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ITALIA: what else?

Partenza. Destinazione: Nuova Zelanda.
Arrivo: dopo circa due giorni di aereo. Auckland. Ho circa un’ora e mezza di macchina dall’aeroporto alla mia “famiglia adottiva”, famiglia ospitante.
E in quell’ora e mezza di macchina, o meglio, nei primi dieci minuti di quell’ora e mezza di macchina, curiosando qua e là dai finestrini, ho avuto la possibilità di notare e vedere tutte le gradazioni del verde. Campi, colline, enormi distese di verde e alberi e arbusti. E tutto così immenso, a grandezze sproporzionate in confronto alla nostra Italia. Più terreni che case. Più spazio che abitanti. Già è questa la prima cosa che scopro e poi… il Verde. Il colore della speranza. Il verde è stato il mio colore nel tempo che ho trascorso là. Arrivo alla casa in cui vivrò per una settimana. Località: Tauranga. È una bella casa con un giardino enorme. E quando dico enorme, intendo proprio enorme, qualcosa tipo 6 ettari. Già, “enorme” credo sia il termine esatto per un giardino domestico di queste dimensioni. È una bella casa, accogliente, più tardi scoprirò che l’hanno costruita loro.
Molte volte, nei miei viaggi, nelle famiglie che sono stata, mi è capitato di sentire che le case sono state costruite da sé. È un’usanza, una tradizione che noi non abbiamo, principalmente, credo, perché le nostre abitazioni, in genere, non sono di legno o pannelli ma ben più massicce e pesanti, cementate. Così il mio soggiorno in famiglia è stato splendido, sono stata molto bene, ancora una volta ho avuto la fortuna di imbattermi in brave persone, gentili, disponibili e ospitali.


Ospitali in un senso che va molto al di là del comune concetto di ospitalità. In quei giorni ho fatto delle camminate panoramiche sulla spiaggia, sulla montagna, in una miniera; un giro per il centro della cittadina, a comprare qualche regalo per parenti e amici. Circa tutto è dimezzato, rispetto all’Italia, per quanto riguarda i prezzi.
Ho scordato di dire che quello era il periodo natalizio. E la cosa strana è che, essendo praticamente dall’altra parte del globo dalla terra delle mie origini, le stagioni, ovviamente, hanno un tempo diverso. Così era Natale ma era anche estate. Forse è questa la prima cosa che ho notato, anzi sicuramente, dato che sono partita con il cappotto per i -10 del freddo inverno italiano e mi ritrovo in maniche corte, con i 21 °C dell’estate neozelandese. Così passo il Natale in famiglia. È stato un bel Natale, diverso, senza neve, estivo. Gli addobbi, sia in casa che sulle strade, sono come i nostri, ma forse più numerosi, più sfarzosi. C’è anche una specie di competizione fra le case più decorate, a cui la sera abbiamo fatto visita. Interi quartieri, con i loro giardini, completamente illuminati, colmi di oggetti, lucette, addobbi natalizi. Uno spettacolo che ti lascia senza parole. Velocemente il tempo trascorre, la mia settimana passa.
Devo cambiare luogo e spostarmi a Taupo. Circa due ora di macchina. La famiglia mi accompagna. Arrivo al camp. Il campus è in una specie di costruzione-scuola estiva. Con due dormitori per ragazze e ragazzi, una grande sala per i pasti connessa con una grande cucina, lavanderia, un enorme terreno circondato dal bosco, un posto sperduto ma a stretto contatto con la natura e con la parte più spirituale e avventuriera che alberga all’interno di  ognuno di noi.
Siamo circa una quarantina di ragazzi, che come al solito, arrivano da tutto il mondo. Passiamo insieme dei giorni fantastici, tra le attività di gruppo, le escursioni e le visite organizzate. Vedo il mio primo geyser, eruttare acqua calda, la natura e le sue meraviglie controllate dal suo immenso potere non finiscono mai di stupirmi. Passiamo due giornate intere a casa dei Maori, i primi abitanti della Nuova Zelanda. Hanno una cultura patriarcale, ancora primordiale sotto certi punti di vista, sono molto ospitali con noi, molto gentili. La loro, è un cultura per certi versi affascinante: cucinano i cibi sottoterra; le famiglie sono composte dal capo famiglia rigidamente maschile e da circa una trentina di altre persone, un quadro dipinto da una forte gerarchia; accolgono gli ospiti con danze e canti collettivi e folkloristici; cantano in dieci e sembra siano in cento, le loro voci sono dotate di una profonda estensione. Sembra di tornare indietro nel tempo, quando l’uomo aveva ancora un contatto con la Natura, quando queste due potenze vivevano ancora in simbiosi.
Quando l’uomo aveva ancora rispetto per la Natura e non la modellava a seconda dei propri vantaggi o dei propri desideri. Dopo la visita ai Maori, altre attività costellano le giornate spese nel camp, con gli altri ragazzi: dormiamo sulla spiaggia, festeggiamo capodanno (hanno noleggiato per noi un vecchio juke-box), veniamo divisi in squadre e prendiamo parte ad una caccia la tesoro molto ben organizzata. Le attività sono ricche e ben strutturate. E’ stato un bel camp, una bella esperienza, un bel viaggio. Ma come in tutte le cose, arriva purtroppo il momento dell’addio, il momento della partenza, del ritorno alla propria terra.
Ogni viaggio ha una fine. E mi stupisco sempre del legame che riesce a crearsi in queste vacanze transatlantiche, se così si può chiamarle. Il legame fra ragazzi così diversi eppure così simili, così lontani eppure così vicini. Un legame che riesce a crearsi in così breve tempo. E nel momento in cui culture e usanze così diverse si incontrano e si fondono, ecco, allora prendi coscienza dell’immensa diversità del pianeta, della numerosità della somigliante dissomiglianza che esiste là fuori. E quando ne percepisci il contatto, quando senti, se pur per brevi attimi, di farne parte, qualcosa cambia in te, qualcosa di nuovo sboccia, perché ora sei consapevole della possibilità di comunicazione. Consapevole di quanto ci sia ancora da scoprire e vedere e provare. Quante persone da incontrare e con cui parlare, con cui scambiarsi un pezzo del proprio mondo… e poi tornare a casa, un po’ diversi, ricchi e imbevuti delle nuove scoperte, dei nuovi amici, delle nuove cose imparate. Sono tornata a casa un po’ diversa perché ogni viaggio porta con sé un cambiamento.Ogni viaggio è una nuova possibilità per conoscere. E conoscenza significa vita. Significa far parte di qualcosa. Ringrazio i Lions per l’ennesima opportunità che mi hanno regalato, grazie grazie davvero. E ringrazio la Nuova Zelanda, ricordandola come un’isola lontana, pura e pacifica. Una meta indimenticabile ed indimenticata.

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