Prima di partire ero un po’ spaventata, insomma non sarei andata due settimane in un college di Oxford a studiare la lingua e a sottostare ad un confortante programma “all inclusive” completamente organizzato.
Nè sarei partita verso mete sconosciute con un gruppo di amici che avrebbero potuto darmi manforte nei momenti di debolezza e bisogno.
Si trattava di tre settimane in un posto (la Norvegia) dove non avrei capito una parola dell’idioma parlato, un Paese di cui non ho mai sentito parlare molto e, semmai è rientrato nei discorsi a cui ho preso parte, era sempre stato citato come “qualcosa di molto lontano e molto vago”. Però, insomma, il programma prevedeva una settimana in famiglia e due settimane in un camp: non andavo di certo allo sbaraglio. E poi, ammettiamolo, essere “catapultati” in una realtà diversa e completamente nuova, forse non è sempre facile, ma di certo è affascinante! E poi io sono fermamente convinta del fatto che il viaggiare e il conoscere diverse abitudini, lingue, tradizioni, paesaggi e cibi non possa che arricchire! E quindi la naturale tensione prima della partenza si è trasformata in pura curiosità.
E quella che ho vissuto si è rivelata un’esperienza meravigliosa!
Innanzitutto la prima settimana di “ambientazione” in famiglia è stata dedicata al turismo sfegatato (centinaia di foto e guida touring sempre in mano) e all’apprendimento delle abitudini di vita norvegesi (cena alle sei del pomeriggio, canzoni folk incomprensibili ma bellissime e confronti tra gli stili di vita italiano e norvegese, politica, cibo, rapporto con la natura). La mia famiglia norvegese è stata molto disponibile e presente, io mi sono sentita sempre a mio agio; inoltre nella stessa casa assieme a me c’era un’altra ragazza italiana, il che avvalorava in maniera maggiore la sensazione di non essere mai “abbandonata al mio destino” e ha reso ancora più agevole la mia ambientazione in Norvegia.
Dopo una settimana, lasciata a malincuore la mia famiglia norvegese e la loro splendida casetta in mezzo al bosco (poiché da quando si scende dall’aereo la sensazione che accompagna il turista per tutto il periodo di permanenza è che ovunque ci sia bosco) mi sono trasferita al camp, dove sarei rimasta per due settimane.
Non credo che sarei in grado di descrivere a parole ciò che sono state per me queste due settimane, però posso assicurare che si prova una sensazione vertiginosa a pensare di trovarsi in un posto ad altissima concentrazione di “diversità” (e quindi ricchezza), 26 ragazzi che provengono da 21 Paesi differenti del mondo, dal Texas, al Giappone, alla Russia e tantissimi altri stati.
Vivere 24 ore su 24 imparando brevi frasi in ogni lingua e osservare le diverse reazioni agli stessi avvenimenti, chiedersi a vicenda se si crede in una religione e in quale, sapere com’è organizzata la scuola e cosa si mangia a pranzo: spendere la propria giornata imparando a conoscere gli altri e a capire come vivono la propria quotidianità è stato fantastico. Ed è stato fantastico, soprattutto, alla fine scoprire che proveniamo da diverse parti del mondo, siamo figli di diverse culture e abbiamo tutti diverse tradizioni, ma la pensiamo tutti alla stessa maniera. Tutti proviamo le stesse emozioni e tutti ci commuoviamo per le stesse cose, tutti ridiamo per le stesse battute e a tutti piace ballare al ritmo della stessa musica. Siamo allo stesso tempo diversi e simili, e soprattutto ci piacciamo gli uni con gli altri.Infine conoscendo gli altri, credo che si impari a conoscere di più anche se stessi. Si scoprono i propri limiti e le proprie virtù, si impara probabilmente (o meglio, a me è successo così) a gestirsi in maniera migliore. Questo è il mio preziosissimo “bottino” dopo tre settimane irripetibili in Norvegia (oltre, ovviamente, ad andare in canoa e in barca a vela, a fare climbing e a pescare) e mi pare che ci sia molta più soddisfazione ad apprenderlo sulla propria pelle che leggerlo in un giornale o ascoltare un servizio alla televisione.
Quindi grazie di cuore, a chi ha permesso questa esperienza è a chi l’ha resa meravigliosa (“staff “ italiano, norvegese, famiglia e a tutti gli altri 25 ragazzi che erano assieme a me nel camp)!