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ITALIA: what else?

Sono un ragazzo molto timido e introverso nei confronti di persone che non conosco, e pensare di dover trascorrere 3 settimane con sconosciuti da tutte le parti del mondo mi ha in un primo momento spaventato ma, allo stesso tempo, mi ha concesso l’opportunità di mettermi davvero alla prova. 
Se dovessi dare un nome a questa esperienza, sceglierei “Il viaggio delle occasioni”, perché lasciare casa e prendere aerei da solo per la prima volta mi ha donato la più grande occasione di riuscire a conoscere me stesso guardando come avrei reagito davanti a tutte queste novità, intromessesi così improvvisamente nella mia quotidianità. 
Ma con tutte le paure o le buone aspettative, che hanno occupato la mia mente appena prima della partenza, non mi sarei immaginato di provare un così grande vuoto tornando a casa dopo 21 giorni (praticamente sempre soleggiati) in Norvegia.
In quel periodo di tempo ho conosciuto un lato mai scoperto della mia personalità che mi ha permesso di stringere un così forte legame con persone che in questo preciso momento sono orgoglioso di chiamare amici. L’ambiente che già la prima sera si era creato ha reso possibile l’inizio di sani rapporti amichevoli ricchi di rispetto ma anche di tante risate. Le giornate si susseguivano con una tale naturalezza da sostituire la mia vecchia routine di scuola e stress con una quotidianità che ha presto preso il sopravvento e ha iniziato ad essere parte di me e di quei ricordi che ora custodisco gelosamente. 

Tutto si è svolto magnificamente circondato dalla meravigliosa natura norvegese e, sebbene il programma non fosse così ricco o ben “spalmato” sulle 3 settimane, il Lions Club di Saltdal ci ha arricchito di ricordi di grandi laghi, fiordi, ghiacciai e verdi foreste che hanno reso ancora più speciale la nostra permanenza. 
Ma tra tutto, credo che sentirò per il resto della mia vita la mancanza di quelle mattine illuminate da un sole scomparso dietro le montagne per solamente poche ore, o addirittura di quelle lunghe serate a parlare, giocare a carte e ad ascoltare buona musica aspettando di scoprire come sarebbe stato, alle 3 di notte, il momento più buio della giornata (praticamente uguale al cielo estivo alle 8 di sera in Italia). Sentirò la mancanza dei “Kitchen parties”, ovvero di quei momenti di pazzia in cui tutti noi ci scatenavamo e ballavamo come matti in cucina, facendo parlare i nostri corpi e le nostre risate una lingua che abbatteva qualunque barriera linguistica, dando sempre più forza a quei legami tra di noi che spero non si spezzino mai.
Ma, paradossalmente, mi mancheranno quelle ultime ore trascorse insieme prima di partire, in cui nessuno voleva dividersi e in cui ho capito veramente quanto avere al mio fianco quelle persone era diventata ormai una cosa scontata della mia nuova vita, e che sarebbe stato innaturale per me vivere lontano da loro. 
Avevo ormai imparato a vedere le altre 3 ragazze italiane come le mie nuove sorelle, con cui ormai mi scambiavo confidenze e non trovavo difficoltà a parlare di argomenti più seri e più intimi (il che è stato un grande passo avanti per me), e ancora di più mi ero abituato a scambiare con gli altri ragazzi abitudini in maniera totalmente naturale, dandomi l’opportunità di vedere le cose da un nuovo punto di vista.
Sentirò davvero la mancanza di quei momenti perché sono stati la prova che la nostra vita deve essere fatta di continue scoperte, perché prima o poi, come mi è successo, arriverà l’occasione che ti cambierà profondamente e che ti farà comprendere che l’amicizia, a prescindere dalla lingua che si parla, è ciò di cui i nostri cuori hanno bisogno costantemente ovunque tu sia.
Ma ovviamente i nostri rapporti non si sono conclusi con questo viaggio. 
Anzi, credo che tutti noi siamo ormai determinati a rendere le nostre amicizie come tanti soli estivi norvegesi: intramontabili.