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ITALIA: what else?

Cosa dire dell’ esperienza vissuta in Norvegia?…
In tre settimane ho fatto e provato cose che in diciott’ anni non avevo e non mi ero mai sognata di fare…
Per cominciare è stata la mia prima esperienza, il mio primo viaggio fuori dal mio piccolo mondo e, per di piu’, da sola.
Ovviamente bisogna dire, anche, che è stato il mio primo volo in aereo. Sussubito, appena partita, non me ne rendevo conto della lontananza da casa, ma, appena atterrata all’ aereoporto di Oslo le cose erano già cambiate. Mi sentivo persa e, come i primi giorni in famiglia, non mi sentivo al mio posto, fuori dalla consuetudine e soprattutto così lontana dalla mia famiglia. Non era mai successo.Non mi trovavo piu’ in quel luogo così sicuro; casa.
Questo,però, per i primi tre giorni.


Non avrei mai pensato di ambientarmi talmente e di affezionarmi cosi tanto alla famiglia ospitante da sentirne tutt’ ora la mancanza.
Mancanza di quella famiglia che mi ha fatto sentire parte di quel loro nucleo, con la quale ho riso e addirittura pianto. Non ho ancora le parole per definire tutto ciò che loro hanno fatto per me e non solo materialmente, soprattutto interiormente. 
E’ davvero brutto pensare che ora io sia così lontana da loro e dalle loro, per me strane, abitudini; che però diciamolo, mi mancano altrettanto.
Dopo essermi affezionata a loro era già arrivato il momento di lasciarli alla loro solita vita e salutarli per rivivere un’ altra esperienza, quella del campus. Stessa cosa. Identica.I primi giorni volevo morire. Ero triste per aver salutato, in modo definitivo, la famiglia che mi aveva ospitata con affetto e, visto che non bastava, in piu’, mi sentivo di nuovo a disagio, fra un mucchio di ragazzi che non conoscevo e con i quali facevo fatica a comunicare. 
Questo per la mia incompatibilita’ con la lingua inglese, la quale, non è mai stata uno dei miei punti di forza, forse perché non mi piace per niente. La comunicazione per me è importante, e la mancanza di questa mi rende incapace e mi spiazza.Insomma, ero in crisi. Volevo solo tornare a casa. Un’ altra volta.Nel campus però ho trovato alcuni ragazzi italiani con i quali, subito ho legato e devo dire,grazie a loro, ho iniziato a spiccicare qualche parola di inglese e a legare finalmente con qualche altro ragazzo straniero.E cosa dire del campus? Era molto ben organizzato e molto ben strutturato. Anche qui, però, devo dire che oltre a questo velo di materialità, è stato molto piu’ importante quello che c’ era sotto. Il personale, i collaboratori, i nostri assistenti e soprattutto il dirigente, sono stati per me una terza famiglia[dopo la mia, ovviamente, e la famiglia che mi ospitata]. Insomma, era perfetto.
E le cose che ho fatto? Le attività alle quali ho partecipato?
Non sto qui ad elencarle non perché non siano importanti, anzi, ma perché ritengo principali e di rilievo le emozioni ed i sentimenti che ho provato e che mi hanno accompagnata in questa favolosa esperienza.
Dire che due settimane sono volate, è dire poco. Veramente, non pensavo di legarmi talmente a così tante persone, ragazzi della mia età, ragazzi come me, che anche se avevano vissuto altre esperienze non erano diversi. Odio il fatto di essere così lontana da loro perchè so che molti di quegli amici, con i quali ho trascorso quindici giorni entusiasmanti ed idimenticabili, non li rivedrò piu’.Venivamo, si può dire, da tutto il mondo, e questa, all’ inizio, era una cosa affascinante: dal  Giappone al Messico, dalla California all’ Italia, ma sotto, non è poi così eccitante.
Certo, tutte le persone a cui ho raccontato, stressato e fatto vedere 700 foto scattate lì, di quella ormai lontana esperienza, mi hanno detto:”non preoccuparti, ti terrai in contatto con loro”. E’ vero, di tutti  quegli amici ho indirizzi e-mail, msn, di casa e quant altro, ma di loro mi rimane solo questo e ovviamente un mucchio di ricordi. Ma non basta. Ho bisogno di abbracciarli uno per uno come l’ ultima volta che li ho salutati. Ormai fanno parte di me.Devo ancora capire che non è possibile, non lo è piu’.E’ stato difficilissimo riambientarmi a casa mia, la mia casa nella quale ho vissuto diciottanni.
E’ stata dura, non l’ avrei mai creduto.
Certo, era un’ esperienza che non può durare una vita,lo sapevo, ma, forse, alla fine ci speravo.Mi ha fatto capire che il mondo non finisce all’ angolo di casa; è vero, lo sapevo già, ma per logica, questa volta lo posso dire perché l’ho provato su pelle.
Se mi chiedessero: “faresti un’ altra esperienza del genere?”, io risponderei:”subito, ma con loro, con tutti loro,con  tutti quei ragazzi che ora sono miei amici, sono persone alle quali ora mi sento legata”.
Questo è tutto quello che penso.Spero con tutto il cuore di rivedere una per una le persone che ho conosciuto, a cui, ora, voglio bene.Posso solo aggiungere che questa esperienza forse mi ha cambiata, forse mi ha cresciuta o molto probabilmente entrambe...In tre settimane ho fatto e provato cose che in diciott’ anni non avevo e non mi ero mai sognata di fare…