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ITALIA: what else?

Appena un anno fa non conoscevo il Lions Club. Poi, tramite la scuola, è stata offerta agli studenti la possibilità di partecipare al progetto degli scambi giovanili e l’8 luglio mi trovavo in aeroporto a Bologna, pronta a vivere un’avventura in Austria, paese che avevo visitato con la mia famiglia qualche anno fa e che mi aveva colpito molto positivamente. Sarei stata ospitata per una settimana da una famiglia, con cui già ero in contatto, e avrei trascorso altre due settimane in un campo musicale, “The Sound of Music”, con altri trenta ragazzi. Al momento di partire avevo naturalmente dei dubbi, ma ero speranzosa e ottimista sul fatto che l’esperienza mi avrebbe arricchita e in qualche modo cambiata.

Sono atterrata in aeroporto a Vienna; ad aspettarmi c’erano alcuni responsabili degli scambi giovanili e Hedi, la mia host mum, che mi ha accolta calorosamente. Pochi minuti dopo ho conosciuto Chili, la ragazza danese che avrebbe trascorso nella mia stessa città la prima settimana di scambio. Hedi ci ha portate a casa e durante le due ore di viaggio è subito iniziata una sorte di scambio culturale, poiché abbiamo parlato di abitudini e tradizioni e caratteristiche di Italia, Austria e Danimarca.

Siamo quindi arrivate a Bad Ischl, un’accogliente e colorata città di 14 mila abitanti situata in Upper Austria, la regione dei laghi, ricca di attrattive e villaggi e paesaggi incantevoli e pittoreschi. Lì ho vissuto una settimana ricca di colori e bei momenti con la mia host family e quella di Chili. Le nostre famiglie si sono date da fare per garantirci una settimana piena di esperienze, regalandoci mille attività e mostrandoci luoghi meravigliosi. Ho visitato Salisburgo con Chili e la sua host mum, che era una guida turistica; sono stata sulla piattaforma “five fingers”, un punto panoramico sul monte Krippenstein da cui si ha una vista meravigliosa; ho visitato il centro della città. Ho provato piatti tipici austriaci, ho conosciuto alcune loro abitudini e tradizioni e una sera sono stata a cena con alcuni membri del Lions Club locale, di cui anche la mia host family faceva parte.

I miei host parents sono sempre stati presenti anche tra il lavoro e i vari impegni e non mi hanno mai fatto mancare nulla, dal punto di vista materiale ma soprattutto da quello affettivo; sono stati una vera famiglia per me. Avevo anche una host sister, Lilly, che aveva da poco compiuto tredici anni. È stata una sorella più piccola e un’amica, una costante compagnia; il suo carattere vitale, positivo ed energico mi ha fatto sentire accolta già dal primo giorno.

La mia host family è stata preziosa per me e il nostro non è stato un addio, ma un arrivederci.

Domenica 15 luglio, la host mum di Chili ci ha portate a Saint Florian, villaggio sede del campo “Sound of Music”. I ragazzi sono stati accolti dai membri dello staff e accompagnati alle loro stanze. Per la prima settimana, la sede del campo è stata il monastero di Saint Florian; ci siamo trasferiti il sabato successivo in un edificio che ospita regolarmente gruppi di ragazzi.

Noi campeggiatori ci eravamo in realtà già conosciuti in una giornata indimenticabile: il giovedì precedente erano state organizzate nel villaggio di Altaussee attività dedicate ai ragazzi di tutti e tre i campi Lions austriaci. La giornata prevedeva di indossare i vestiti tradizionali austriaci, che tuttora sono un elemento forte e vivo nelle abitudini del paese, e di intonare uno jodel, un canto tipico dell’area, al pubblico, costituito da alcuni membri del Lions Club e alcuni host parents; il tutto si era concluso con un pranzo e i balli della tradizione austriaca e aveva permesso ai ragazzi di legare già da subito.

Il campo “Sound of Music”, come ci si aspetta dal nome, è l’unico campo Lions dedicato alla musica. Il programma delle giornate non era monotono e le attività varie; ogni giorno venivano dedicate due o tre ore alla choir reharsal, la lezione di canto corale, in cui ci sono stati presentati brani contemporanei e tradizionali, provenienti dai paesi più disparati: Giappone, Svezia, Sud America, Africa.

