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ITALIA: what else?

Si parte! È il mio primo viaggio da sola e non vedo l’ora di giungere a destinazione. Sull’aereo conosco Niccolò, l’altro ragazzo italiano che sarà in famiglia con me. All’aeroporto di Amsterdam, come previsto, c’è qualcuno ad aspettarci: si tratta di una coppia, marito e moglie, amici intimi della famiglia che ci ospiterà. Hanno un foglio con i nostri nomi. Facciamo conoscenza. Sono simpatici, e ci offrono subito da bere, ma io, stanca dal viaggio, non vedo l’ora di arrivare a casa. Il viaggio in macchina dura ancora due ore: intanto comincio a conoscere l’altro italiano. E finalmente, eccoci a Dongen, piccolo paesino del sud-est dell’Olanda. L’abitazione è abbastanza moderna, non è delle più caratteristiche della zona. La mia famiglia ospitante saranno i coniugi Henk e Cookie Spaan: è la moglie che ci accoglie, mentre il padre di famiglia è alla stazione ad attendere l’arrivo di uno dei due libanesi che saranno ospitati con noi. L’altro arriverà la sera. Ci sediamo in giardino: benché siano le 11:30 di mattina ci offrono tè caldo e biscotti. Ben presto infatti mi accorgo delle diverse abitudini alimentari degli olandesi: colazione piuttosto abbondante (su modello inglese), a pranzo un sandwich, molte bibite nel pomeriggio, cena verso le 18:30, 19 e stuzzichini prima di andare a dormire. Ma soprattutto tanto burro e bibite gassate. 

Una volta sistemate le valigie, ridiscendo al piano terra e finalmente arrivano tutti gli ospiti: a cena sono presenti anche i due figli e gli amici della mattina con la figlia, Heveline, per darci il benvenuto. Scopro con piacere che quasi tutti hanno già visitato l’Italia, in particolare Firenze, e ne elogiano i cibi e soprattutto i vini, di cui ne fanno largo uso. La mia stanza sarà quella della figlia maggiore, trentaduenne, ormai sposata e incinta. Né lei, né il fratello trentenne abitano più con i genitori. Per questo siamo quattro ospiti stranieri; l’altro ragazzo italiano non conosce bene l’inglese: cercherò di tradurgli il più possibile, ma rischierà sempre di rimanere escluso dalle conversazioni e dopo pochi giorni non vedrà l’ora di tornare a casa. I due ragazzi libanesi mi stupiscono: me li immaginavo come due tipi col turbante e una lunga toga, sul modello dei beduini del deserto. Invece, sono ragazzi normalissimi: vivono a Beirut, che, prima della guerra di quest’estate, era una città modernissima. Oltre all’arabo, la loro lingua madre, parlano perfettamente inglese e francese. Hanno lasciato il loro paese il primo luglio e, dopo un tour in Europa, hanno raggiunto l’Olanda: ovviamente sono preoccupati della situazione in Libano, nonostante la zona in cui vivono non è al momento bombardata. Sono simpatici e mi incuriosiscono: passeremo lunghe serate in giardino a parlare.

Per i successivi dieci giorni, sarò ospite di questa famiglia stupenda: Cookie lavorerà tutto il giorno, mentre Henk, in pensione, ci accompagnerà a visitare i posti più caratteristici della zona, in particolare i mulini, la grande diga sul Mare del Nord…E come dimenticare la gita al grande parco divertimenti con Heveline? E Amsterdam? In più, essendo l’unica ragazza del gruppo, Henk avrà sempre particolari attenzioni nei miei confronti, trattandomi come sua figlia. E sarà un dispiacere per tutti dovergli dire goodbye.

25 luglio 2006  

Comincia una nuova esperienza: al campo Salland si respira tutta un’altra atmosfera. Siamo 25 giovani da tutto il mondo e in seguito alla cerimonia di apertura, ci viene data una maglietta arancione, un fitto programma e la chiave della propria stanza: ognuno sistemato insieme ad un room mate. La mia compagna di stanza è della Danimarca, si chiama Louise; è abbastanza riservata, ma andiamo decisamente d’accordo. Incontro anche l’altra ragazza italiana del campo: Monica. Sono tutti molto amichevoli e a poco a poco ci conosciamo: parlano bene l’inglese, ma ognuno ha un accento diverso e in particolare, ho difficoltà a capire i ragazzi dello Sri Lanka e dell’India. Nonostante le diversità di lingua e nazionalità formiamo un bel gruppo. Gli organizzatori del campo sono Senior (membri anziani del Lyons club) e Junior Staff (giovani olandesi dai 18 ai 24 anni): ci possiamo rivolgere a loro per qualsiasi problema e saranno i nostri tutor per i rimanenti 10 giorni.

Si formerà un bel rapporto in particolare con lo Junior staff: sono ragazzi semplici, molto aperti, anticonformisti che non si fanno molti problemi su come vestire o come apparire; sono semplicemente consapevoli di vivere nel paese più libero e cosmopolita al mondo e si comportano di conseguenza. Tra le diverse attività organizzate per noi, c’è il survival day, tra arrampicate e labirinti sotterranei; la visita ad un campo di permanenza, in cui gli ebrei e alcuni gipsy lavoravano in attesa di essere trasferiti ad Auschwitz o Birkenau; la notte horror, nella quale veniamo buttati giù dal letto dal Junior Staff mascherato e lasciati nel bosco. Inoltre, ognuno deve presentare il proprio paese e preparare una ricetta tipica per la cena internazionale della serata conclusiva, durante la quale ci firmiamo le magliette per lasciare ad ognuno un ricordo personalizzato.

5 agosto 2006

Quante lacrime alla fine del campo! La notte prima della partenza si è festeggiato fino a tardi e la mattina alle 6 tocca a me partire: ma che tristezza! Molte sono state le promesse di tenerci in contatto tramite email e ad oggi, gran parte di esse sono state mantenute.  

Spero, un giorno di poter rincontrare un po’ tutti i ragazzi conosciuti grazie al Lions. Sicuramente consiglio questa esperienza a tutti coloro che amano viaggiare, visitare nuovi posti, conoscere gente ed entrare davvero in contatto con la cultura di nuovi paesi. Fondamentale è la conoscenza della lingua, del proprio paese, in modo da poterlo presentare adeguatamente agli stranieri che si incontreranno, e uno spirito di adattamento non indifferente.