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When I read about the possibility of youth Exchange in Japan, I have thought that it could be a great opportunity for me, but also that Japan is on the other side of the world thus there will be a lot of difference with food, language, culture and lifestyle.
For these reason I spent some time in order to decide if I wanted to try this new experience, but fortunately in the end I chose to candidate myself, and today I can say that it was the right choice. Anyway the Japanese youth exchange was my third youth exchange experience and this thing had an important role in the choice.
After this accessories information, I can start with the main part of my report; I want to tell you about my activity, my experience and my emotion.
I arrived in Japan on evening of 8 December and, at the airport, I found some Lions member with my host-father Nobumasa, that are waiting for me. They brought me at Nobumasa’s house in Tokiwadaira, not too far away from Tokyo, where I stayed for the next ten days. My first host-family is made up by Nobumasa and Masami, they are both veterinarian and manage a veterinarian clinic just below their house.

Era il mio sogno nel cassetto, più volte condiviso con la mia migliore amica, avanti a qualche assaggio di sushi. Ma era talmente lontana l’ipotesi che si potesse realizzare in tempi brevi che non credetti alle mie orecchie quando mi venne annunciato a fine ottobre: “Vuoi partire i primi di dicembre con gli Scambi Giovanili LIONS per il Giappone?”.
A 19 anni, poco dopo la maturità, un’opportunità unica per il mio primo grande viaggio da sola. 
In occasione del Congresso LIONS del Distretto 108L, a Spoleto, la presentazione a sorpresa avanti ad una platea di non meno di 400 delegati per ricordare l’importanza degli scambi giovanili, ribadita dalla coordinatrice per il Lazio, l’Umbria e la Sardegna Sandra Becostrino e l’investitura da parte del Governatore Rocco Falcone di “Ambasciatrice del Lionismo Italiano in Giappone”.

Scrivo questa email per mettere a conoscenza gli aspetti negativi di questa esperienza in Giappone.
Sono arrivata il 10 luglio e la mia prima famiglia ospitante mi è venuta a prendere all'aereoporto con i lions della città, fortunatamente ho avuto un buon benvenuto. Premetto che i giapponesi sono delle persone veramente carine e la mia prima famiglia pure, ma con abitudini molto diverse dalle nostre.
La mia prima famiglia ospitante aveva un cane, non sono particolarmente amante degli animali, non gli ho e non sono abituata, ma conosco famiglie in cui passo molto tempo che hanno cani , in cui le cose che sono successe nella mia famiglia ospitante non sono mai successe !
Il cane è stato veramente un grosso problema per me, saliva sul tavolo, leccava la tavola mentre mangiavamo, veniva lavato nella stessa doccia io cui successivamente usavamo noi, peli ovunque incluso nei piatti e lenzuola, mangiava di tutto compreso le mie scarpe!!

Se mi dovessero chiedere cos’è il programma scambi giovanili Lions, risponderei così: “Trovarsi in una sorgente termale, immerso nella natura, nudo come da tradizione, con persone che fino a 2 giorni prima non avevi mai visto ed ora saranno la tua famiglia per il prossimo mese.” 
Ciao a tutti, mi chiamo Matteo Bonadies e quest’anno sono stato 3 settimane in Giappone.

Un'esperienza unica, quella di un viaggio dall'altra parte del mondo accolto da una famiglia quasi completamente sconosciuta. Inizialmente ero scettico poiché non avevo mai preso parte al programma di scambi culturali di Lions, ma una volta partito alla volta di Nagasaki ho accantonato le preoccupazioni e pensato solo ad integrarmi tra le mie nuove conoscenze (tra le informazioni riguardo la famiglia era segnalata una conoscenza, presente seppur minimale, dell'inglese, che mi è stata difficile riscontrare nella famiglia con cui parlavo solamente giapponese).

