Il nostro sito fa uso di cookies per migliorare la tua esperienza di navigazione. Continuando a navigare accetti l'uso di questi file.

Mi chiamo Giacomo Allegri ed ho 18 anni,vivo a Firenze e quest'anno ho partecipato ad uno scambio mediante Lions club con destinazione Norvegia per 3 settimane.
La prima settimana l'ho trascorsa in una famiglia che ho trovato semplicemente unica e con la quale sono ancora in contatto: non avevo altri ragazzi che partecipavano all'esperienza in casa con me però in compenso la famiglia aveva 3 figli tutti maschi di età ed interessi identici ai miei.
In poche parole mi sono trovato subito in sintonia con tutti loro e ho impiegato meno di un giorno a sentirmi parte della famiglia come se ci vivessi da anni.
Sono stato trattato molto bene in tutti i sensi,dal vitto all'alloggio fino alle attività svolte durante la settimana di permanenza(siamo stati a vedere Oslo una giornata,un'altra volta al parco giochi,un'altra ancora al gioco del labirinto con i laser,....in breve,un gran divertimento!!!).

Ciao a tutti ragazzi, mi chiamo Giulia, ho 18 anni e quest'estate ho avuto la mia prima esperienza con il Lions Club.
Frequento il liceo linguistico e sono anni che viaggio al'estero tramite associazioni o scuole, ma l'esperienza di quest'anno è stata davvero indimenticabile.
Tra le tante proposte che mi sono arrivate ho scelto di trascorrere tre settimane in Norvegia e, nonostante inizialmente fossi un po' scettica, ora credo che non avrei potuto fare scelta migliore!
La mia avventura è iniziata una notte di fine giugno, mi recai all'aereoporto alle 3 e verso le 4 conobbi una ragazza di nome Greta che aveva scelto la mia stessa destinazione. 
Il nostro volo era in ritardo, ero stanca e abbastanza ansiosa, ma tra una chiacchiera e l'altra il tempo volò via. 
Appena atterrata ad Oslo la mia giornata cambiò completamente grazie ad un'accoglienza di soli abbracci e sorrisi. 
Conobbi fin da subito quella che sarebbe stata la mia famiglia, due affettuosi e solarissimi anziani che già avevano pianificato una settimana fantastica insieme! E' strano da dire, ma, a quasi 3000 km di distanza dal mio paese, mi sono sentita a casa fin dal primo instante!

Già, la Norvegia è proprio la terra del sole di mezzanotte. Vederlo o studiarlo sui libri non è la stessa cosa che trovarsi a vedere con i proprio occhi un cielo che non si riempie mai di stelle. 
E il fatto che il sole non tramontasse mai mi riempiva di uno strano senso di speranza. 
Avevo rinunciato ad andare in Belgio per via della maturità e intanto speravo con tutto il mio cuore di avere un’altra possibilità di fare comunque questa fantastica esperienza. 
Poi un giorno quella tanto attesa possibilità mi chiama al telefono e mi offre l’occasione di andare in Norvegia. Senza pensarci su due volte ho accettato: era esattamente quello che volevo io. Sarei dovuta stare una settimana in famiglia e due al campo e anche se all’inizio avevo pensato al campo come un posto dove avremmo dormito in tenda – e l’idea non mi allettava moltissimo – tuttavia dentro di me sapevo che sarebbe stata una esperienza indimenticabile.

Sono un ragazzo molto timido e introverso nei confronti di persone che non conosco, e pensare di dover trascorrere 3 settimane con sconosciuti da tutte le parti del mondo mi ha in un primo momento spaventato ma, allo stesso tempo, mi ha concesso l’opportunità di mettermi davvero alla prova. 
Se dovessi dare un nome a questa esperienza, sceglierei “Il viaggio delle occasioni”, perché lasciare casa e prendere aerei da solo per la prima volta mi ha donato la più grande occasione di riuscire a conoscere me stesso guardando come avrei reagito davanti a tutte queste novità, intromessesi così improvvisamente nella mia quotidianità. 
Ma con tutte le paure o le buone aspettative, che hanno occupato la mia mente appena prima della partenza, non mi sarei immaginato di provare un così grande vuoto tornando a casa dopo 21 giorni (praticamente sempre soleggiati) in Norvegia.
In quel periodo di tempo ho conosciuto un lato mai scoperto della mia personalità che mi ha permesso di stringere un così forte legame con persone che in questo preciso momento sono orgoglioso di chiamare amici. L’ambiente che già la prima sera si era creato ha reso possibile l’inizio di sani rapporti amichevoli ricchi di rispetto ma anche di tante risate. Le giornate si susseguivano con una tale naturalezza da sostituire la mia vecchia routine di scuola e stress con una quotidianità che ha presto preso il sopravvento e ha iniziato ad essere parte di me e di quei ricordi che ora custodisco gelosamente. 

