Buenos dias,
un italiano di ritorno dal Messico non può che portarsi dentro tanto di quella cultura e lingua che ha appena lasciato: la mia esperienza di scambio giovanile Lions quest’anno si è svolta proprio nello splendido Messico.
Agli scambi Lions devo molto: tre esperienze straordinarie, la scoperta di due nuovi continenti (Asia e America) con le loro relative culture e le infinite amicizie createsi con stupendi ragazzi e ragazze partecipi di questo mondo.
Dopo il terzo viaggio, appunto, tentare di descrivere le emozioni provate è sempre più difficile, sembra quasi riduttivo: momenti del genere vanno vissuti in prima persona per poterne cogliere la grandezza e la bellezza.
Il "mio" Messico è diventato, come detto, parte di me: dal primo momento in cui sono entrato nel caos metropolitano di Città del Messico all’ultimo solito e tristissimo saluto in aeroporto, ho vissuto in prima persona di quella straordinaria cultura che da racconti vari avevo soltanto ascoltato. Il mio primo contatto con il Messico è avvenuto la scorsa estate quando il ragazzo (una di quelle amicizie prima descritte) che ho ospitato a casa mia per una settimana descriveva il suo paese come straordinario ed affascinante: era proprio il Messico col suo cibo squisito e le tante avventure da lui lì vissute, l’immensa natura incontaminata, la storia antica di cui questo paese vive e le fantastiche persone che lo popolano.
Ad un anno di distanza e con più esperienza posso dire che le sue descrizioni erano fin troppo riduttive.
Come ogni paese di questo mondo, il Messico ha anche il suo bagaglio di pregiudizi che noi "gringos" (stranieri), prima di viverlo realmente, utilizziamo per crearci un’immagine fantasiosa del posto: il piccante, la criminalità, la droga, l’emigrazione (immigrazione in U.S.A.) e così via… Elementi senz’altro veri ma che sono soltanto una piccolissima parte di un paese grande quasi quanto tutta l’Europa.
L’arrivo e il primo adattamento al posto non è stato particolarmente facile: la cultura è chiaramente molto diversa dalla nostra come anche, soprattutto, il cibo.
L’esperienza era strutturata in tre settimane divise tra prima famiglia, camp e seconda famiglia (una settimana a testa); essendo arrivato in ritardo di una settimana dall’inizio dello scambio a causa dello svolgimento degli esami di Maturità, non ho potuto godere dell’ospitalità della prima famiglia, che via mail sembrava molto calorosa, ma sono stato ospitato per una notte prima dell’inizio del camp da quella che poi sarebbe stata la mia seconda famiglia: quando ho conosciuto Abril (mia host mum) mi ha subito colpito la sua generosità e disponibilità. Aveva già in carico una ragazza tedesca ma con molto piacere ha preso con sé anche me. Dopo la stanchezza di un giorno di viaggio e con la mente “fusa” dal fuso orario quella notte è passata molto in fretta, al mattino ad aspettarmi c’era già una squisita colazione ad attendermi, piena di frutti tropicali e altre delizie del posto. Da quel momento in poi, durante quella settimana avremmo visito i posti più affascinanti di quel paese. Il camp ospitava in totale nove ragazzi (tra cui me) provenienti da Germania, Turchia, Spagna, Israele ed Italia; quotidianamente, durante le escursioni giornaliere, un’altra decina di ragazzi e ragazze messicane del posto ci accompagnavano. Il poter visitare posti stupendi insieme a persone del posto è uno dei vantaggi di questo tipo di scambi, esperienze uniche nel loro genere.
I posti visitati e le attività svolte durante questi giorni sono stati talmente tanti che non sarebbe possibile farne un elenco, le foto scattate più di un migliaio e i momenti passati insieme altrettanti, al punto che la memoria non basta per ricordarli tutti. Tra i posti visitati sicuramente vanno ricordati Guanajuato la città più colorata immaginabile, l’immensa pena de Bernal (terzo monolite più grande del mondo), gli scavi archeologici Maya con le loro piramidi e i migliaia di musei in Città del Messico (che non abbiamo ovviamente fatto in tempo a visitare tutti).
