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ITALIA: what else?

Quest'estate, grazie al Lions Youth Exchange, ho vissuto in Austria una delle avventure più belle e significative della mia vita, fatta di momenti unici, luoghi incantevoli, e soprattutto persone speciali, impossibili da dimenticare. 
La mia avventura iniziò il 9 luglio 2016 all'aeroporto di Vienna, dove mi accolse, tra mille sorrisi, la mia famiglia ospitante, composta da Dieter e il suo figlio diciannovenne, Markus. Non ero la sola ad essere ospitata da loro: Olga, una ragazza finlandese, mi aveva preceduto nell'arrivare e la trovai insieme a Markus e suo padre ad attendermi. Superata la timidezza iniziale, lungo il tragitto verso il centro di Vienna, per un primo tour della città, io, Markus e Olga scoprimmo di avere molto in comune. Mai avrei pensato di trovare un fratello e una sorella tanto fantastici. Già a partire dalla sera stessa, terminata la visita della capitale e arrivati a casa a Linz, la terza città più grande dell'Austria, mi sembrava di conoscerli da sempre!

Certo fu una settimana particolarmente intensa, ricca di esperienze nuove, a partire dai bagni nei vari laghi che costellano l'Austria, così diversi dal mare siciliano; passeggiate sulle colline boscose, che includevano spesso avvistamenti di daini, per non parlare dello "Höhenrausch", il vertiginoso giro sui tetti di Linz. Attività che certamente non sarebbero state fattibili, senza l'immensa disponibilità della nostra hostfamily.


E così, tra hiking, saune, visite nelle varie città austriache, inclusa la bellissima Salisburgo di Mozart, pasti tipicamente austriaci, italiani o finlandesi, la prima settimana volava via, fino a quando, il 16 luglio, non arrivò il momento per me e Olga di lasciare la famiglia e Linz, che era diventata la nostra seconda casa, e avventurarsi alla volta del Sound of Music Lions Camp.


Prima di lasciare definitivamente Markus e il padre, tra le lacrime generali, ebbi da parte loro un dolcissima sorpresa: un'invitante Sacher Torte e diciotto candeline, per festeggiare insieme agli altri campers il mio compleanno, che sarebbe stato l'indomani.
E così, dopo un interminabile tragitto lungo il quale nessuno aveva voglia di parlare, io e Olga giungemmo al Camp a Bad Gleichenberg. Lì trovammo 29 ragazzi provenienti da 19 nazioni diverse; dal Messico al Giappone, dall'Islanda alla Turchia. Con loro avrei trascorso le due settimane successive, all'insegna della passione che ci univa tutti: la musica, un linguaggio universale che perfettamente si addiceva a quel clima di multiculturalità. Sul volto di ciascuno si leggevano emozioni contrastanti: la curiosità di conoscere gli altri, la nostalgia per le tanto amate famiglie ospitanti.
La sera stessa mi attendeva la prima, bellissima sorpresa del Camp. Gli altri partecipanti, allo scoccare della mezzanotte, suonarono "Tanti auguri a te", o per meglio dire "Zum Geburtstag viel Glück" ognuno con il proprio strumento! Era una sorpresa davvero inaspettata che contribuì a farmi immergere da subito in quell'atmosfera di fratellanza che si respirava nel Camp.


Le due settimane seguenti trascorsero molto rapidamente, all'insegna di prove corali quotidiane, curate dai nostri insegnanti di musica Rudi, Johannes, Chris, Ewa e i loro assistenti Erla e Daniel, estenuanti escursioni alla scoperta della sorprendente natura austriaca, jam sessions, giornate dedicate allo sport (golf e nuoto inclusi!); e ancora barbecues, partite a Uno, serate trascorse a strimpellare la chitarra attorno a un fuoco. Non mancò nemmeno un nuova, emozionante visita a Vienna, che includeva una sosta alle folli giostre del Prater, il celeberrimo luna park della capitale.
La costante delle nostre giornate era sempre la musica. Lo fu quando, a Feldbach, avemmo l'occasione di suonare i Beatles in un centro per disabili, o quando, durante una visita a Graz improvvisammo un coro nella piazza principale, allietando i passanti.


Nel corso di quelle due irripetibili settimane ci esibimmo in due concerti. Il primo, il Nations' Eve, prevedeva che ciascun ragazzo suonasse un brano tipico del proprio paese. Fu un evento molto profondo che ci fece capire quanto erano diverse le tradizioni delle nostre terre. Io e gli altri campers italiani, Alice, Federica e Nicolò, decidemmo unanimemente di suonare e cantare Bella Ciao, in nome della libertà. Il successo era assicurato.


Ma il momento più toccante dell'intero Camp fu senza dubbio il concerto finale, in cui, sfoggiando gli abiti austriaci tradizionali - il Dirndl per le ragazze e i Lederhosen per i ragazzi - presentammo il frutto della nostra intensa preparazione. Cantammo in coro e suonammo vari brani che spaziavano da canti popolari indiani a moderne canzoni pop. Il pubblico era deliziato dalla nostra performance!
Ricevemmo tantissimi applausi.
L'emozione per il concerto finale fu presto sostituita dall'amarezza per l'imminente ritorno. Gli addii furono difficili: nessuno aveva voglia di lasciare la nostra grande famiglia, ma eravamo consapevoli del fatto che il forte legame che avevamo creato sarebbe sopravvissuto alle distanze. Giunti l'indomani all'aeroporto di Vienna, avviliti per la notte passata in bianco, cantammo insieme un'ultima volta, mentre aspettavamo i nostri voli.

 

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