Il mio sogno è sempre stato quello di visitare posti nuovi, ma devo ammettere che, quando ho saputo dove sarei andata, ero un po’ preoccupata…
Insomma Israele, lo sanno tutti, non è il posto più sicuro al mondo; considerando, però, quello che sta succedendo un po’ dovunque, nessun posto in realtà lo è…
Quindi perché non partire?
Ed è stata la miglior decisione che potessi prendere!
Questo programma Campi & Scambi Giovanili Lions era un’assoluta novità e non sapevo cosa aspettarmi, ma l’ansia che provavo io era niente in confronto alla preoccupazione di mia mamma e tuttavia sono partita.
Quando sono arrivata all’aeroporto ero così tesa che non ho realizzato subito che… ero a Tel Aviv! Però ad aspettarmi c’era la mia host family con una rosa e il cartello “Welcome Alessia” ed ogni problema è svanito. Sono consapevole di essere stata fortunata: per tutta la durata di quest’esperienza i miei genitori adottivi mi hanno trattato come una della famiglia e, in certe occasioni, anche come una principessa, cercando di farmi conoscere non solo la città, ma anche la loro quotidianità e la loro famiglia completa, anche quella parte consistente che risiede in America.
Oltre all’incontro con i miei hosts il fatto che mi preoccupava di più era il soggiorno al Campo con la prospettiva di non trovarmi a mio agio con gli altri ragazzi. A ripensarci adesso mi sembra così stupido: all’Opening Night appena raggiunte, le ragazze mi tempestarono di domande sull’Italia e sulla mia vita. E così iniziammo a scambiarci informazioni banali che, però, ci fecero legare subito.
Quando partimmo con il “campo nomade” per visitare il Paese, trovammo una guida simpaticissima, Ben, che ci stimolò a parlare con tutti i ragazzi, soprattutto con quelli che avevamo trascurato; ed infatti in questo modo diventammo davvero uniti, come se tutti fossimo amici da tanto tempo.
Vi elencherò alcune delle cose che abbiamo visto, ma so che sarà riduttivo: abbiamo visitato il deserto e le montagne, abbiamo mangiato con i beduini, cavalcato cammelli, dormito sotto le stelle, abbiamo fatto il bagno nel Mar Morto e abbiamo visto l’alba da una montagna, ma abbiamo anche visto le conseguenze della guerra civile a confine con la striscia di Gaza, siamo stati a Gerusalemme, Nazareth, Betlemme, Akko, a Jaffa e nel Golan, a confine con la Siria.
Paesaggi così belli e così diversi, da tutto ciò che avevo visto prima di questo viaggio, che non potrò dimenticare.
Finiti questi intensissimi nove giorni la normalità della vita israeliana sembra molto più simile a casa. Gli hosts ci hanno portato in spiaggia a fare un pic nic e abbiamo festeggiato lo Shabbat con le relative famiglie, ma abbiamo continuato a trovarci per visitare luoghi per noi ragazzi (e alcuni anche per loro, cittadini israeliani) insoliti come il museo delle persone ebraiche o la base aeronautica di Palmachim. Praticamente tutte le serate le trascorrevamo con gli altri e insieme ci divertivamo giocando a carte o a un gioco tedesco, che chiamavamo “The town”, ma ci siamo finti anche Masterchef.
Inutile dire quanto è stata triste l’ultima sera: nessuno voleva andarsene e perdere di vista gli amici (anche se con i social network siamo costantemente in contatto); ci sono stati abbracci, scambi di regalini, ma no, nessuna lacrima perché ci siamo promessi di rivederci in più occasioni, come a capodanno o a Pasqua.
Ci tengo a dire che quest’esperienza rimarrà sempre nei miei ricordi più cari, soprattutto grazie alle persone con cui l’ho condivisa. Con la mia famiglia ho saputo apprezzare appieno questo viaggio, un po’ lontano da casa, senza nostalgia dei miei o del cibo italiano (il che è tutto dire); mentre con i ragazzi ho goduto ogni momento passato insieme a ridere e scherzare.
Quindi ringrazio tutti quelli che mi hanno permesso di arricchirmi come persona: in primis i Lions di Belluno, con il sig. Mario Nicoloso, e quelli del distretto di Tel Aviv, entrambe le mie famiglie (quella italiana e quella israeliana) e i ragazzi, persone dolcissime che non dimenticherò mai.