Parole come quelle dei discorsi agli Oscar non risulterebbero a me abbastanza per descrivere il crogiolo di emozioni che hanno dato tante tinte diverse al corso della mia esperienza.
Mi chiamo Gianluca, ma quando incontro amici sparsi per il mondo il mio nome è solo Luca, facile da ricordare e pronunciabile dai più.
La mia passione più grande è la musica e il mio umore è balzato alle stelle quando ho saputo di essere stato scelto per il camp Sound of music in Austria.
Sono partito il 6 luglio, all'indomani della maturità e con ansia post-esame che però mi ha trasmesso carica e voglia di divertirmi, avendone finalmente la possibilità. Il mio host brother Jan era lì che mi aspettava nella stazione di Graz insieme alla sua compagna per portarmi a casa, in un villaggio poco distante, e conoscere l'altro ragazzo ospitato, Dusan, e stringere subito un rapporto di fiducia reciproca, di amicizia e fratellanza.
Infatti non sarei potuto essere assegnato a famiglia migliore!
Quella settimana è stata forse la più attiva di tutta la mia vita tra visite in località indimenticabili come Graz, serate in compagnia di amici tra cui altri futuri campers, un festival in tema anni 50, escursioni, barbecue, sport e hiking in montagna con pernottamento in cottage immersi nel verde a stretta vicinanza con le mucche e in atmosfera da film country.
Ho riso e fatto esperienze che mai potrò dimenticare, il legame che si può creare in appena una settimana può essere più forte di un vero rapporto di sangue, perciò ho avuto paura di dire "this is not a goodbye, see you again". Perché così come alla fine del campo la parte più dura di questo sogno è tringersi caldamente in un abbraccio, versare lacrime di nostalgia iniziata ancor prima del tempo e sperare di rivedersi presto.
Trasferito da Graz a Burgkirchen, una località a nordovest al confine con Germania, il mio periodo di campo è cominciato: via i telefoni, 30 ragazzi e lingue diverse, cartellino col nome, cappello e numero di camera, caramelle e telo da mare di benvenuto. Onur, di nazionalità turca, è stato il mio roommate con cui del resto ho condiviso più tempo in giro per la struttura che non all'interno della camera. Una scuola all'insegna della modernità, il design e il comfort, dotata di aree comuni, dining room, aule musicali, un campo da volleyball e tanto altro, un grande spazio in stile vintage con il parquet e sedie sufficienti per accogliere un intero pubblico in occasione del final concert.
Per me era come ritrovarmi nel film "L'attimo fuggente" per la complicità, il valore del gruppo e il sentimento inebriante di vita. Non importa da dove veniamo, quale lingua parliamo, c'è un mezzo di comunicazione insostituibile che lega tutti ad un unica terra madre: l'ARTE.
La nostra arte è principale stata quella dei suoni, ma non sono mancati momenti di workshop su temi generali quali l'identità, disegno, scrittura, le vibrazioni comuni davanti ai monumenti che hanno fatto la storia.
Vienna città dell'arte. Tra le varie visite Vienna è stata il luogo in cui il tempo si è fermato, abbracciati l'un l'altro al cospetto della cattedrale. Non conoscevo la soglia che la felicità potesse raggiungere, mi sono sentito attraversato da suoni, voci, colori, storia, appagato in ogni mia viscera. Ed è stato questo il modo di noi campers di valorizzare ogni momento, non perderci un attimo e soprattutto lasciare alle spalle ogni vincolo abitudinario che potesse precludere l'avvicinamento a tradizioni e costumi differenti da quelli soliti.
Cantare insieme nel coro quasi ogni mattina e organizzare gruppi di lavoro, band, formazioni strumentali, seguire una tabella di marcia ben definita ma flessibile, riunirci senza alcun escluso per giocare insieme, prenderci in giro, scherzare, ritrovarci per i pasti e mettere a confronto gusti e culture culinarie, ascoltare canzoni, parlare del '900, improvvisare, ridere e sorridere e poi alla fine piangere a singhiozzi. Sono state le sensazioni migliori della mia vita. Porterò ognuno di loro nel mio cuore, per sempre, del resto non potrei dimenticare la mezzanotte del mio compleanno quando tutti hanno cantato nella loro lingua, ma contemporaneamente, i migliori auguri, viaggerò ovunque per ritrovarli.
Felix, Elizabete, Bruno, Willi, Katrine, Francesco, Mia, Ola, Hilde, Hinata, Benji, Erla, Wafa, Letizia, Onur, Dusan, Lila, Giuliano, Hinata, Jana... Sono solo alcuni dei loro nomi, impressi nella mia memoria. Tra le varie canzoni studiate col coro c'è n'è una in particolare che era un po' l'inno del campo e per quanto mi riguarda il significato profondo di vita: I'm ready for the sun. Ho deciso di tatuare su pelle un verso di questa canzone che dice I let my dreams escape like an eagle from a cage (lascio che i miei sogni volino alto come un'aquila fuori dalla gabbia); l'intera esperienza mi ha spinto a mettermi in gioco, conoscere me stesso andando sempre più in fondo, adesso voglio spingermi avanti e inseguire i miei sogni.