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ITALIA: what else?

12.864,93 km, 19 ore di volo, 12 ore di fuso orario.
Non ero mai stata così lontana da casa mia.
Ero eccitata all’idea del viaggio dal momento in cui ho saputo che sarei partita, al pensiero di andare tanto lontano, in un luogo così diverso.
In aeroporto conobbi Pietro e Anna, gli altri due ragazzi italiani; i primi due membri della mia nuova Ohana, la mia famiglia internazionale alle Hawaii. Il viaggio d’andata fu interminabile; pensavo solo al momento in cui sarei atterrata. Provammo a lavorare un po’ alla presentazione che avremmo dovuto fare, confrontare il materiale, dividerci i ruoli, ma non facemmo altro che parlare di quello che ci aspettavamo di trovare.

Arrivammo all’aeroporto di Honolulu che ormai era sera. Ci vennero a prendere la responsabile del campo, Chyntia, e colui che sarebbe stato il nostro autista, William.

Ci portarono al campo dove ci aspettava il resto della nostra Ohana : noi fummo gli ultimi a arrivare.
Eravamo 23 ragazzi, rappresentanti di 17 diverse nazioni.
Conoscemmo i tutor: Miu Lan, Jason e Ilyma, che ci diedero il benvenuto e ci consegnarono il programma.
Il campo non era molto grande: due camerate per le ragazze, due per i ragazzi, una piccola cucina, il bagno, due tavoli. Giusto quello che serve per dormire e fare colazione, non che ci servisse altro.
Non c’era una giornata tipo, ogni mattina alle sette, a turno, due persone svegliavano tutti gli altri, si faceva colazione, ci si lavava e solitamente per le 8:30 arrivava William con l’autobus e si partiva, ogni giorno verso qualcosa di diverso.
L’itinerario era molto ben organizzato, sapevamo ogni giorno dove saremmo andati, a che ora saremmo partiti, quando avremmo mangiato.
Si alternavano sempre attività interessanti, come visite guidate o incontri, a momenti di svago.
Non so dire quale sia stata l’attività che ho apprezzato maggiormente, forse la visita a Pearl Harbor e allo State Capital, oppure quando ho provato a fare surf per la prima volta Waikiki Beach, o quando abbiamo fatto tutti il bagno al tramonto e poi visto i fuochi d’artificio a Magic Island.
Una delle giornate forse più significative però è stata quella che abbiamo trascorso al campo.


Due ragazzi hawaiani hanno svolto con noi delle attività per trasmetterci gli Hawai’i ke kaikunane o, i valori delle Hawaii: 

ka mahalo, rispetto
kuleana, responsabilità
launa hoahanau, fratellanza

Ci hanno spiegato poi il vero significato della parola Aloha, il loro modo di salutarsi: affetto, amore, pace, compassione e misericordia. 


n vista della Mahalo dinner, la cena di ringraziamento dell’ultima sera, i tutor sin dai primi giorni ci hanno insegnato la Hula, una danza tipica e molto suggestiva.
In totale mettemmo in scena un balletto esclusivamente femminile, uno maschile e un’ultima danza tutti insieme.
In più ci insegnarono l’ “Oli Aloha”, un canto di benvenuto in lingua Hawaiana con il quale esordivamo entrando alle cene ufficiali con i Lions.
Nonostante il posto bellissimo e le attività coinvolgenti ciò che più mi porto nel cuore e che rendeva il campo davvero speciale erano le persone: sono stati la mia Ohana, la mia “Hawaian fam”. Per due settimane abbiamo vissuto come fratelli, senza alcun pregiudizio o discriminazione. Ognuno offriva agli altri esperienze di vita uniche, si stava insieme e si ascoltava della vita di chi ti stava intorno molto più che come al solito.
Noi siamo venuti alle Hawaii, in una terra la cui gente con i loro valori ci ha insegnato il vero significato di aloha.

Aloha, Sofia