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Lo scambio giovanile Lions è stata sicuramente un'esperienza unica ed emozionante .
La mia avventura è iniziata il 18 luglio , sono partita con una valigia piena ma senza alcuna aspettativa , mi ero infatti ripromessa di vivere tutto giorno per giorno . Al mio arrivo a Wausau ho trovato li ad attendermi la mia famiglia ospitante e una ragazza taiwanese che avrebbe vissuto con me .
Da subito mi sono sentita accolta e integrata nel nuovo stile di vita anche se mi ha estremamente colpito la grande differenza tra il luogo dove mi trovavo e la concezione di America che tutti hanno: grattacieli, città trafficate e tante , tantissime persone .
La realtà che io invece ho scoperto è costituita da piccoli paesi di contadini e allevatori di bestiame immersi nella tranquillità della campagna .

Quest'estate ho avuto la fortuna di partecipare al Lions Youth Exchange a Berlino e senza dubbio è stata un'esperienza bellissima.
Sono partita per la Germania il 22 Luglio e nonostante non fosse né la prima volta che partivo da sola né il viaggio più lungo e complicato ero molto spaventata: alla fine dei conti stavo per partire verso un paese e tante, tante persone nuove.
La prima settimana a Berlino prevedeva la nostra permanenza in una famiglia, e devo dire di essere stata parecchio fortunata perchè i miei host parents si sono dimostrati subito estremamente disponibili e gentili nei nostri confronti.
"Nostri confronti" perchè oltre a me, c'era anche un'altra ragazza americana con cui condividevo la stanza.
Durante questa settimana siamo state completamente autonome sotto tutti i punti di vista: la mattina dopo esserci svegliate e aver fatto colazione con la famiglia prendevamo uno dei tanti fantastici mezzi di trasporto berlinesi alla volta di una qualsiasi meta.
Entrambe avevamo una lista di luoghi da visitare e in sette giorni siamo riuscite a vedere quasi tutto, certo, camminando e stancandoci moltissimo, ma ne è ovviamente valsa la pena.

Mi trovo a scrivere il report circa due settimane dal mio rientro in Italia dopo aver focalizzato bene il mio pensiero a riguardo di questa magnifica esperienza.
La Nuova Zelanda per me è stato un passo molto importante della mia vita perchè mi ha cresciuto a 360°; sono partito da neofita, perchè è stato il mio primo viaggio importante da solo, senza aspettative per non rimanerci male nel caso non fosse stato come me lo sarei immaginato e con un bagaglio d'inglese molto risicato.
Dopo un lungo tempo passato in aereo (circa 25/26 ore senza contare gli scali) sono arrivato a Invercargill, una cittadina al sud della Nuova Zelanda che conta circa 50 mila abitanti.
All'areoporto mi è venuta a prendere la mia prima famiglia, composta da due persone Sue e Robert; una coppia molto simpatica e accogliente che mi ha fatto sentire subito a mio agio e per il poco tempo che ho abitato nella loro casa (3 notti) mi hanno trattato molto bene e hanno portato pazienza quando cercavo di dialogare e faticavo.

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Dal 30 Giugno al 16 Luglio ho partecipato allo scambio culturale in Serbia suddiviso in un primo periodo in famiglia a Novi Sad, un periodo di campo intermedio e un ultimo in famiglia sempre passato a Novi Sad.
Nel tempo trascorso nella prima famiglia ho potuto assaggiare molti piatti tipici serbi a me nuovi e conoscere nuove usanze.
La maggior parte del tempo l’ho trascorso assieme ai genitori e ad un’amica dellamia corrispondente, Tamara, poiché lei momentaneamente avesse molti esami.
In loro compagnia ho visitato la città di Topola, 3 dei 27 meravigliosi monasteri costruiti sulla montagna di Fuška Gora, bevuto qualcosa sulla terrazza della fortezza di Petrovaradin con vista mozzafiato della città di Novi Sad e trascorso un pomeriggio in una fattoria dove ho cavalcato per la prima volta un cavallo.

