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ITALIA: what else?

5 settimane in Texas, 5 settimane che mi hanno resa una ragazza diversa, più socievole, più autonoma e dalla mente più aperta.
Sono partita da Catania il 26 giugno, cosciente di aver davanti un lungo viaggio da affrontare sola tra aerei e città nuove.
L’attesa di raggiungere i tanto sognati Stati Uniti sembrava infinita; volo dopo volo mi dicevo: “coraggio Vivina, ancora qualche ora e abbraccerai finalmente Bruce e Carrie, i tuoi genitori ospitanti”.
Ed il momento è arrivato.
Non sentivo più la stanchezza del viaggio ma solo eccitazione di essere arrivata a destinazione.

Il primo impatto con la famiglia è stato positivo, mi hanno preparato un cartellone di benvenuto e subito ci siamo scattati una foto da inviare ai miei genitori.

Dopo ulteriori ore di attesa per ritirare la mia valigia siamo saliti sul truck di Bruce (si, in Texas è molto diffuso questo tipo di auto) e ci siamo diretti verso casa. Durante il tragitto scambiammo qualche parola, ancora sentivo l’imbarazzo di trovarmi insieme a due sconosciuti, ma allo stesso tempo in cuor mio sapevo che più chiacchieravamo più sarebbe stato facile ambientarmi nella loro famiglia.

 
Arrivata a casa venni accolta dai due loro cani, Lincoln e Cubbie, e dopo poco entrai per la prima volta nella mia camera da letto americana: mi sembrava di vivere un sogno. 
Era tardi quella sera, ma non avevo sonno, il mio unico pensiero era conoscere la cultura americana. 
Dopo aver disfatto superficialmente le mie due valigie ed aver avvisato i miei amici internazionali di essere giunta a “casa” (qualche mese prima avevamo creato un gruppo Whatsapp per tenerci in contatto e conoscerci prima di arrivare in Texas), mi coricai sul comodo letto per poi svegliarmi piena di energie il mattino dopo ed essere pronta ad esplorare Flower Mound già alle 9:00.
Il mio primo giorno trascorse tra giri in auto per i quartieri migliori della città e ristoranti. Era difficile per me abituarmi ai loro orari di pranzo (12:00 circa) e cena (18:30 circa): non avevo mai fame! Fu proprio il primo giorno che incontrai Ayden, un ragazzo americano figlio di amici dei miei genitori ospitanti, Matej, il ragazzo ceco da lui ospitato per l’estate, e Tiffany, sua madre ospitante. La comprensibile timidezza iniziale mi frenava un po’ dal chiacchierare con i due  ragazzi, ma sapevo di dover vincere questo lato del mio carattere, e poco a poco feci amicizia con loro, fin quando  non diventarono i miei “bros” preferiti a fine viaggio.


Credo di poter affermare che la prima settimana fu la settimana più bella, proprio perché il cambiamento drastico tra Italia e Texas mi colpì lasciandomi affascinata e divertita; ogni pomeriggio una delle famiglie ospitanti di Flower Mound organizzava una festa in piscina per far conoscere i ragazzi della zona, o tutti assieme cenavamo in qualche locale tipico. Il primo incontro che ebbi con l’intero gruppo di ragazzi (non tutti eravamo ospitati a Flower Mound) fu in occasione della visita al Sixth Floor Museum; quella mattina ero felice all’idea di incontrare i miei amici, ma mi sentivo anche molto agitata, sapevo che avrei dovuto vincere la timidezza di nuovo e mostrar loro la vera Vivina.
Non fu difficile. Appena scesa dall’auto di Carrie corsi ad abbracciare un gruppo di ragazze che avevo riconosciuto, e da quel momento passammo mezz’ora a salutarci, ridere, scherzare, e scambiarci opinioni sui primi giorni in America.
La prima settimana trascorse forse troppo velocemente, già ero andata al cinema, avevo cucinato la pizza per i miei genitori, e avevo provato decine di cibi americani diversi.
La seconda settimana la trascorsi al Lake Texoma con tutti i ragazzi. Stavolta non ero sola in camera, ma con due ragazze, Manon, francese, e Ezster, ungherese. Questi giorni furono tra i più divertenti: bagni al lago dalla mattina alla sera, partite a volleyball, tentativi di usare i kayak, e anche diverse attività organizzate dai club Lions della zona.


