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ITALIA: what else?

Ciao a tutti, mi chiamo Francesco Schwabe Brini e scrivo per raccontarvi della mia esperienza in Turchia, resa possibile grazie agli scambi giovanili del Lions Club.
Per me è la seconda volta che organizzo un’ esperienza del genere dopo quella giapponese del passato inverno e mi ritengo sempre più che soddisfatto, ma soprattutto riconoscente verso chiunque si occupi degli scambi.
Il mio viaggio inizia il 6 Luglio, dopo un’ intensa settimana in cui ho ospitato, con la mia famiglia, una ragazza straniera: ciò ha impedito che io realizzassi di dover partire e così, al momento di andare in aeroporto ero colto, mentalmente, alla sprovvista; inoltre venni a sapere dieci giorni prima della mia partenza che la famiglia che mi avrebbe ospitato era stata sostituita con un’ altra di una città distante tre ore di bus da Adana, dove sono atterrato.

Possiamo dire che il viaggio d’ andata è stato lungo, difficile e stressante: in tre ore mi ritrovai in un Paese culturalmente diverso, in cui nessuno (se non rari casi) parla inglese e dover viaggiare solo anche su un bus è stata un’ esperienza che consiglio a pochi.
Passai la prima settimana in famiglia, e nonostante una calorosa accoglienza ed evidenti sacrifici da parte di tutti per permettermi di passare il tempo il meglio possibile, furono sette giorni molto difficili: durante la maggior parte della giornata ero in compagnia di adolescenti turchi più grandi di me (ho sedici anni) che sapevano l’inglese come un ragazzino italiano della scuola elementare.
Ebbi, quindi, parecchie difficoltà a comunicare con la popolazione, anche con la signora che mi ospitò, nonostante fosse un’ insegnante di inglese a livello liceale.
Durante questi sette giorni ho visto paesaggi e luoghi indimenticabili, ho assaggiato cibi deliziosi in grado di competere con la migliore pizza e ho assistito a gesti ed azioni di routine agli antipodi della cultura italiana e del rapporto che lega i connazionali di tutte le Nazioni che abbia visitato nella mia vita.
Quando finì la settimana con la famiglia, mi dovetti spostare ad Ankara, la capitale, per il camp; il viaggio è stato, al momento, molto impegnativo mentalmente, anche se a ripensarci ora mi viene da ridere: partii alle undici di sera con una bus che attraversava il territorio turco in un viaggio di nove ore. Ciò che mi preoccupava era il fatto che nessuno parlasse inglese, che potesse succede un qualsiasi imprevisto durante il tragitto e che alla stazione dei bus di Ankara non ci fosse nessuno a prendermi.
Insomma, alla fine mi feci coraggio e anche la famiglia mi rassicurò parecchio dopo avermi dato tutti i recapiti telefonici necessari e, infatti, il viaggio proseguì liscio come l’ olio, ma indovinereste mai chi c’ era alla fermata del bus ad aspettarmi ad Ankara? Nessuno.
Esatto, nessuno.
Feci una telefonata e subito gli organizzatori del camp, che già si trovavano in stazione, vennero a prendermi. Tutto liscio come l’ olio.
Le rimanenti due settimane volarono: passarono talmente veloci che negli ultimi giorni, ripensando a ciò che accadde in quel periodo, era difficile credere di aver passato così tanti momenti indimenticabili in così poco tempo.
Passai queste due settimane nel camp: tutto era supervisionato da un adulto, ma effettivamente il gruppo, tra ragazzi e staff, era composto da ventidue ragazzi di cui il più “vecchio” ha ventiquattro anni. Il fatto di appartenere tutti al continente europeo e tutti a generazioni vicine e senza un evidente distacco ha facilitato l’ integrazione e la coesione del gruppo.
Al camp eravamo cinque ragazzi italiani con adolescenti danesi, svedesi, finlandesi, olandesi, norvegesi e polacchi.
Abbiamo alloggiato per la maggior parte del tempo ad Ankara, in una università che ci ha dato ha disposizione delle camere nei dormitori; inoltre siamo stati una notte a Istanbul e una in Cappadocia.
Onestamente a Istanbul c’ero già stato, ma lo staff è stato attento e premuroso ad organizzare visite in luoghi che era difficile aver già visitato e luoghi che non risultassero noiosi per un gruppo di adolescenti.
L’ altra gita che era stata organizzata era in Cappadocia: onestamente, uno dei due posti più belli in cui sia mai stato; oltre a una classica e doverosa visita ai cunicoli che rendono quell’ area così famosa, abbiamo avuto l’ enorme fortuna di partecipare a un viaggio in mongolfiera, all’ alba. Credo che non esistano parole per descrivere quei momenti: dal decollo all’ atterraggio. Si tratta di un mix di emozioni, brividi e sensazioni che non si provano facilmente e che solo la Turchia è stata in grado di farmi provare.
In conclusione, il mio viaggio in Turchia è stato, è e sarà per sempre indimenticabile: mi ricorderò le difficoltà e i sorrisi con la famiglia, le amicizie, le cene e i viaggi con i ragazzi del camp.
Consiglio davvero a chiunque di visitare questo meraviglioso Paese che purtroppo fa parlare di sè solo per cose negative, quando dovrebbe essere rinomata per le bellezze, il cibo e la storia di cui gode.
Io mi sento onorato ad aver trascorso tre settimane così e sono infinitamente grato al Lions Club e a tutti coloro che hanno contribuito, in Turchia e in Italia, a rendere questo viaggio a dir poco meraviglioso.