9742 Km, 16 ore di volo, 7 ore di fuso. 
Non avevo mai affrontato un viaggio intercontinentale e partecipato ad un' esperienza Lions in precedenza.
Dunque tutto mi eccitava e spaventava allo stesso tempo.
Il Giappone è in tutto così diverso e di questo me ne sono resa conta appena scesa dall'aereo ( infatti ho impiegato circa due ore solo per recarmi all' uscita) dove erano musiche strane , volti strani, una lingua con dei segni più strani del greco e diciamolo.. mica c'è il nostro sole!!
Eppure tutte queste che mi apparivano strane hanno rappresentato il fascino di questa magnifica esperienza, in quanto attestano quanto i Giapponesi rappresentino forse l'unico popolo in grado di non omologarsi agli altri paesi ma fiero delle proprie tradizioni che si rispettano con la massima dedizione.
Dopo una giornata intera di volo, al mio arrivo all'aeroporto di Osaka ad accogliermi c'era il presidente Lions che poi avrei incontrato ai vari eventi del mese, che ha cercato di mettermi a mio agio, impresa molto difficile in quel momento, ma devo dire che ci e riuscito.
Con lui abbiamo preso lo Shinkansen per Nagato dove alla stazione ho incontrato quella che sento ancora come la mia seconda famiglia.
Quando ci siamo avvicinati mi sono inchinata ma loro mi hanno fermata e mi hanno salutato con il bacio a destra e sinistra; mi è bastato quel primo incontro e quel gesto per capire che avrei trascorso 4 settimane magnifiche che avrebbero arricchito me quanto loro.

Sono arrivato per la mia prima volta in Giappone il 10 luglio dopo quasi 27ore di viaggio .
Sono stato accolto da un membro Lions che mi ha accompagnato nell'hotel antistante il Chubu International Airport di Nagoya .
Dopo la prima notte e 4 ore di treno ho raggiunto la prima famiglia a Kanazawa .
Nella prima famiglia , ho trascorso solo i primi 4 giorni , che sono stati prevalentemente di gite e visite ai luoghi iconici della città.
Essendo questa famiglia composta da due "host parents " di una sessantina d'anni le attività sono state per lo più culturali che ricreative .

Finalmente ci sono, dopo più di 12 ore di aereo sono arrivato in Giappone, ad accogliermi c’erano Kiyoshi Ishii e Keita Ishii rispettivamente il papà ed il figlio della mia famiglia ospitante con la quale sono stato per tre settimane quest’ estate. Dopo un paio d’ore in macchina siamo arrivati a casa, ad Yokhoama- Izumi non lontana da Tokyo, lì finalmente conosco il resto della famiglia la mamma, Toshie, e la nonna.
L’inizio non è stato dei più facili a causa della lingua, il fuso orario e delle diverse abitudini , ma poi dopo qualche giorno la situazione era totalmente diversa

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Poter visitare il Giappone è stato il mio più grande desiderio da quando andavo alle elementari e sapere che finalmente sarei riuscita a realizzarlo grazie al Lions Club mi ha fatto andare al settimo cielo. Questo per me non era un viaggio, ma era il sogno di una vita. Ero talmente agitata per la partenza che forse realizzai solo sull’aereo dove stavo effettivamente andando. Quando arrivai ad Osaka il 10 luglio non riuscivo a contenere il mio entusiasmo, tanto che mi misi a piangere dalla gioia davanti a quelle persone che erano lì ad aspettarmi. Non è stata la mia migliore presentazione ma ero troppo felice di essere lì.

Lo scorso dicembre ho partecipato ad un viaggio di scambio giovanile in Giappone.
Durante il mio soggiorno di tre settimane sono stata ospitata da quattro famiglie. La famiglia Ootake gestisce un hotel/spa, ho trascorso tre notti in una delle loro stanze ed è stata una bellissima esperienza. La camera era in tipico stile giapponese con un futon e pareti in carta di riso.

