Sono rimasta un mese in Ontario e quando sono arrivata là, sono stata catapultata in un nuovo mondo con abitudini e culture diverse. Sono stata ospitata da una coppia in pensione che abita in una zona tranquilla, molto bella perché la casa è di fronte al lago Erie, in cui però non risiedono bambini o ragazzi: infatti i miei host parents la definiscono “a peacefull area”.
All’inizio era bello stare in quella zona, giacché imparavo ad apprezzare la natura, il silenzio, l’atmosfera rilassante e tranquilla di quel posto, cosa a cui facevo fatica a dedicarmi in Italia, impegnata sempre tra scuola, sport, teatro, attività di volontariato e impegni con gli amici.
Sono passata, dunque, da una vita frenetica a una con ritmi più calmi e tranquilli, ossia guardare film con la mia host family, portare a passeggio la loro cagnolina, cenare alle 5 del pomeriggio, ascoltare poi il
telegiornale e andare a letto presto. Col passare dei giorni, però, ho iniziato a percepire il desiderio di avere qualche ulteriore compagnia, anche di ragazzi coetanei e, se possibile, di fare qualche attività diversa, un po’ più stimolante. Quindi ho chiesto al mio “host dad”, sperando di non creare disturbo o disagio, se ci fossero dei bambini o ragazzi lì nei dintorni con i quali poter fare amicizia, ma mi rispose che nella zona in cui abitavamo non ce n’erano.
Tuttavia, evidentemente comprendendo la mia aspettativa, il giorno seguente mi ha fatto conoscere un suo amico che aveva due nipotine di 5 e 6 anni, abbiamo giocato insieme, creato dei braccialetti e mi sono divertita anche a portarle sulla loro golf car.
Il mio host dad aveva notato che ero felice. Mi sono resa conto, dunque, di aver fatto bene a non aver avuto paura di chiedere, perché da un lato ero stata avvisata della necessità di adeguarmi allo stile di vita della famiglia ospitante, ma dall’altro anche i miei host parents hanno dimostrato di tenere in considerazione i miei bisogni e i miei desideri. Essendo, inoltre, la loro prima esperienza come famiglia ospitante avevano probabilmente capito anche che una ragazza giovane come me aveva magari bisogno di più compagnia e di fare cose divertenti e interessanti durante la giornata. Nei giorni successivi, infatti, mi hanno portato sulla loro barca, in spiaggia, a pescare, ho conosciuto altri loro amici, ho imparato un gioco a carte canadese stupendo al quale giocavamo tutti i giorni e ho anche cucinato con la mia host family.
Prima del Camp, le varie famiglie ospitanti avevano organizzato una pizzata in modo tale che noi ragazzi, che ci saremmo poi riuniti lì per una decina di giorni, potessimo fare amicizia e conoscerci meglio prima. È stata un’idea fantastica, poiché ci siamo trovati subito tutti bene insieme e da quel giorno abbiamo iniziato, con la cortese disponibilità delle famiglie ospitanti, a fare delle gite in barca ed escursioni in gruppo, prima di andare poi al Camp. Il mio host dad è stato veramente gentile e carino, perché visto che io abitavo in un luogo un pò isolato, mi accompagnava sempre lui in città per farmi incontrare con gli altri ragazzi del camp e per rendermi contenta. Un giorno lui mi ha suggerito pure di andare a Canada’s Wonderland, che è praticamente un Gardaland canadese, ma tre volte più grande, con i miei amici per fare qualcosa di elettrizzante e super divertente. Infatti, ci siamo divertiti tantissimo poi quando ci siamo andati.
I 10 giorni al Camp sono stati i giorni migliori di tutta la mia esperienza lì in Canada!
