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ITALIA: what else?

Nel luglio 2017 ho trascorso tre settimane in Ungheria.
Non era la meta che avevo scelto e, devo ammetterlo, non rientrava neppure tra i Paesi che ritenevo più interessanti.
Nonostante questo, anzi forse proprio per questo quoziente di imprevedibilità, il mio soggiorno in Ungheria si è rivelato una sorpresa soddisfacente sotto molti punti di vista.
La prima settimana sono stato ospitato da una famiglia di Budapest.
Sono stato accolto direi con grandissimo calore. Non mi facevano mancare nulla. La madre era disponibile a soddisfare le mie richieste e si è impegnata a organizzare varie gite per mostrarmi i principali musei o luoghi storici e turistici della città.

Alcuni giorni mi ha lasciato libero di girare per Budapest da solo a visitare quello che mi interessava, dopo avermi opportunamente indicato l'itinerario e i mezzi di trasporto da usare.
Era una cosa che non avevo mai provato e mi è piaciuta.
La maggior parte delle volte, invece, mi accompagnava il mio host brother, quasi mio coetaneo, con il quale un giorno sono andato addirittura alle terme e un altro alle gare di tuffi e di nuoto sincronizzato della Fina World Championships! Penso che ogni giorno della settimana sia stato speso bene: tutti volevamo goderci il poco tempo a disposizione nel migliore dei modi.
Dopo un romantico concerto di Beethoven la sera e un ottimo pranzo in un hotel rinomato di Budapest la mattina successiva, io e la mia famiglia ci siamo lasciati, non senza una punta di nostalgia.

Subito dopo mi aspettava il camp, ed ero molto emozionato prima di arrivarci. Quest'ultimo di trovava a Miskolc, una città a due ore di auto da Budapest, verso nord.
L'idea di conoscere nuovi ragazzi e di condividere con loro le restanti due settimane metteva alla prova la mia timidezza, ma, superati i primi ostacoli, alla fine è stata un'esperienza che mi ha segnato profondamente. Era difficile non stringere amicizia quasi con tutti. Nonostante nel camp ci fossero altre due italiane ho legato di più con ragazzi dalla Turchia, dalla Francia o dalla Danimarca. Mi sentivo attratto dall'esotico.
Ho conosciuto aspetti curiosi delle altre culture e, quando gli altri mi parlavano della loro provenienza, mi veniva sempre voglia di visitare quel Paese o quell'altro. Tutti avevano la mente molto aperta, cosa che farebbe impallidire certi gretti provincialismi dentro cui, spesso per ignoranza, ci chiudiamo. Soprattutto sulle questioni sociali, come la beneficienza, che è nel codice genetico del Lions Club, o l'accettazione del diverso, c'era una buona sinergia.

Eravamo in ventotto in tutto, la maggior parte dall'Europa o dall'America, pochi dall'Asia e nessuno, purtroppo, dall'Africa. Insieme abbiamo fatto molte attività: cacce al tesoro in città, visite allo zoo, degustazione di vini, pomeriggi in piscina, escursioni in montagna, gare di gokart, feste in discoteca, e tanto altro. I camp leader erano gentili, attivi e alla mano, e in genere avevano solo pochi anni in più di noi. Gli ultimi due giorni siamo tornati a Budapest e abbiamo celebrato lì la festa di addio. Ricordo ancora con commozione il momento in cui ci siamo abbracciati la sera prima di partire sotto le luci verdi della Piazza degli Eroi. Mi sono tuttavia accorto veramente di quanto mi mancassero quelli che avevo conosciuto in Ungheria quando mi sono trovato da solo in aeroporto, in attesa del volo che mi avrebbe riportato a casa. Tre settimane erano volate in un soffio, insomma.

Tutti i giorni che ho trascorso in Ungheria sono stati intensi, sicuramente i più memorabili di questa estate, ed è innegabile che mi hanno dato tanto su cui riflettere, sia sul lato culturale sia su quello umano.