Era importante che io capissi quel concetto, lo vedevo dalla loro insistenza nel tentare di spiegarmelo. Azzardavano una parola in inglese, immediatamente seguita da altre per me incomprensibili in giapponese, poi una pausa, un sospiro di frustrazione. Odiavano non riuscire ad esprimersi ed a comunicare con me. “Omotenashi”, mi ripeteva per l’ennesima volta, indicando prima lui, poi sua moglie, poi le mura della casa in cui eravamo e infine me. “Omotenashi”.

La traduzione che mi suggeriva il mio cellulare era ospitalità. “Hospitality?”, chiedevo loro. “No, no hospitality. Omotenashi”, ripetevano di nuovo scandendo ancora meglio le sillabe.

Finalmente capii che mi trovavo di fronte ad un’altra parola intraducibile. Una parola che racchiude radici culturali talmente profonde che non può essere compresa da un traduttore automatico. E nemmeno da qualcuno che non sia mai stato accolto in una casa giapponese. Sorrisi, ripensando ai tentativi di pochi mesi prima delle persone che avevo conosciuto in Brasile di farmi capire il profondo significato della parola “saudade”, anch’essa intraducibile in italiano. Mi aveva affascinato come una semplice parola poteva contenere le emozioni che vivere il Brasile provoca.
E ora, di nuovo, era sufficiente una parola.

Mi chiamo Ilenia Musto e ho trascorso 3 settimane nella Prefettura di Nara, in Giappone.
E’ stata un’esperienza fantastica, che ricorderò per sempre!
Sono partita il 14 Dicembre dall’aeroporto di Bari Palese e sono arrivata il giorno 15 all’aeroporto di Osaka e subito ad aspettarmi c’erano due membri del Lions Club di Nara e la mia Host Mom.
La mia prima famiglia è stata molto gentile e disponibile e anche se non parlavano molto bene l’inglese mi sono sentita subito a mio agio. Mi hanno fatto visitare tantissimi luoghi tra cui il parco di Nara con tantissimi cervi, il Todaiji, Osaka e gli Universal Studios e ho indossato per la prima volta il Kimono, un’esperienza unica!

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Mi chiamo Silvia Barbato e quest’anno ho avuto la grande opportunità di visitare il Giappone.
Un paese così lontano da noi, con cultura e tradizioni completamente differenti, ma allo stesso tempo misteriose e affascinanti.
Sono partita il 14 luglio e dopo quasi 24h di viaggio sono finalmente atterrata a Sapporo, la capitale dell’isola più a nord, l’Hokkaido.
All’aeroporto ho trovato ad accogliermi la mia host-family con alcuni membri dei Lions.
La prima famiglia mi ha fatto sentire parte di loro e, inaspettatamente, parlavano tutti molto bene l’inglese poiché la mia host-mother era originaria di Singapore. Abbiamo fatto lunghe chiaccherate che spesso duravano ore e la maggior parte delle cose su quello che per me era un nuovo mondo me le hanno insegnate loro.

Non so se le parole e le foto possono bastare a descrivere quella che è stata forse la più bella esperienza della mia vita. Il Giappone, il paese del sol levante , la terra dei samurai , un luogo che non avrei mai pensato di riuscire a visitare, essendo così lontano da noi.
Eppure è stato possibile non solo visitarlo ,ma anche viverlo e non posso far altro che ringraziare il Lions Youth Exchange Program per questa meravigliosa opportunità! Ricordo ancora quel fatidico 10 luglio che aspettavo da mesi: era il giorno della partenza.
Dopo interminabili ore di volo e tre aerei finalmente arrivai ad Osaka. Io e Giuditta, la ragazza con cui ho affrontato il viaggio, siamo state accolte in aeroporto dai Lions locali,che, sebbene non sapessero parlare quasi per nulla l'inglese, hanno cercato di farci sentire a nostro agio e molto gentilmente ci hanno accompagnato in treno fino alle città delle nostre rispettive famiglie. Durante la mia permanenza in Giappone sono stata ospitata da tre differenti famiglie appartenenti a due Lions Clubs ( la prima al Club di Nankoku, le altre due al Club di Konan).