Le attività organizzate dal camp a parte le escursioni non erano molte ma, a mio parere, giuste considerando il fatto che ogni giorno si partiva alle 5 di mattina e si tornava in hotel verso le 7 di sera per la cena; negli effetti è stato un campo itinerante poiché abbiamo cambiato hotel per 3 volte in tre diverse regioni messicane. Al termine della settimana, la domenica, conclusa la cerimonia di chiusura, con tutte le famiglie che hanno partecipato allo scambio e noi ragazzi, ci siamo diretti a casa delle rispettive famiglie. Io ero nuovamente con la donna che mi ha dato di più da questa mia esperienza: Abril, che ho avuto modo di conoscere perfettamente, insieme alla sua famiglia, durante la seconda settimana. Donna separata con due figli: uno della mia età, che purtroppo non ho conosciuto perché si trovava in uno scambio Lions in Norvegia, e l’altro di 12 anni col quale si è creato un bel rapporto. Nonostante sia un agente immobiliare molto indaffarata, ha saputo sfruttare al meglio il suo lavoro portandomi in giro per Leon (la città dove stavo io e gran parte degli altri ragazzi) e facendomi osservare ogni angolo del paese. Era la sua seconda esperienza di ospitalità dopo l’anno scorso e ha fatto tutto il possibile per ripetersi dopo il riscontro positivo che ha avuto con il ragazzo dell’anno precedente; ci è riuscita a pieno anche con me. La nostra città si trovava ad un’ora di volo dalla capitale, Messico (come la chiamano loro, per sottintenderne la grandezza) oppure cinque ore in pullman: dopo aver lavorato leggermente di più i primi giorni della settimana ha deciso di portarmi per due giorni (viaggiando di notte in modo da usare e risparmiare al meglio il tempo) nella città con una storia tale da essere paragonata a Roma.
Nonostante sia una metropoli da più di dieci milioni di abitanti è situata su un altopiano a 2200 metri sopra il livello del mare, ma con una temperatura che farebbe invidia a molti posti balneari. Media di 30 gradi ogni giorno con acquazzoni che cominciavano matematici come un orologio dalle 6 del pomeriggio, un meteo abbastanza particolare. La pericolosità con cui viene celebrata in tutto il mondo non l’ho avvertita molto: è chiaro, non ci ho vissuto per anni, ma ho capito, come la gente del posto, che basta prestare un po’ più di attenzione del normale per essere completamente al sicuro senza alcun problema. La visita della città è stata di per sé sicuramente una delle esperienze più belle della mia vita, affascinante ed interessante come pochi posti al mondo.
Non mi sono soffermato molto sul cibo perchè ad essere onesti non c’è molto da dire: gli elementi di base erano fagioli, tortillas (la nostra piadina con un diametro minore e fatta col grano, per intenderci), frutta di ogni genere e peperoncini. Da ciò si componeva ogni possibile piatto immaginabile: tacos, quesadilla, burritos, enchiladas, churros e così via; il tutto accompagnato, sia dolce che salato, ad ogni ora del giorno (colazione, pranzo e cena) da una forte e aggressiva nota del loro piccante che, come da loro più volte ribadito, a differenza del piccante di ogni altra parte del mondo, il chile messicano “picca due volte: quando entra e quando esce!”.
Sono sempre più soddisfatto di queste esperienze e non vedo l’ora di poter partire (se possibile) verso un’altra straordinaria destinazione. A questo punto, dopo la mia esperienza messicana posso dire di conoscerne gran parte, dovrò tornare un giorno visto che l’unica parte sconosciuta, che mi manca, è il mare, o meglio, l’oceano.