Sono partita per la Norvegia lunedì 7 luglio 2014, carica di entusiasmo ma anche molto agitata. Avrei dovuto prendere tre aerei da sola prima di arrivare a destinazione, l’inglese non era il mio forte, e in più non sapevo cosa mi sarei trovata ad affrontare una volta atterrata. Sono arrivata a Bodo (Norvegia del nord) alle ore 24 e sono rimasta immediatamente sorpresa. C’era il sole! Ero capitata nella terra del sole di mezzanotte, il che implicava luce all day, all night!
Pazzesco! 
All’aeroporto mi aspettava un anziano signore con la moglie, da subito molto gentili ed ospitali e dopo un’ora e mezza di auto mi hanno portata a destinazione: Camp Adventure Fairyland, vicino alla cittadina Rognan. A differenza degli altri scambi Lions dove si trascorrono le settimane in famiglia, io avrei passato tutte e 3 le settimane in un campo con 24 ragazzi da tutto il mondo tra i 18 e i 21 anni!

“Now you can say that you have a piece of your heart in 20 different countries”. Questo è diventato il mio motto una volta tornata a casa dalla Norvegia ed è incredibile quanto possa essere vero! 
Ma facciamo un passo indietro. Il 25 gennaio è stato l’inizio della mia storia. 
Quel giorno è stato il mio 18mo compleanno e, ironia del destino, non avrei mai potuto ricevere un regalo più grande della chiamata dei Lions che mi confermavano la mia partenza. Destinazione: Norvegia.
Allora non sapevo cosa mi avrebbe aspettata, non sapevo nulla dei programmi degli scambi, di cosa avrei fatto, di chi avrei incontrato ma già sentivo che sarebbe stato qualcosa di grande e di sconvolgente. E così ho fantasticato, attendendo questo viaggio per circa 6 mesi, immaginando cosa avrei fatto, le cose che avrei visto. Ho vissuto questi mesi con una gioia strana, un misto di agitazione e voglia di scoprire. Ogni giorno passato, per me era un giorno in meno alla partenza, il mio sogno che si avvicinava sempre di più e la Norvegia è diventata come un raggio di sole nella tempesta. Se c’era qualche difficoltà pensavo che in poco tempo sarei partita e tutto era più semplice. Ora capisco quando si dice che l’attesa rende belle le cose!

Nella vita si cresce sempre e si cambia, giorno dopo giorno.
Ogni esperienza, anche la più piccola e apparentemente insignificante modifica persino impercettibilmente il nostro modo di pensare e vedere la realtà.
Ma ci sono delle esperienze che irrompono nella nostra vita come un tuono: sono brevi ma intense, e capaci di stravolgerci e cambiarci visibilmente.
Il viaggio in Norvegia, per me, è stata una di queste.

13 Luglio , la valigia è pronta, la carta d’identità è nel portafoglio , la guida completa sulla Norvegia è già stata spasmodicamente sfogliata mille volte. Che sensazione strana … che mi succede allora? 
Si ecco ad essere sinceri all’appello pre-partenza si è presentata anche un’indicibile paura mista all’emozione. Affronterò un volo fino ad Oslo ( fortunatamente diretto) solo in compagnia di me stessa , vivrò per una settimana in una famiglia che appurando dalle diverse e-mail scambiate è composta da due coniugi sulla sessantina e per concludere trascorrerò le ultime due settimane in un campus nella sconosciuta Vestby.

Era quasi l'una di notte quando l'aereo del volo Francoforte Oslo atterrava sulla pista della capitale norvegese.
Il mio primo volo da solo!
Ad attendermi c’era Tage, il padre della della mia famiglia ospitante, nonché sindaco della città dove avrei passato la mia prima settimana un uomo alto, biondo, dall'espressione intelligente e vivace.
La moglie Anny e il figlio di 15 anni Trym mi aspettavano a casa, nella città di Moss. Dopo un' ora e mezza di auto arriviamo a destinazione: una cittadina di 30 000 abitanti sulla costa sud del paese, affacciata sul golfo di Oslo.
Il panorama appare molto diverso da quello a cui ero abituato. Case in legno, scritte in Norvegese, foreste e laghi ovunque.

