Prima di atterrare all’aeroporto di Ulaabataar della Mongolia sapevo solo qualche numero: 3 milioni di abitanti, una bassissima densità di popolazione; 3 milioni e mezzo di cavalli, un escursione termica tra giorno e notte di 20 gradi ed un paesaggio che alterna steppa e deserto.
Sul programma di quest’esperienza sapevo ancora meno; 6 giorni in famiglia nella capitale e 9 a cavallo senza sapere dove e con chi; la mia avventura in Mongolia è iniziata con un salto nel buio ma si è rivelata una scommessa vinta.
La mia host family era composta da due ragazze universitarie col desiderio di perfezionare il loro inglese, non una famiglia vera e propria a dire il vero.
Ganjaa e Pujee, questo il nome delle mie ragazze, si sono impegnate molto a farmi vedere la città e cucinare (e farmi cucinare) qualche piatto locale.
Ulaanbataar, la capitale conta un milione di abitanti. Le uniche altre 2 città contano solo poche migliaia di abitanti.
Ulaanbataar con le sue brutte costruzioni del periodo comunista sembra più una città di periferia Russa che una vera capitale; la città ha comunque il suo fascino, i meravigliosi templi buddisti popolati da monaci dalle tonache rosso fuoco testimoniano riti e credenze lontane dalle nostre (per non parlare dello sciamanismo visibile grazie a strani totem disseminati per la steppa), i numerosi musei invece racchiudono splendide reliquie del passato, in particolare alcuni fossili di dinosauro menzionati in ogni libro di paleontologia.
Lo shopping merita un capitolo a parte poiché si può trovare di tutto a prezzi convenienti e, dato che in città non c’è moltissimo da fare, la mia host family mi ci hanno portato più volte. Se vorrete avventurarvi in Mongolia vi consiglio vivamente di partire con una valigia semivuota altrimenti vi mangerete le mani se non avrete più spazio nel bagaglio per i vostri acquisti.
Si consiglia in del, tipico vestito mongolo e i prodotti di cashmere di ottima fattura e molto economici rispetto ai prezzi europei.
Dopo sei giorni la mia avventura in Mongolia è radicalmente cambiata: da turista di città durante il giorno spassandomela fino a notte fonda tra pub e discoteche, a cavallerizzo nomade tra le montagne a 400km dalla capitale. Devo ammettere che inizialmente ero un po’ preoccupato, il programma in effetti si rivelava assai più impegnativo delle mie aspettative: 30-40 chilometri al giorno sul dorso di un cavallo, niente bagni, dormire sotto una tenda e ovviamente zero comfort.
Tuttavia, già dalla prima cavalcata che ti spettina i capelli, a ridosso di verdi colline con al tramonto un sole rosa che lentamente scompare dietro le montagne capisci che anche tutti gli agi di una vita cittadina non sono paragonabili rispetto ad un’esperienza immerso nella natura. I mongoli questa lezione di vita l’hanno appresa da millenni; la parte prevalente della popolazione infatti vive allevando bestiame nei monti vivendo nelle Ger (la tenda mongola). Le nostre giornate erano scandite da lunghe cavalcate immersi in splendidi panorami di montagna (il paesaggio mongolo non è solo il deserto del Gobi).
In quel paradiso per la prima volta da molti anni non ho sentito il bisogno di andare su internet o di maneggiare il cellulare, è stata per me un’ottima disintossicazione.
Se avevo sete bastava recarsi ad un ruscello di montagna con acqua pulitissima (fresca e buona, dimostrabile col fatto che nessuno di noi ha avuto problemi di stomaco); per i pasti c’erano 2 persone con una jeep che arrivavano nelle varie tappe trasportando i viveri e facendoci trovare la sera sempre un pasto caldo (tuttavia grazie ai numerosi ruscelli era possibile anche pescare; alcuni giorni abbiamo fatto delle memorabili pescate e delle ancor più indimenticabili grigliate di trote), se volevo raggiungere una zona panoramica spronavo il cavallo e ci andavo; di cos’altro potevo aver bisogno!!!
La notte la temperatura scendeva a 10 gradi, ma era un buon prezzo da pagare per assistere allo spettacolo che le stelle offrivano in un cielo libero dalle luci cittadine; riuscivo a vedere una stella cadente ogni 30 secondi. Non voglio ripetermi ma è stata un esperienza unica, forse non adatta a tutti, ma chi possiede un buona capacità di adattamento e un briciolo di spirito avventuriero non potrà non provare a tornarci una seconda volta.
Un ringraziamento particolare devo farlo alle guide Bajaa e Baka (non me ne vogliano se ho sbagliato a scrivere i loro nomi), cavalieri provetti ma soprattutto ottimi amici, ad Ehmaa ed Elkey che ci hanno preparato ottime cene dopo le lunghe cavalcate, ed a Jacob, Dominich ed Elena i ragazzi che come me hanno goduto di questa splendida esperienza e l’hanno resa ancor più magica. Ultime considerazioni prima di concludere, riservate a chi pensa di andare in Mongolia :
- Non è necessario essere esperti cavallerizzi ma neanche alla prima esperienza a cavallo
- sui monti bevono solo latte di cavallo fermentato (non bevono praticamente altro) e ve lo rifileranno ogni 5 minuti; accettatelo almeno la prima volta altrimenti si offendono. Non è facile farselo piacere, ma aiuta se avete problemi di intestino
- non fatevi ingannare dai cavalli mongoli piccoli e tarchiati perché corrono… e veloce! Una volta lanciati al galoppo non è poi così facile fermarli
- se non temete la gelida acqua dei ruscelli per lavarvi non sarà un problema, altrimenti vi consiglio le salviette umide che si possono comprare ovunque
- i mongoli amano praticare sport e, sia grandi che piccoli, se la cavano davvero bene, ma se giocate a calcio occhio agli stinchi; senza volerlo tirano delle grandi pedate
- io mi sono portato la sella dall’Italia tuttavia le loro selle sono forse più indicate per i lunghi viaggi; se però cavalchi all’inglese ti consiglio di fare come ho fatto io
- partite per i monti con la batteria della fotocamera piena, per una settimana non avrete modo di ricaricarla
- non vi preoccupate se sentite ululare i lupi, non si avvicinano all’uomo ed in estate non attaccano i cavalli