Terminate le choir reharsals si pranzava; i pomeriggi erano dedicati all’esplorazione delle ricchezze e delle tradizioni austriache: fabbriche, musei, città, e ogni uscita era finanziata da membri del Lions Club. Non vi è stata una giornata che avesse lo stesso sapore di un’altra: ognuna di queste è stata indimenticabile e originale e per un aspetto sempre diverso.

Lo staff era composto da ragazzi giovani, i più giovani avevano la nostra età. Erano organizzati e preparati; ogni mattina ci illustravano il programma della giornata, che trovavamo scritto anche su fogli che ci erano stati dati; per loro la puntualità era fondamentale e durante ogni attività era assolutamente vietato perdere tempo. Ciò che ho apprezzato di più della gestione di noi campeggiatori da parte loro è stata la fiducia: avevamo poche regole e semplici, ma da rispettare. “Noi vi diamo fiducia e ci aspettiamo fiducia da voi”, così ci hanno spiegato. Erano convinti del fatto che imporci rigide regole e divieti non era necessario e avrebbe portato a una mancanza di fiducia da entrambe le parti e creato distanza tra noi e loro. La “regola della fiducia” ha creato un clima sereno, onesto e pacifico tra campeggiatori e membri dello staff, che ci ha permesso di apprezzarli come organizzatori ma soprattutto come persone.

Vi è da sempre una tradizione del campo che si svolge durante i viaggi di ritorno dopo le varie gite e uscite. Ogni giorno, due o tre ragazzi di diverse nazionalità prendono in mano il microfono e raccontano di una caratteristica del loro Paese, che vada oltre agli stereotipi e a ciò che tutti conoscono di quella nazione: si tratta di notizie particolari, abitudini sconosciute e inaspettate. Ho scoperto che in Messico condiscono qualsiasi cosa con il limone e mangiano limoni interi durante i pasti; ci è stato raccontato dei diversi sport sulla neve e sul ghiaccio che in Finlandia sono molto popolari, e molto altro. Penso che una tale tradizione rispecchi pienamente lo spirito curioso e aperto al nuovo degli scambi culturali.

Si è creato un legame incredibile tra noi ragazzi e siamo tuttora in contatto. La musica è un mezzo diretto, efficace e interessante per unire gusti, culture, abitudini, caratteri. È un mezzo per unire tante persone che vengono da tanti paesi tanto diversi. Si mettono da parte le proprie convinzioni e la mente si apre a qualcosa che non conosceva e che non è “strano”, solo diverso e interessante. In un secondo momento scopriamo che in realtà non siamo tanto diversi tra noi: abbiamo tutti da imparare, abbiamo tutti vissuto momenti belli e brutti, abbiamo tutti pregi e difetti; abbiamo tutti dei sogni da coltivare e siamo disposti a raccontarceli. Questo è capace di renderci vicini e di farci sentire a casa ovunque siamo; ci fa sentire compresi e ci fa comprendere e così realizziamo quanto nelle differenze siamo uguali.

La sera del lunedì dell’ultima settimana è stata dedicata ad un workshop: ci siamo riuniti nella stanza dove si tenevano le choir reharsals e abbiamo discusso su cosa significhino il Lions Club e il programma di scambio giovanile. Sono nate idee e sono state raccontate esperienze e sono state dette parole molto belle. Il workshop doveva durare un’ora e invece siamo usciti dalla stanza dopo due ore e mezza. Ci si è commossi, ci sono state lacrime al pensiero che alla fine della settimana ci saremmo dovuti salutare. Il Lions Club e lo Youth Exchange Program in una settimana sono riusciti a creare

fra 30 ragazzi provenienti da Paesi e culture assolutamente diverse fra loro. Diverse, ma non lontane: il programma di scambi giovanili del Lions Club è mostrare che un confine non è più di una divisione geografica e politica di due territori. Le culture sono diverse, ma le persone sono uguali e conoscendo lo straniero si arricchiscono del pensiero e delle conoscenze dell’altro e del suo modo di vedere il mondo. È inutile raccontare di tutte le lacrime versate il giorno della partenza, in aeroporto. Tuttavia, non ci siamo lasciati con un addio, ma con un “see you!”. I giovani sono il futuro e un futuro che unisce la consapevolezza del valore della propria cultura alla conoscenza e al rispetto delle altre non può che portare del buono nel proprio Paese e nel mondo. Lo Youth Exchange Program è un aiuto a costruire questo.