Fu qui che provai per la prima volta il tubing e la barca a vela, e fu durante questa settimana che visitai un carcere, provai a giocare a softball e baseball, e in poche ore preparai un duetto con Manon per il talent show finale: fu un successone.
Già era arrivato sabato e conservando i piacevoli ricordi del 4 luglio passato al lago e di notti di balli con tutti i ragazzi, ero pronta per il weekend di nuovo a casa prima di ripartire per Wimberley. È incredibile come in pochi giorni ci si possa affezionare a dei semi-sconosciuti, ma già l’idea di dover ripreparare la valigia e salutare i miei genitori ospitanti per un’altra settimana lontana da loro mi intristiva un po’.
Lunedì mattina mi svegliai di buon’ora per presentarmi al punto di incontro con gli altri ragazzi e partire verso Austin/Wimberley.
Il viaggio in autobus non fu particolarmente lungo, ma non importava perché ero seduta vicino ai miei migliori amici, Shiri, Leonardo e Matej – chiaramente le foto mentre sonnecchiavano durante il tragitto erano d’obbligo! Arrivati ad Austin scendemmo per qualche ora per visitare il Bullock Texas State History Museum, poi ci rimettemmo in viaggio verso Wimberley per incontrare le nostre nuove famiglie ospitanti e scoprire con quali altri campers avremmo vissuto. La mia famiglia era composta da Glen e Doris, e da Shiri e Femke (non avrei potuto desiderare sorelle migliori); la casa era a 15 minuti da centro, quindi non molto lontana, tuttavia immersa nel verde, sopra un fiume, e isolata dalle altre famiglie ospitanti, per cui dopo le attività giornaliere assieme raramente abbiamo incontrato gli altri ragazzi per cena.
Wimberley mi ha colpito per i paesaggi con molto verde e i numerosi fiumi, ma la gita che ho preferito durante questa terza settimana è stata indubbiamente quella a San Antonio, una città sul fiume che da tanto tempo desideravo visitare. Tornai verso Dallas venerdì pomeriggio e la sera tutti noi ragazzi visitammo la pista per le corse di auto e a coppie salimmo su delle jeep per fare un giro della pista: fantastico! Durante il weekend, invece, visitai un museo e lo zoo con Bruce. L’ultima settimana lontana dalla famiglia si avvicinava; preparai di nuovo la valigia e salii di nuovo sull’autobus, stavolta per 6 ore di tragitto verso Lubbock, una piccola cittadina nell’est del Texas dove avrei vissuto con David e Michele come genitori ospitanti, e Iremnaz e Laura come sorelle.
Questa settimana fu la più avventurosa: avvistamento di un serpente velenoso, laser tag, canyon, museo con serpenti e scorpioni, e parco divertimenti “Joyland”. Sapevo bene che la mia avventura stava ormai volgendo al termine, ma non mi intristivo ancora perché sapevo anche di avere un’ultima settimana da vivere al massimo. Appena tornata a Flower Mound avevo già varie attività programmate coi miei genitori ospitanti: la prima sera concerto rock, poi karaoke night a casa di Leonardo e Attila, shopping con le ragazze di Flower Mound, e…Six Flags! Un parco divertimenti dove ho trascorso la giornata più bella in Texas. Rimanevano ormai pochi giorni e non capivo bene se desideravo tornare in Sicilia oppure no; quella casa, quegli amici, quelle esperienze erano impresse indelebilmente nella mia memoria e nel mio cuore, ma allo stesso tempo, per fortuna, sentivo un po’ nostalgia della mia terra. Alla fine arrivò l’ultimo giorno.
Il 31 luglio ci sarebbe stata la festa di addio dove ognuno doveva portare una pietanza del proprio paese; io preparai la pizza e mi vestii elegante per la serata, poi provai a non concentrarmi sul fatto che poche ore dopo avrei dovuto salutare tutti: non mi andava proprio di piangere. Arrivata alla festa osservai i miei amici: mi sembrava di conoscerli da anni; com’era possibile che dopo quella sera saremmo partiti tutti verso parti così lontane del mondo? Passammo la serata a gustare i diversi cibi e a scriverci dediche sulle magliette del campo, poi arrivò il momento poco atteso, e con esso anche le lacrime.
Dopo aver salutato tutti salii sul truck con Matej e Ayden, che aveva chiesto ai suoi genitori di poter organizzare un dopo-festa a casa sua per passare ancora qualche ora a giocare assieme in piscina, e lì per l’ultima volta chiacchierai di presenza coi miei migliori amici. Il giorno dopo non avevo alcuna voglia di salire sull’aereo per tornare a casa, e cercavo di essere forte e piangere il meno possibile, ma era tanto difficile dopo gli splendidi momenti passati in quel paese. Adesso è passato un mese e tuttora scrivo ai miei amici, ci siamo promessi di rincontrarci un giorno in qualche parte del mondo, e so che lo faremo.

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