Anche quest’anno grazie al gruppo Lions ho vissuto un’esperienza indimenticabile nel Regno Unito.
Ho trascorso dieci giorni accanto a trenta ragazzi provenienti da tutte le parti del mondo ed è un’occasione che ti permette di aprire la mente ed il cuore e conoscere culture molto diverse tra loro.
Le giornate trascorse al campus sono letteralmente volate ma sono tutte ben impresse nella mia mente.
Le giornate che sicuramente ho amato di più sono state quelle trascorse a Londra e Brighton, dove non ero mai stata e ho trovato essere molto belle e piene di fascino.

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Partendo dal principio, ritengo che non sia umanamente possibile mettere per iscritto il groviglio di emozioni che un’esperienza di scambio culturale racchiude. Nonostante ciò, farò del mio meglio per farvi cogliere almeno un minimo di ciò che ho vissuto durante questi lunghi 26 giorni.
La mattina dell’8 agosto ho incontrato per la prima volta colui che sarebbe diventato il miglior compagno di viaggio con cui potessi condividere un’esperienza di tale portata emotiva, Lorenzo Turino, di Casale Monferrato, in provincia di Alessandria.
In breve, ci siamo incontrati nell’aeroporto di Milano e sin da subito le nostre personalità sono divenute affini. Dopo un’infinità di ore e scali aeroportuali, finalmente siamo giunti all’aeroporto di Phoenix, dove quella che sarebbe presto divenuta la nostra nuova famiglia era lì ad aspettarci. Ed ecco Sandy e Peter, due persone splendide, che, per mezzo del programma “Youth Exchange Lions”, ospitano ragazzi italiani da più di 10 anni. Infatti, io e Lorenzo subito notammo la loro disinvoltura, notammo che essi percepivano poco imbarazzo nell’accogliere due ragazzi sconosciuti che avrebbero vissuto con loro per più di 3 settimane. Questa aura di serenità ci pervase talmente intensamente che ci sentimmo subito a nostro agio.

Quando le persone sentono nominare “Finlandia” pensano ad un posto sperduto al nord dell’Europa privo di divertimento.
Noi, Giada e Camilla, abbiamo avuto la possibilità di visitarla e di sfatare questo mito che anche noi ci eravamo create.
L’opportunità è arrivata per entrambe in modo diverso: una grazie alla vittoria di un concorso di scrittura e l’altra con la normale procedura di iscrizione.
Siamo partite, ognuna dalla propria città, il 19 luglio e ci siamo conosciute a Monaco riconoscendoci grazie alla maglietta dei Lions.
Le nostre host family ci sono venute a prendere all’aeroporto di Helsinki e abbiamo fatto una parte del tragitto assieme, per poi doverci salutare per una settimana. 
Durante questa settimana ognuna di noi ha trascorso momenti indimenticabili con la propria famiglia ospitante che, ci ha fatto visitare alcuni dei posti più belli della zona e ci ha regalato esperienze nuove come giocare a frisbee-golf, cucinare dolci tipici finlandesi, vedere il sole a mezzanotte, passeggiare lungo i tanti laghi della Finlandia, e ovviamente fare il bagno! 

My exchange to Italy was propably the best thing that has ever happen to me.
All the people, food and activities were amazing including the early mornings and late night walks all the way up to the castle. 
The first two weeks I spent with my host-family in Sassuolo. They took care of me and showed me a lot of new places.
My host-sister took me always with her and I got to know her friends and the way teenagers hang out in Italy.
Even though I loved my host-family I think the camp could be longer.
I’m happy that I met one of the campers before going to the camp so it wasn’t as scary as I thought it would be.

