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ITALIA: what else?

Mi ritrovo, a pochi giorni dal mio ritorno in Italia, a ripercorrere i momenti salienti della mia permanenza in Nuova Zelanda.
Ho trascorso le prime due settimane della mia permanenza presso i Johnston, famiglia composta da Dean, Donna e i due figli Katherine, 18 anni, e Daniel, 15 anni.
I Johnston vivono in una piccola fattoria ad Invercargill, e la mia permanenza è stata piacevole alcune volte, meno piacevole altre volte.
I primi giorni trascorsi a Invercargill sono stati molto diversi rispetto agli altri: inizialmente la famiglia si è mostrata davvero interessata a me, era comprensiva quando dicevo loro che a volte non riuscivo a capire ciò che dicevano (problema dovuto principalmente alla diversità del loro inglese rispetto a quello standard a cui sono abituata) e mi includevano nelle attività di famiglia facendomi sentire parte di essa. Dopo alcuni giorni, però, questi atteggiamenti sono cambiati, ho iniziato a sentirmi estremamente a disagio in famiglia, perché quando dicevo loro che non riuscivo a capirli mi rispondevano "don't mind", mettendomi in difficoltà e portandomi a chiudermi in me stessa.
La situazione è diventata ancora più difficile per me quando incontravamo delle persone e la mia famiglia diceva loro che sarebbe stato inutile parlarmi perché non li avrei capiti: da quel momento mi sono definitivamente chiusa a riccio e non ho più parlato, e questo non è stato sicuramente fruttuoso.

Sotto questo punto di vista, quindi, non sono stata assolutamente felice, soprattutto perché la motivazione principale per cui ho partecipato allo scambio era quella di praticare la lingua. Tuttavia, i miei host parents sono stati sempre disponibili e mi hanno accompagnata in posti anche piuttosto lontani da Invercargill per consentirmi di vedere quanti più luoghi possibili, e di questo gli sono grata, indipendentemente dal loro atteggiamento.
Grazie ai Johnston, infatti, sono riuscita a vedere tutto il Southland, una regione dalla natura incontaminata, ricca di monti, colline e laghi spettacolari, di cui ho potuto godere grazie ai lunghi viaggi in macchina. Inoltre, in queste due settimane ho fatto esperienze che ricorderò per sempre: lì, in fattoria, a contatto con gli animali, ho sviluppato un grandissimo senso di responsabilità. Spesso, infatti, mi ritrovavo a guardare l'orario per regolarmi sul tempo che avevo ancora a disposizione prima di dover tornare a casa per nutrire gli agnellini o le pecore. Non dimenticherò facilmente la preoccupazione che provavo per loro mentre ero fuori casa, e la gioia di ritornare a casa e sentirli belare. Ricorderò, inoltre, la prima volta in cui sono salita su una moto e ho iniziato a scorazzare per queste spettacolari campagne neozelandesi, spensierata e felice.
Totalmente differente è stata, invece, l'esperienza a Wellington con i Buck, famiglia formata da Wayne, Pia e le due figlie, di 13 e 10 anni, Daniela e Miquela: tutti loro sono stati per me una seconda famiglia, sempre dolci, premurosi e gentilissimi nei miei confronti.
Poiché spesso impegnati a lavoro, hanno organizzato tutte le attività insieme ad un'altra famiglia Lions di Wellington, i Ng, che nel frattempo ospitavano una ragazza italiana, e per pochi giorni anche un altro ragazzo italiano.
Questa organizzazione ha consentito a noi ragazzi di vedere tutta Wellington e, contemporaneamente, anche di divertirci, perché siamo stati sempre in piacevole compagnia. Qui, infatti, non ho riscontrato problemi con la lingua, e i Buck mi hanno sempre fatta sentire a mio agio, per cui ho potuto praticare tantissimo l'inglese, anche grazie all'interesse che la famiglia mostrava nei miei confronti.
Queste ultime due settimane sono state le più belle di tutta la mia esperienza, grazie alla disponibilità dei Buck e dei Ng. Non dimenticherò mai i saluti d'addio: le bambine che piangevano, il discorso di Wayne, che mi ha detto quanto contento fosse stato di avere, seppur per poco tempo, una host daughter come me, le parole di Pia, che non riusciva a credere che due settimane fossero trascorse così rapidamente, gli abbracci, i regali, e infine questa frase: "ricorda sempre che tu hai una casa in Nuova Zelanda, qui con noi". È stata la cosa più bella che potessero dirmi, simbolo della sincerità del rapporto che si è instaurato tra noi. A Wellington ho fatto tantissime esperienze molto diverse da quelle che possiamo fare in Italia: ho dato da mangiare agli alpaca, agli emu, ho abbracciato dei canguri, sono salita sulla cima di una collina e ho goduto della vista di tutta Wellington dall'alto, sono stata in numerosissime spiagge molto ampie, ho bagnato i piedi nell'acqua gelida dell'Oceano Pacifico, ho passeggiato nei boschi accompagnata dal canto di uccelli bellissimi e colorati…

Ogni singolo luogo visto, ogni singola esperienza provata, ogni singola cosa fatta mi hanno arricchita, mi hanno cambiata, mi hanno reso una persona nuova, pronta a meravigliarsi delle piccole cose che questo mondo ha da offrirci.

 

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