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Quando mi dicevano che quest’esperienza avrebbe dato una significativa impronta alla mia vita non potevo immaginare le lacrime che avrei versato al momento della partenza dal camp e del ritorno a casa. Non potevo immaginare di stringere legami così forti e sinceri, non potevo immaginare che persone con cui ho convissuto per due settimane mi sarebbero mancate così terribilmente. Non immaginavo neanche la tristezza nel salutare un Paese, la Slovenia, che in quei giorni mi ha regalato tanto e che adesso ammiro –e nel quale tornerò senza dubbio-.
Sono tornata in Italia cresciuta, arricchita, più consapevole di me stessa e della meraviglia di questo mondo così multiculturale: per questo non finirò mai di ringraziare il Lions Club e con esso le persone che mi hanno concesso l’opportunità di vivere quest’esperienza. 

Nelle mie due settimane in Slovenia, Paese che prima conoscevo poco e sottovalutavo, sono stata accolta da una famiglia che mi ha realmente permesso di scoprire la cultura del luogo.
Eravamo a Velenje, al centro-nord del Paese, un piccolo paradiso dove la natura e le costruzioni umane convivono in armonia: passeggiando per la città vedevo case e palazzine di tutti i colori che apparivano come adagiate sui giardini verdi e le colline. Non c’era netta distinzione tra il naturale e l’artificiale.
Questo mi ricorda l’antica civiltà greca e il suo principio nell’architettura del teatro: la costruzione dell’uomo deve adattarsi alla natura fino a confondersi con essa senza mai deturparla. E adesso posso solo ricordare il senso di pace che Velenje, così calma, pulita e ordinata, mi trasmetteva. Ricordo la vista che avevo dal balcone della mia cameretta: in mezzo alle colline spiccava il campanile di una chiesa e al tramonto tutto si tingeva di magico. Ricordo il mercato al centro della città e le voci e i sorrisi di chi lo frequentava, la caffetteria del mio host-father e i suoi fantastici cappuccini, il piccolo fiume che attraversava la città, le giornate passate al lago, le passeggiate con Lilu, il cane di famiglia, ed infine la visita alla miniera.
Posso davvero di essere di essere stata bene: i miei host-parents sono sempre stati gentili ed amichevoli con me e sono tuttora in contatto con loro. Ho assaggiato la maggior parte dei piatti tipici sloveni ed ho scoperto con grande piacere che la loro cucina è ottima, anche se per alcuni versi scioccante per un italiano; ho anche cucinato loro la mia prima pizza e mi sono stupita di quanto l’avessero gradita. Una settimana con loro è letteralmente volata, forse perché quando sei felice il tempo sembra scorrere più velocemente. Quando mi hanno accompagnata a Korte, il paesino vicino al confine con l’Italia dove mi aspettava il camp, salutarli è stato difficile e dal quel momento mi mancano sempre. Ma a Korte è cominciata una delle esperienze più belle dei miei 18 anni: il camp. Sono stati dieci giorni di pura felicità con uno staff estremamente dedito al suo lavoro e contemporaneamente capace di inserirsi perfettamente tra noi ragazzi. Abbiamo alloggiato per cinque giorni a Korte visitando la costa, Portoroz, Piran, Izola, le grotte di Skocjan e Koper. Mi sono particolarmente restate nel cuore la gita in barca ad Izola e la visita alle grotte: non dimenticherò questi momenti. Nei restanti cinque giorni abbiamo alloggiato a Menges, situata nella parte più centrale della Slovenia, per visitare il castello di Predjama, il castello e il lago di Bled e per trascorrere un’intera giornata a Ljubljana, la capitale del Paese -altro ricordo che porterò sempre con me.

L’esperienza al camp, tuttavia, non è stata solo un’occasione per visitare le bellezze della Slovenia. Abbiamo svolto numerose attività restando nei nostri alloggi che ci hanno permesso di stringere affetti sinceri con tutti gli altri campers e con lo staff. Prime fra tutte sono le tre bellissime feste a tema insieme alle serate che abbiamo trascorso tutti insieme parlando e ridendo fino a notte fonda. E’ di questi momenti che ho nostalgia: ricordo i discorsi con una ragazza cinese che mi ha finalmente aperto gli occhi sulla quasi totale assenza del concetto di liberà nell’odierna Cina, i modi in cui io e Giuseppe, un altro ragazzo italiano, tentavamo di spiegare a finlandesi, brasiliani e turchi l’eterogeneità linguistica e culturale dell’Italia. Quando parlavo della mia Italia lo facevo sempre con orgoglio e sincerità: non ho mai nascosto le sue pecche e le persone che l’hanno rovinata ma l’ho sempre difesa ed elogiata. Quest’esperienza mi ha aiutato anche a comprendere meglio me stessa in quanto italiana ed a guardare da diverse prospettive il mio Paese, oltre ad avermi permesso di addentrarmi nella cultura di tantissimi altri Paesi. E’ anche per questo che il distacco è stato quasi traumatico: tra le lacrime e le lettere affettuose che ci siamo scambiati prima di salutarci io mi sono resa conto dei pezzi degli altri ragazzi che porterò con me per tutta la vita. Ho ancora in testa le loro risate, le loro voci e i loro sorrisi; in Slovenia ho lasciato una parte del mio cuore.


Al momento mi sento estremamente fortunata e, sebbene quest’esperienza sia finita troppo in fretta, sono felice di averla vissuta. Quando mi hanno detto che della Slovenia, un Paese così verde e romantico, mi sarei innamorata, non potevo crederci: adesso posso dire che “Catch the rainbow”, il motto del club, è anche un mio motto.  

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