Il mio viaggio per le Hawaii è iniziato il 17 luglio ed è stato davvero lungo, ho cambiato tre aerei e finalmente dopo 24 ore sono arrivata a Hilo, dove mi ha accolta la mia host family con delle bellissime collane di fiori veri.
Ho trascorso 5 giorni in una famiglia piuttosto numerosa in cui tutti erano gentili e affettuosi.
Io e altre 4 ragazze siamo state portate in giro per l’isola da un volontario dei Lions, che ci ha permesso di visitare più cose possibili nel poco tempo che avevamo a disposizione. Dopo 5 giorni in famiglia abbiamo preso un aereo insieme ad altri ragazzi per andare nell’isola di Oahu dove si è tenuto il camp.
Eravamo 21 ragazzi provenienti da differenti parti del mondo e convivere tutti insieme in uno spazio limitato, con 6 ragazzi per camera e 4 bagni in tutto, non è stato facile ma è stato ciò che ci ha reso una famiglia.
Delle Hawaii mi ha colpito molto il clima, poiché mentre da una parte dell’isola c’erano frequenti piogge e umidità, dall’altra c’era un caldo piuttosto afoso e secco.

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Il primo giorno di camp, la cosa che i camp leader hanno ripetuto per due/tre volte nel corso della giornata è stata: da oggi sarete tutti una sola “Ohana” e per questo motivo condivideremo ogni momento di queste due settimane.
Questo era evidente a tutti, non a caso la prima cosa da tutti notata era che una camera avrebbe ospitato anche 8 persone, che avrebbero condiviso un bagno di meno di un metro.
Ma io una famiglia già l’avevo, una vera famiglia, dall’altra parte del mondo, distanti circa 13.000 kilometri, come potevano pensare di esserlo 20 perfetti sconosciuti?
Che dire, è bastato uno sguardo perché tutti gli ostacoli venissero abbattuti.
Non esistevano differenze tra cristiani, ebrei o musulmani, non esistevano divergenze riguardo l’usare le bacchette o le posate a pranzo, non esistevano ‘io’ e ‘tu’, ma soltanto ‘noi’.

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Paura.
Questa è la prima sensazione che ho provato nel momento in cui ho messo piede fuori dall’aereo e ho visto i palazzi di Istanbul, che sembravano toccare il cielo.
Non sapevo davvero perchè ero lì, non sapevo perché avevo deciso di passare 20 giorni in un paese sconosciuto con persone sconosciute ed in quel momento pensavo solamente alla mia famiglia e ai miei amici che avrei rivisto di lì ad un mese. In preda al panico totale, sono scesa dall’aereo e ho cercato le indicazioni per il ritiro bagagli ma l’unica cosa che vedevo era gente che urlava, piangeva, spingeva valigie o trascinava bambini dietro di sé.
Non riuscivo a capire niente e la gente mi fissava come per chiedersi perchè una ragazza straniera come me fosse lì in mezzo alla folla con una valigia da 30 kg e i lacrimoni agli occhi. Mi sono fatta forza e ho letto attentamente i cartelli, ho seguito le indicazioni e mi sono ritrovata a cercare con foga la mia valigia.
Dopo averla presa mi sono recata all’uscita e ho notato immediatamente una folla di persone con in mano cartelli con scritti nomi incomprensibili e mi è venuto subito il panico pensando che magari non avrei trovato la mia host family. 

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Erano solo le dieci di mattina di quel 15 Luglio, quando dall’aereoporto di Bari stava per incominciare una delle più belle ed entusiasmanti esperienze della mia vita.
Dopo che il mio viaggio di sole 4 ore si era trasformato in un’odissea a causa di un temporale che ha bloccato tutti i voli a Monaco di Baviera, arrivato a Göteborg trovai ad aspettarmi un gentilissimo uomo tutto vestito di giallo che con pazienza mi aspettava a causa del ritardo. 
Solo in serata arrivai nella casa che mi avrebbe ospitato.
Mi trovavo in un piccolo villaggio nell’isola di Orust a 100 metri dal mare, qui tutto era ben curato e le casette caratteristiche della zona decoravano il paesaggio quasi fiabesco.

