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ITALIA: what else?

Arrivo a Malpensa e sono già carico, sto partendo per il Brasile! Lascio la ma famiglia al check-in e, all’imbarco, incontro Matteo, l’altro ragazzo italiano che viaggerà con me. Facciamo scalo ad Amsterdam, dove passiamo a prendere anche Giulia, anche lei farà lo stesso viaggio. Usciti dal controllo passaporti di Sao Paolo, ogni passo manda una scarica di adrenalina e scherziamo tra noi mentre ci dirigiamo all’uscita. Giulia e Matteo trovano subito le loro host families, mentre io devo aspettare un po’ perché la mia non è riuscita a trovare un parcheggio vicino. Mi vengono così a prendere Icaro e Giusepe, rispettivamente mio fratello e mio padre, con i quali mi trovo subito d’accordo e, per tutto il viaggio verso San Jose dos Campos, scherziamo e parliamo in inglese portoghese e italiano. Le cose vanno benissimo fino a quando, dopo aver incontrato la madre Rosmery e mia sorella Lorena, mi offrono per cena della pizza con delle banane! Penso che Icaro prenderà per sempre in giro per la faccia che ho fatto mentre mi spiega che in Brasile “everything is banana!” (e comunque alla fine la pizza non era malissimo).

Trascorro tre settimane con la mia nuova famiglia, nelle quali conosco e assimilo la cultura brasiliana: i cibi e le bevande tipiche (Rosy è un’ottima cuoca e non ho sentito la mancanza del cibo italiano), la storia brasiliana, persone felici e amichevoli ovunque e il fatto di usare costantemente le infradito, cosa che ho portato in Italia e che desta stupore, soprattutto quando si esce la sera… . La prima settimana passa in fretta e nel week-end andiamo in Minas Gerais, uno stato confinante con Sao Paolo, in una “fattoria”, se così si può chiamare date le gigantesche dimensioni, dei nonni. Qui ci raggiunge anche Atila, il terzo mio fratello, che, purtroppo, deve tornare al college ancora per una settimana. Ma il tempo trascorre in fretta e tra cavalcate, giochi, falò e parchi turistici è già ora di tornare a casa. Con la seconda e la terza settimana sono ormai un membro della famiglia: andiamo in piscina insieme (ma qui non era inverno?), aiuto nelle faccende domestiche, giochiamo ai videogame, suoniamo, andiamo anche a fare go-kart e paintball, fino a che non arriva il momento dei saluti. La sera del party con i Lions Rosy mi aiuta a preparare una focaccia, che in Brasile non conoscono nemmeno e il giorno dopo parto per i 7 giorni di campus insieme a Icaro, stavolta in qualità di supervisore, triste che debba lasciare la mia famiglia.

Ritrovo così Giulia e Matteo, insieme ad altri ragazzi di ogni parte del mondo; non siamo tanti, una quindicina, ma questo non influenza la bellezza del campus, tutti i ragazzi resteranno sempre nel mio cuore. Visitiamo Rio per 5 giorni, tra mare, scherzi, giochi e nuove culture; torniamo poi nel centro Lions di San Jose, dove, dopo una festa con i Leo del posto, “dormiamo”, se così si può dire… . Il giorno dopo ritorno dalla mia famiglia per gli ultimi saluti, dormo con loro per l’ultima notte perché il pomeriggio successivo dovrò ripartire.

Mentre prendo l’aereo ho un peso sullo stomaco, credetemi, non è facile lasciare chi per un mese è stata la vostra famiglia né i ragazzi che in una settimana hanno condiviso con voi tutto del loro paese e di sé stessi. Quando dicono che “viaggiare apre la mente” non stanno scherzando, ho conosciuto non solo la cultura brasiliana ma anche quella turca, tunisina, macedone… ho assaggiato cibi che non sapevo nemmeno esistessero, ho fatto amicizia con persone di altri fusi orari, che mi invitano ad andarli a trovare come se ci conoscessimo da anni. Non c’è di comparabile ha quello che ho vissuto, un’esperienza unica, che spero, prima o poi, di rivivere.

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