Il 10 luglio, dopo undici ore e mezza di volo sono finalmente arrivata in Giappone.
Ero esausta ma tremendamente felice per questa nuova avventura che mi si prospettava. 
All'aeroporto Kansai di Osaka subito sono stata accolta da alcuni membri del Lions club giapponese, che hanno accompagnato me e gli altri ragazzi alle nostre host families.
Al momento della partenza non sapevo cosa aspettarmi da questa esperienza, in quanto non ero molto esperta o particolarmente appassionata del Giappone, tuttavia questa mia impreparazione si è rivelata un aspetto positivo per l'esito del viaggio, infatti non ho avuto aspettative da soddisfare, ma al contrario ero pronta a lasciarmi sorprendere da questa cultura così lontana dalla nostra.

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Il 15 agosto il mio viaggio in Giappone si è concluso. Definirlo ‘viaggio’ sarebbe troppo riduttivo poiché si può pensare ad uno come tanti altri. Invece no: questa incredibile esperienza vale molto più di un semplice viaggio, cela dietro di sé tanti insegnamenti, tanti modi di fare che l’atmosfera di quei luoghi ti fa acquisire involontariamente.
Infatti (quasi) tutti i giapponesi si presentano molto simili. E’ qualcosa di innato, fa parte della loro formazione ed educazione, che li fa compiere le stesse azioni, gli stessi gesti lo stesso modo di interagire che sicuramente si tramandano e che involontariamente trasmettono anche a chi si avvicina a loro.
Ventuno giorni della mia vita totalmente diversi dalla solita monotona ed ordinaria routine del mio paese.

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Dopo un volo aereo durato un’intera giornata contando il fuso orario, sono arrivata a Kyushu, la terza isola più grande del Giappone. Non mi rendevo ancora conto di cosa mi potesse aspettare e avevo abbastanza paura di non potermi trovare bene.
Non ero molto tranquilla anche perché non avevo ricevuto tutte le informazioni riguardo i miei spostamenti e riguardo le mie famiglie ospitanti: sapevo solo del primo periodo fino al mio ritorno dal campus.

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Il 13/07/2016 sono partita per il Giappone. Sono arrivata all’aeroporto di Nagoya dopo quasi 30 ore di viaggio, poiché, siccome il volo Bologna-Francoforte era in ritardo, ho perso quello successivo diretto in Giappone e ho dovuto prenotare nuovi biglietti, facendo scalo in Korea a Seoul!
Una volta arrivata a destinazione, tutta la stanchezza che avevo addosso è però passata vedendo alcuni membri di tutte e tre le mie future host families, pronti ad accogliermi all’uscita con un cartellone con la scritta “Benvenuta Valentina”!!

Nel momento della scelta delle destinazioni per questo Scambio Giovanile ho pensato principalmente a quale paese nel mondo potesse essere più diverso dal mio, nella speranza di scoprire qualcosa di completamente nuovo.
Perciò la mia prima scelta fu il Giappone e fortunatamente fui accontentata. 
In un mese ho potuto osservare un modo di pensare e di vivere completamente diverso da quello occidentale e in particolare italiano.

Ho sempre desiderato andare in Giappone e quest’anno ho potuto realizzare questo sogno.
E’ stata un’opportunità davvero unica e sono molto felice di averla fatta.
Non è andato sempre tutto liscio, ma niente che non si sia risolto e poi sono quelle cose che mettono un po’ di pepe alla vacanza e su cui, appena torni a casa, ci ridi su.
La mia esperienza si può dividere in due periodi: uno più lungo in una famiglia ospitante e uno più breve nel Camp.
Entrambe mi sono piaciute molto.

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