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Nella mia vita non ho mai conosciuto un popolo così gentile, disponibile e generoso, qualità preziose che ho percepito sin dal mio arrivo in Giappone. Infatti, già con la prima famiglia ho trascorso momenti indimenticabili ed ho iniziato ad assaporare la cultura, le tradizioni, a visitare templi e ad assaggiare cibi tipici della cucina nipponica, in particolare della città dove mi trovavo, Himi. Non tutti i membri della famiglia sapevano parlare inglese, ma la barriera linguistica non è riuscita ad ostacolare la comunicazione tra di noi - che spesso utilizzavamo anche i gesti - anzi, proprio questa volontà da entrambe le parti di comunicare ha contribuito al rafforzamento del nostro legame. Infatti, dopo questi cinque giorni insieme è stato difficile dirsi "arrivederci".
Il secondo step dell'esperienza è stato un camp di 8 giorni svoltosi a Sabae, Fukui e Kyoto. Tanti i luoghi visitati che permettevano di respirare a pieno la secolarità dei monumenti e di una cultura straordinaria; tuttavia, non possono essere taciuti alcuni aspetti organizzativi sicuramente migliorabili.
Anche al camp la gente che ho conosciuto ha fatto la differenza.

Ho deciso di partecipare al Lions Club Youth Exchange Program per poter fare un’esperienza a mio parere unica ed indimenticabile.
Durante l’estate 2017 con la mia famiglia abbiamo deciso di partecipare allo stesso programma ospitando una ragazza texana.
In lei ho trovato un’amica e non abbiamo mai avuto problemi, sono stata contenta di averle fatto conoscere una parte del nostro Paese, della nostra cultura e siamo tutt’ora in contatto.
Quest’anno è stato il mio turno e tra le opzioni ho scelto di visitare il Canada.
Il mio viaggio è iniziato a fine giugno quando, da sola sono partita dall’aeroporto di Malpensa con destinazione Toronto; lì mi avrebbero accolto alcuni dei membri Lions Club che mi avrebbero portata dalla mia host family.

Dopo Turchia, Indonesia e India, tre settimane di pura avventura in una terra che mi piace definire magica e misteriosa
Il Messico è selvaggio e ospitale descrivendolo con un paradosso. Le alte montagne vestite di foreste e abitate da miliardi di specie sono la culla di un popolo coraggioso e devoto.
Il campo Paricutin, in Michoacan, è stato breve ma molto coinvolgente grazie alle varie esperienze che il gruppo ha vissuto; l’escursione sul vulcano che fa da prestanome al campo è stata per me la più affascinante. Il programma è stato molto ben organizzato e bilanciato tra visite, attività e relax.

Sono Emma, ho 17 anni e non so da dove poter cominciare a raccontare un’esperienza che per molti aspetti ha cambiato il mio modo di pensare e vedere il mondo.
Vorrei innanzitutto ringraziare la splendida organizzazione Lions Club per avermi permesso di partecipare all’iniziativa degli scambi internazionali, che si è rivelata per me non solo una splendida occasione per potermi cimentare nella comunicazione in lingua inglese con ragazzi provenienti da tutto il mondo, ma anche e soprattutto per poter imparare di più su culture e modi di pensare completamente diversi dai miei.
La mia host family, inoltre, ha accolto me e la mia amica finlandese come due figlie, permettendoci di vivere appieno la vita di una tipica famiglia Americana, esperienza che sono convinta abbia arricchito il bagaglio culturale di entrambe.
Insieme ai miei host parents, Janene e kevin, e host sisters, Janae e Mikaela, abbiamo vissuto esperienze indimenticabili, alcune più serie ed impegnative come visitare Mount Rushmore per vedere le facce dei quattro presidenti o fare hiking per scalare il monte Horsetooth (esperienza che ti lascia senza fiato da tutti i punti di vista, considerata la fatica impiegata e la meraviglia che ti pervade una volta arrivati in cima).

