Il nostro sito fa uso di cookies per migliorare la tua esperienza di navigazione. Continuando a navigare accetti l'uso di questi file.

ITALIA: what else?

Devo ammetterlo, mi spaventa. Raccontare l’esperienza migliore della mia vita, riassumerla in qualche foto e qualche semplice parola, beh, secondo me non basta.
La mia avventura iniziò giorno 08 Luglio 2017, quando imbarcandomi su un aereo diretto a Vienna, in Austria, non potevo minimamente sospettare che quell’esperienza sarebbe stata la più coinvolgente, divertente e al tempo stesso educativa della mia vita.
Non potrò mai dimenticare quando si sono aperte le porte dell’aeroporto di Vienna ed esattamente di fronte a me, con un gran sorriso ed un bellissimo girasole nelle mani, mi aspettavano Gabriele, Elizabeth e Feya.

Gabriele, la donna che sarebbe diventata nell’arco di pochi giorni come una seconda madre per me, Elizabeth, la sua dolce figlia che ha ascoltato le mie perplessità ed i miei dubbi legati alla scelta dell’università e tanto altro, e Feya, la mia attuale migliore amica, proveniente dai Paesi Bassi, con cui oltre la settimana in famiglia avrei condiviso anche le altre due settimane al campo. Non potrò neanche dimenticare l’abbraccio affettuoso di Franz appena arrivati in quella magnifica casetta nel piccolo comune di Gerersdorf, e le fusa del gatto Puppy. Marlene, la seconda figlia l’avrei incontrata solo un paio di giorni dopo a Vienna.
Io e Feya siamo state accolte come due figlie. E come due genitori, Gabriele e Franz si sono presi cura di noi. Ma non si è trattato soltanto di accompagnarci a Krems, o Durnstein, o Altaussee. Non si è trattato nemmeno dell’ Apfelstrudel, del Wiener Schnitzel o dei Knodel, e nemmeno di tutte le parole in tedesco che adesso conosco (e so anche pronunciare come si deve finalmente). I momenti che rimangono impressi, sono sempre quelli che non hanno testimonianze. Un bicchiere di Limoncello sul divano, mentre assaggiamo le paste di mandorle siciliane e i waffle olandesi, mentre parliamo della brutta sorte capitata all’Austria, che da grande impero, si trasformò molto tempo addietro in uno Stato mediamente piccolo. Quel bel momento in cui noi, donne di casa, ci mettiamo ai fornelli per cucinare dei bei ravioli freschi freschi per il pranzo e Gabriele mi mostra la sua collezione di ricettari rigorosamente italiani. Quell’ultimo giorno quando, arrivata al campo, dovevo salutare la mia dolce e premurosa famiglia e non riuscendo a trattenere minimamente le lacrime, ho fatto piangere un po’ tutti. Quegli abbracci, la promessa di scriversi, di venirsi a trovare, di mandarsi persino scatoloni di dolci e quegli arrivederci che non saranno mai addii.

Giorno 15 luglio 2017 si chiudeva per me una fantastica settimana, ma se ne aprivano due altrettanto indimenticabili. Eravamo 30 ragazzi provenienti da 21 paesi differenti.
La prima cosa che abbiamo fatto, anche prima di conoscere il nostro Camp Director o i nostri amati Camp Guides, è stata presentarci, gli uni agli altri, seduti attorno ad un grande tavolo in giardino. E non riuscivo a smettere di sorridere, perchè la grande timidezza percepita i primi minuti nell’aria, a poco a poco svaniva del tutto e in un attimo parlavamo di qualsiasi cosa: parlavamo delle lingue dei singoli paesi, dei matrimoni in Polonia e Bulgaria, della religione in Tunisia, dello stile di vita in Estonia, delle usanze in Brasile e dei posti magnifici che ognuno di noi, singolarmente, aveva visitato, o che abitava. Ed in quell’istante ho realizzato che oltre ad avere la possibilità di conoscere l’Austria e la sua cultura, avrei avuto l’inestimabile opportunità di stare proprio lì, seduta intorno ad un tavolo, con una trentina di persone provenienti da altri paesi, molti di questi anche molto lontani, per altri quattordici giorni. E per chi non l’aveva mai provato prima, di essere catapultato in così tante nuove culture di colpo intendo, era un’emozione indescrivibile.

La bella, elegantissima Vienna, rimane ancora dipinta nella mia mente accompagnata dai soavi componimenti di Mozart e Haydn. Ricordo vivamente Alex, il nostro Camp Guide austriaco, insegnarmi i passi del Valzer viennese sulle note di Strauss. Ricordo con amore le carrozze, i giardini sconfinati, e i palazzi maestosi che mi circondavano. 
Ma oltre la romantica Vienna, ho avuto l’onore di spostarmi fino alla regione della Stiria, vicino alla Germania, dove ho potuto indossare il mio primo vero Dirndl, l’abito tradizionale austriaco. E dall’Austria siamo arrivati fino alla Slovacchia, dove abbiamo passato una giornata indimenticabile a Bratislava. E ricordo ancora, un po’ tremante, lo ammetto, tutte le volte che ho avuto paura, tantissima paura. Paura di non farcela a scalare lo Schneeberg, paura di non riuscire a restare in equilibrio su un’asse di legno a 10 metri, paura di non riuscire ad andare avanti in un qualsiasi percorso ad ostacoli, persino paura del buio. Ognuna di queste paure ha preceduto una di quelle esperienze che rimarranno impresse nella mia memoria per il resto della mia vita: arrivare sulla cima e godersi il panorama mozzafiato, combattere le vertigini e trovare il coraggio di credere in sè stessi, capire anche cosa significa affidarsi ad altri sensi quando uno ti manca. Sono solo pochissime delle cose che ho vissuto, e che porterò sempre con me.

Devo ringraziare Ernst Goer per la sua infinita disponibilità, per essersi preso cura di me, da Camp Director, come un vero padre, per avermi insegnato ad avere fiducia in me stessa, e per avermi fatto capire cosa vuol dire realmente ‘’L’unione fa la forza”.

Mi sento in dovere di ringraziare il Lions Club per le magnifiche opportuità che offre a migliaia di ragazzi come me. Promuovendo queste iniziative hanno educato, e continueranno ad educare anche in futuro, alla solidarietà e alla tolleranza. Investire nei giovani, riuscirà magari, a lungo andare, a cambiare le cose.

Quindi grazie al Lions Club e grazie alla dottoressa Stefania Trovato per avermi concesso di vivere questa esperienza unica ed indimenticabile.

“Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l’arte di vivere come fratelli” (Martin Luther King). Beh, forse non ancora, ma questa è la strada giusta da percorrere se si vuole imparare a farlo.