La mia esperienza in Turchia iniziò il 7 luglio quando, arrivata al nuovo aeroporto di Istanbul, incontrai per la prima volta la famiglia che mi avrebbe ospitato per questo scambio nei successivi 10 giorni. Ricordo a primo impatto la felicità di conoscerli, da subito furono molto gentili con me ed il padre già dall’inizio sempre disponibile a raccontarmi tutto ciò che c’era da sapere su quello che avremmo potuto vedere intorno a noi. La loro casa si trovava nella parte asiatica di Istanbul in una cittadina commerciale chiamata Gebze.
Il mio soggiorno in famiglia non lo potrò mai dimenticare, grazie a loro ho conosciuto come davvero si vive, si pensa e soprattutto grazie alla madre come si mangia in Turchia; mi accompagnarono quasi tutti i giorni tratti di strada lunghissimi durante il quale ho conosciuto la musica del posto e gruppi rock del passato per me nuovi, ma la parte più bella era quando andavamo a casa degli amici perché grazie a questo sono davvero riuscita a capire tutte le loro usanze e costumi.
Il giorno in cui dovetti andarmene fu molto triste, mi ero affezionata ed infatti il primo periodo di distacco fu un po’ difficile ma l’incontro con le persone con cui ho vissuto gli undici giorni successivi rese tutto più semplice. Quindi il giorno 17 luglio le mie due sorelle con il padre mi accompagnarono all’hotel dove ho conosciuto la mia nuova famiglia composta da persone provenienti da tutte le parti del mondo.
Quando penso a questi momenti mi tornano in mente tantissime emozioni tra loro contrastanti: felicità per quello che ho vissuto, affetto per chi ho incontrato ma anche un po’ di tristezza per quanto ormai era un periodo della mia vita terminato sebbene sappia che le relazioni continuano sempre nel caso si voglia mantenerle.
Le giornate erano programmate per volta e solamente la sera tardi sapevamo cosa avremmo fatto il giorno dopo, nel camp vigeva la frase “you will never know” ogni qualvolta che domandavamo cosa avremmo fatto successivamente questa era la risposta; con loro ho visitato tantissime parti di Istanbul tra cui la Blue mosque, St. Sofia, la “miniaturk”, il Gran Bazar: un gigantesco mercato chiuso in cui potresti spendere moltissimo e per questo devi imparare a contrattare; altrettanto bello fu un pomeriggio passato a fare disegni a caso sui muri di una scuola elementare, per poi passare ad un giro su una barca privata per girare tutta Istanbul.
Il momento più serio e toccante socialmente fu il “dialogue in the dark”, una attività di gruppo che chi ha paura del buio non può provare…
Andammo in un metrò, e lì si trovava un luogo in cui passavi un’ora totalmente al buio, un buio mai visto prima in cui provavi ciò che un ceco prova ogni giorno solo che in questo caso con qualche aiuto, era una simulazione di come dovevi attraversare la strada ma in questo caso non c’erano macchine, di come dovevi entrare nei bar o prendere un autobus. Con questa esperienza ho capito quanto possa essere difficile vivere in questo modo e quanto siano forti queste persone che vivono ogni giorno così ma senza aiuti.
Come si può notare questa esperienza non mi ha fatto solo scoprire ma anche aprire la mente a problemi che di solito sottovalutiamo. Sono andata in uno dei 10 camp Lions più belli al mondo ed essendoci stata posso confermare che merita di stare in quella top ten. Durante questo periodo ho conosciuto varie culture e adesso posso dire di avere amici in tutto il mondo. Questo è stato il mio secondo scambio Lions e come l’anno scorso, quando mi è stata proposta come destinazione Istanbul, non mi sono fermata a pregiudizi ed apparenze ma sono stata felicissima di accettare.
Consiglio a tutti di non tirarsi mai indietro a viaggi come questi perché ti aiutano sia a conoscere meglio te stesso sia a conoscere meglio gli altri, il mondo in cui vivi e ad apprezzare di più anche la nostra Italia.