Ho adorato tutto: i giochi che facevamo a squadre, dove io e lo spagnolo Yago, giocavamo sempre insieme a pallavolo perché facevamo un ottimo lavoro di squadra; le colazioni preparate insieme ogni mattina; le partite a carte dove il mio amico polacco Marcel, dopo che gli avevo insegnato a giocare a Scala 40, era diventato ossessionato da quel gioco; la canzone dei Lions che cantavamo ovunque, soprattutto io e la mia amica rumena Alexia, che era sempre carica e piena di energia; le lunghe chiacchierate davanti al falò ogni sera, specialmente con il mio amico finlandese Tomi che mi parlava dei suoi viaggi e del suo interesse nel venire in Italia; i concerti in macchina con la musica alta cantando a squarciagola con Julie, la mia amica francese con la quale ballavo e cantavo sempre appena partiva la nostra canzone preferita “Unwritten”, e Tristan, il nostro dj e bravissimo fotografo del gruppo, proveniente dall’Indonesia; le intense e divertenti sedute di gossip in camera con la mia simpatica amica slovena Luna e con Sara, un’altra ragazza italiana del gruppo super carina e gentile; potrei continuare ad andare avanti, ma diventerebbe una lista infinita di stupendi ricordi… per non parlare delle attività e gite straordinarie che facevamo, come per esempio zip lining, dragon boats, jet boats.
Ho amato anche la gita alle cascate del Niagara, dove mi sono sentita piccola, ma affascinata di fronte alla meravigliosa grandezza di quella natura canadese!
L’ultimo giorno, dopo esser tornati alle 10 di sera dalla fantastica gita a Toronto, ci siamo messi tutti nel salotto per firmare e scrivere delle dediche sulle magliette di ognuno di noi. È stato utilizzando quel pennarello nero, che usavamo per scrivere i nostri ultimi pensieri permanenti sulle maglie, che abbiamo compreso che l’avventura di 9 ragazzi, che avevano stretto un legame meraviglioso, stava per giungere al termine. L’indomani abbiamo ringraziato i membri del Lions per tutto quello che avevano fatto per noi, poi abbiamo lasciato il Camp piangendo e siamo tornati nelle nostre host families per altri due giorni, prima di ripartire ognuno nel proprio paese.
Tuttavia l’ultimissimo giorno, grazie nuovamente alla generosità delle famiglie ospitanti, sono riuscita a rivedermi con i miei amici del Camp e siamo andati alla sera in un ristorante sulla spiaggia a cenare per l’ultima volta tutti insieme.
È stato veramente commovente!
Mi ricordo ancora come se fosse ieri la voce di Alexia che mi ripeteva: “Don’t cry Gioia! Otherwise I will cry too!” Era inevitabile, alcune lacrime mi erano già scese in quel momento!
Ci siamo abbracciati un’ultima volta tutti in cerchio con un abbraccio forte forte, come se volessimo proteggere e allo stesso tempo rafforzare quel cerchio che avevamo creato, per renderlo indissolubile, eterno.
Dopo tutto il cerchio è la forma geometrica che non ha né un inizio, né una fine, il simbolo della continuità, come il legame che si era venuto a formare tra di noi e che continuerà, come ci siamo già promessi a vicenda, a durare per sempre.
In questo viaggio ero partita con la paura di non riuscire a trovarmi bene in una famiglia nuova, di non riuscire a fare delle amicizie e di non riuscire ad ambientarmi. Ora, invece, mi sono resa conto di essere tornata con tanti nuovi amici speciali, sparsi in tutto il mondo, di aver incontrato lì in Canada altri Lions e tante persone veramente gentili, accoglienti e disponibili, che facevano del volontariato con piacere e passione, e di essere cambiata anche un po’ caratterialmente, perché dopo esser riuscita a cavarmela da sola per un mese in un paese totalmente diverso dal mio, ho acquisito più sicurezza e fiducia in me stessa nell’intraprendere a fare cose completamente nuove.
Un grazie infinito va ai Lions, sia quelli qui in Italia che mi hanno dato la possibilità di partire, che quelli in Canada che mi hanno accolta e hanno organizzato un Camp fantastico, oltre che alla mia host family che mi ha ospitata con grande disponibilità e attenzione e non mi ha fatto mai mancare nulla.
Un ricordo speciale per i miei nuovi amici incontrati al Camp con i quali ho costruito dei ricordi meravigliosi.
È principalmente grazie a loro che ho potuto vivere una delle esperienze più straordinarie della mia vita.
Quest’avventura indimenticabile rimarrà come un tatuaggio sulla pelle, indelebile, permanente e ogni volta che ripenserò a quest’esperienza, il mio cuore sorriderà!