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ITALIA: what else?

Prima della mia partenza, la mia famiglia ed io abbiamo ospitato per circa cinque giorni un ragazzo danese: Simon Ackermann. E’ stato interessante e ricco di emozioni convivere e condividere le nostre tradizioni con una persona così culturalmente diversa da noi. 
Arrivato il giorno della partenza, infatti, è stato molto commovente salutarsi ricordando i bei momenti trascorsi insieme. Tutt’oggi continuiamo a tenerci in contatto nella speranza che il nostro non fosse un vero e proprio addio ma soltanto un “arrivederci”. 
Dopo due settimane è finalmente giunto il tanto atteso giorno della mia partenza.


All’arrivo all’aeroporto di Gothenburg Ladvetter, responsabile del campus nonché mia hostmum, stava aspettando me ed altri ragazzi per accompagnarci a prendere il treno per la città e per collocarci nelle diverse famiglie. 
La prima settimana nella hostfamily ho condiviso la camera con una ragazza giapponese con cui ho stretto un forte legame. Per la prima volta mi sono resa conto di quanto fosse meraviglioso confrontarsi in tutte le nostre diversità e in qualche modo unirsi proprio grazie a queste. 
Durante questi giorni, la mia hostmum ha anche ospitato due ragazzi turchi che sono arrivati qualche giorno dopo rispetto a noi e abbiamo conosciuto altri partecipanti del campus. Finalmente sabato 3 agosto ho potuto conoscere tutti gli altri ragazzi del campo, tutti sistemati in una bellissima casa tipicamente svedese affacciata sul lago più grande della regione Varmland in cui ci trovavamo. E’ stato incredibile pensare che tutto ad un tratto mi trovavo insieme a ragazzi provenienti da 19 nazioni diverse. Dopo esserci sistemati nelle stanze e avere conosciuto la persona con cui avremmo vissuto per due settimane, abbiamo preso confidenza con la casa e gli altri partecipanti. Subito siamo stati divisi in sei gruppi che a turno dovevano occuparsi di preparare i pasti e riordinare cucina e sala da pranzo. Sfortunatamente, data la posizione del nostro piccolo paese, non ci è stato possibile visitare molte città. 

 

Durante i giorni trascorsi al campo, però, abbiamo imparato a convivere come veri e propri fratelli, dando vita a un gruppo unito e capace di divertirsi. 
Tra le diverse attività, un pomeriggio abbiamo preso parte alla parata cittadina in Kil. Ognuno di noi era tenuto a sfilare mostrando la propria bandiera e alcuni hanno indossato per l’occasione anche l’abito tipico del paese natale.
L’ultima settimana è volata e più i giorni passavano più capivamo di avere trovato degli amici speciali. 
Qualche sera prima della partenza Rossella, l’altra ragazza italiana del campo, essendo napoletana, ha voluto preparare la pizza per ben 30 persone. E’ stato molto divertente aiutarla in cucina insieme agli altri ragazzi, ma soprattutto è stata soddisfacente la riuscita del piatto. 
La penultima sera, invece, abbiamo organizzato un party di addio a cui erano state invitate tutte le hostfamilies dei ragazzi. La cena è stata ottima e le ragazze turche hanno preparato la loro insalata tipica. 
Inutile dire quanto sia stato triste salutare le famiglie, ma soprattutto i primi ragazzi che si sarebbero diretti all’aeroporto. Vedere tutti così commossi e con gli occhi bagnati dalle lacrime a causa degli addii, mi ha fatto capire che qualcosa in noi era cambiato, quest’esperienza aveva lasciato un segno. Abbiamo imparato a convivere con ragazzi provenienti da realtà totalmente differenti dalle nostre, con culture, usi e costumi diversi e insieme a queste abbiamo condiviso momenti allegri e spensierati ma soprattutto abbiamo anche saputo superare, fraternamente, momenti difficili e critici. 
A distanza di settimane ci teniamo in contatto quasi tutti i giorni e conserviamo, oltre al ricordo stupendo del tempo passato insieme, anche la speranza di poterci incontrare ancora. “Last but not least”: un ringraziamento dovuto al mio Yek Dottor Gualtiero Roccati (Distretto 108 Ia1) che con disponibilità e attenzione mi ha guidata in questa indimenticabile e bella avventura.

 

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