mattina del giorno successivo.
L’accoglienza è stata molto calorosa e lo stesso giorno mi hanno portato a vedere cose interessanti. Anche se la lingua era un po’ un ostacolo, sono stati molto gentili e le due ragazze, in particolare una, mi portavano in giro per la città tutti i giorni, tra musei e shopping.
Ho conosciuto tutti gli studenti stranieri come me qualche giorno prima del campo e, tutti insieme abbiamo aspettato fino alle 2 e mezza di notte per vedere la partita del mondiale.
Eravamo 6 italiani, 2 ragazze danesi, una ragazzo ed una ragazza tedeschi e una ragazza polacca, oltre che tutti i ragazzi mongoli partecipanti al campo.
Siamo partiti per il campo con dei furgoncini da strada, imbaccuccati in posti troppo piccoli con valige troppo grandi, ma questo è il bello. Se qualcuno cerca l’avventura questa è l’esperienza adatta per lui/lei, perché la Mongolia è avventura. Il tempo cambiava in continuazione e i furgoncini si sono impantanati molto spesso. Le camminate non sono mancate e i tiri alla fune o il wrestling mongolo sfiancavano sul serio, ma era divertente anche se a volte è stata dura sopportare certi ritmi. Un campo a prova di mongolo, di sicuro, ma noi europei abbiamo dovuto imparare strada facendo. La cultura mongola è tutta da scoprire; è una cultura antica e molto particolare, ma basta saperne cogliere la bellezza. Tra vestiti tipici, latte di cavalla con alcol, cavalli in miniatra, ghear (tende dei nomadi) e quant’altro non si può che non rimanere affascinati dal loro stile di vita, così semplice ma così intenso. E’ stata un’esperienza forte sotto ogni punto di vista e, nonostante qualche difficoltà, mi è piaciuto molto.