Mi chiamo Silvia Barbato e quest’anno ho avuto la grande opportunità di visitare il Giappone.
Un paese così lontano da noi, con cultura e tradizioni completamente differenti, ma allo stesso tempo misteriose e affascinanti.
Sono partita il 14 luglio e dopo quasi 24h di viaggio sono finalmente atterrata a Sapporo, la capitale dell’isola più a nord, l’Hokkaido.
All’aeroporto ho trovato ad accogliermi la mia host-family con alcuni membri dei Lions.
La prima famiglia mi ha fatto sentire parte di loro e, inaspettatamente, parlavano tutti molto bene l’inglese poiché la mia host-mother era originaria di Singapore. Abbiamo fatto lunghe chiaccherate che spesso duravano ore e la maggior parte delle cose su quello che per me era un nuovo mondo me le hanno insegnate loro.
Molto spesso ho visitato da sola il centro di Sapporo perché la famiglia durante il giorno era molto occupata per via del lavoro e dei figli, ma hanno sempre cercato di venirmi incontro.
Mi hanno, inoltre, regalato un abito tipico giapponese, lo Yukata, che ho indossato per andare nel tempio più grande di tutta l’isola, chiamato Hokkaido Shrine. Sicuramente è stata un’esperienza molto bella, anche se all’inizio non mi sentivo molto a mio agio, ma per i giapponesi quell’abito ha un forte valore simbolico.
Trascorsa la prima settimana un membro dei Lions mi ha accompagnato a Fukagawa, una città in montagna dove sarebbe iniziato il tanto atteso Campus.
Ho avuto il piacere di conoscere altri cinque ragazzi stranieri e in particolare ho legato moltissimo con la mia compagna di stanza, una ragazza finlandese con cui sono tutt’ora in contatto. Nonostante alcuni problemi di organizzazione e di attività (spero che nel futuro vengano migliorati) è stata una settimana divertente per le amicizie che si sono formate.
Abbiamo fatto numerose attività e visitato città e posti meravigliosi, tra cui Furano e Asahikawa, tutto ciò accompagnati da una classe della Shibecha High School.
L’ultimo giorno del Campus noi ragazzi abbiamo partecipato alla cerimonia di chiusura all’Hotel Plaza a cui erano invitate le nostre prossime host-families, ma anche le precedenti. Terminata la cerimonia ognuno si è diretto nella sua nuova famiglia. La mia seconda famiglia viveva nella città portuale di Otaru dove sono rimasta per circa 10 giorni. All’inizio non c’era un grande feeling con i membri della famiglia, ma trascorsi alcuni giorni si è venuto a creare un legame veramente molto forte.
ODORI PARK, SAPPORO
L’attività più travolgente è stata il Festival di Otaru, una delle più belle esperienze della mia vita. Il giorno del Festival la mia host-mother ha accompagnato me e la mia host-sister a farci fare una classica acconciatura giapponese, dopo di che abbiamo indossato lo Yukata (un nuovo regalo della mia seconda famiglia) e abbiamo preso parte a questo Festival. Vi partecipavano numerosi gruppi tra cui i Lions Club a cui ci siamo unite e abbiamo danzato e sfilato in mezzo a tutta la città.
Mi sono sentita una vera giapponese, è stata un’esperienza indimenticabile. Inoltre, la mia famiglia aveva organizzato un viaggio di tre giorni nella bellissima città di Hakodate dove sapevano che era ospitata la ragazza finlandese. Abbiamo trascorso tre giorni tutti insieme a visitare la città, a fare i cosiddetti “Hot Springs”, ad ammirare la strana forma della città (una stella) di notte da un osservatorio situato sopra un monte, a mangiare sushi. Infine, negli ultimi cinque giorni prima di tornare in Italia sono stata ospitata da una terza famiglia a Tomakomai.
Questa era composta da due anziani che purtroppo non parlavano inglese e che non avevano wifi. Ho avuto grossi problemi con loro, ma nonostante la difficoltà nel dialogare mi hanno accompagnato a visitare luoghi incredibili tra cui Noboribetsu, Northern Horse Park (il più grande maneggio di tutta l’isola) anche se sarebbe stato bello scambiare qualche parola.
Inutile dire che questa situazione è molto comune in Giappone poiché non danno la stessa importanza che diamo noi all’inglese.
Alla fine dei conti è stata un’esperienza molto forte, mi ha aiutata a guardare le cose in maniera diversa, a vivere il momento e ad apprezzare ciò che ho.
Tutto questo è stato possibile grazie ai Lions perché non ho solo visitato il Giappone con gli occhi di un turista, ma bensì con gli occhi di un cittadino.
OTARU FESTIVAL