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Ricordo ancora com’è iniziato. Un’insolita mite domenica di fine gennaio: ricevo una chiamata da un numero da me sconosciuto, ma non esito un attimo a rispondere.
Dopo i primi minuti di incredulità e sorpresa, capisco... sarei partita per gli scambi giovanili Lions!
Due cose erano chiare nella mia mente: Olanda, luglio 2018.
Ero perplessa perché le destinazioni da me inserite erano ben altre, ma al termine di questa esperienza, posso dire di aver trovato un Paese bellissimo!
Così decido di partire. Informo tutti, parenti, amici, professori; prenoto il volo e inizio a curiosare suinternet per capire cosa aspettarmi dall’Olanda. Prima della partenza contatto l’host family e i responsabili del campo per avere informazioni aggiuntive e più dettagliate, soprattutto sul clima che prospettava essere non proprio dei migliori!

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Questo per me è stato il primo anno in cui ho avuto l’occasione di partecipare allo scambio e al campo giovanile Lions.
La meta che mi è stata assegnata è la Finlandia che prima di allora non avevo mai preso in considerazione come tappa di un mio ipotetico viaggio.
Quando mi hanno indicato la famiglia presso cui avrei alloggiato ho scoperto che abitava in campagna e in mezzo al nulla, alquanto lontana da qualsiasi centro abitato.
A primo impatto ho pensato che avrei potuto annoiarmi o non trovarmi bene poiché non ho mai vissuto un ambiente rurale essendo sempre vissuto in città.
Una volta lì, ho smontato tutti i miei preconcetti provando ‘’la vita di campagna’’ e non è stato poi così tragico come Esopo descriveva nella sua favola sul topo di campagna e quello di città.

Voglio iniziare a raccontare la mia avventura partendo dalla fine.
Dalla prima domanda che mi è stata posta dai miei genitori appena tornato in Italia. Una richiesta che fin da subito mi ha sconcertato, nonostante possa sembrare all’apparenza quasi di circostanza.
Lì, in quel momento mi è sembrato di non poter rispondere.
La domanda che mi è stata fatta è questa: Com’è andata l’esperienza in Danimarca? Ti sei divertito?

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Nel trascorrere del tempo volano via gli anni, i giorni, i minuti, le ore.
A volte si ha nostalgia persino di quei secondi spesi a contemplare un orizzonte. 24/06-14/07/2018.
Tutto ha preso inizio quella domenica di giugno, quando ormai la scuola era terminata già da un po' e non stavo nella pelle per l'entusiasmo di partire ed essere accolto in una nuova casa. Sette ore nell'aeroporto di Istanbul, uno scalo non del tutto chiaro, vista la destinazione: Macedonia.
Tuttavia l'emozione era tale da prevalere sull'attesa, e ne è valsa decisamente la pena. Sin da subito la famiglia si è mostrata calorosa e disponibile nei miei confronti, questa è stata la tessera dominante in un mosaico di culture, gioie e vibrazioni.
Perché la mia esperienza è stata proprio un lucente mosaico sullo sfondo delle alture macedoni. Tre settimane sembravano una durata cospicua lontano dalla mia solita dimora, eppure la prima settimana è andata, una rapidissima eternità. Parlo di eterno perché è stato stupefacente comprendere quanti aspetti di una società distante dalla mia, nei modi e nei costumi, siano pervenuti ai miei occhi in una così breve durata. Stare a parlare di vita imbattendosi nel tentativo di rispondere a quelle domande esistenziali che spesso chiamiamo dogmi non è esattamente un'impresa facile da compiere. Talvolta può sembrare addirittura anti-produttivo. Nonostante ciò posso farmi ora portavoce di una delle vie più efficienti per intraprendere la missione: i viaggi.

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