Il mio viaggio in Mongolia è stata senza dubbio un’esperienza singolare, e devo dire molto positiva.
Fino ad adesso avevo visitato prevalentemente paesi europei, per cui mi incuriosiva visitare un paese diverso dai soliti, e dal momento che mi era stata offerta l’opportunità di visitare la Mongolia ho deciso di approfittarne.
Le cose che mi sono rimaste più impresse di questo paese sono i paesaggi incontaminati e la gentilezza e disponibilità delle persone, aspetti che in Italia non sono facili da trovare. I primi dieci giorni sono stata ospite di una famiglia molto gentile, e passavo la maggior parte del mio tempo con la loro figlia maggiore, la quale mi ha portato a vedere vari posti a Ulanbator e dintorni. Mi hanno anche portato nella loro casa di campagna, e lì ho potuto ammirare una natura incontaminata e la semplicità e serenità delle persone da me incontrate.
C’erano poi molte persone che, benché non sapessero l’inglese, avevano comunque molta voglia di comunicare con me e mi chiedevano molte cose sul mio paese, sullo stile e il costo della vita, e sulla mentalità dell’Italia.

Sono partito da Venezia il 20 luglio 2007, qui ho incontrato l’altro ragazzo italiano, Carlo Slaviero, partecipante al programma di scambio. Insieme siamo arrivati a Ulaambataar alle ore 7.30 circa del giorno 21 luglio.
All’aeroporto siamo stati accolti dalla referente Mongola, Enhmaa Tsegmind.
Dopo aver incontrato alcuni dei partecipanti al campo, in autobus ci siamo recati a Parhan, a circa 50 min. da Ulaanbaatar. Qui, siamo poi stati sistemati in gruppi di tre persone, nelle Ger, tipiche tende mongole.
L’ accampamento di Ger era situato in una bellissima vallata, era composto da 22 Ger, alcune adibite a dormitorio, altre a bar, ufficio e magazzini. All’interno del complesso c’era poi un edificio in muratura adibito a cucina, una tettoia che fungeva da zona mensa e infine, staccato dal tutto, un edificio in muratura che ospitava i servizi, e l’area docce, anche con acqua calda.

Prima di atterrare all’aeroporto di Ulaabataar della Mongolia sapevo solo qualche numero: 3 milioni di abitanti, una bassissima densità di popolazione; 3 milioni e mezzo di cavalli, un escursione termica tra giorno e notte di 20 gradi ed un paesaggio che alterna steppa e deserto.
Sul programma di quest’esperienza sapevo ancora meno; 6 giorni in famiglia nella capitale e 9 a cavallo senza sapere dove e con chi; la mia avventura in Mongolia è iniziata con un salto nel buio ma si è rivelata una scommessa vinta.
La mia host family era composta da due ragazze universitarie col desiderio di perfezionare il loro inglese, non una famiglia vera e propria a dire il vero.
Ganjaa e Pujee, questo il nome delle mie ragazze, si sono impegnate molto a farmi vedere la città e cucinare (e farmi cucinare) qualche piatto locale.
Ulaanbataar, la capitale conta un milione di abitanti. Le uniche altre 2 città contano solo poche migliaia di abitanti.
Ulaanbataar con le sue brutte costruzioni del periodo comunista sembra più una città di periferia Russa che una vera capitale; la città ha comunque il suo fascino, i meravigliosi templi buddisti popolati da monaci dalle tonache rosso fuoco testimoniano riti e credenze lontane dalle nostre (per non parlare dello sciamanismo visibile grazie a strani totem disseminati per la steppa), i numerosi musei invece racchiudono splendide reliquie del passato, in particolare alcuni fossili di dinosauro menzionati in ogni libro di paleontologia.
Lo shopping merita un capitolo a parte poiché si può trovare di tutto a prezzi convenienti e, dato che in città non c’è moltissimo da fare, la mia host family mi ci hanno portato più volte. Se vorrete avventurarvi in Mongolia vi consiglio vivamente di partire con una valigia semivuota altrimenti vi mangerete le mani se non avrete più spazio nel bagaglio per i vostri acquisti.
Si consiglia in del, tipico vestito mongolo e i prodotti di cashmere di ottima fattura e molto economici rispetto ai prezzi europei.

Dopo un lungo viaggio, 16 ore di volo e 9 di attesa negli aeroporti di Dubai e Pechino, sono arrivato alla mia destinazione, la capitale della Mongola : Ulaanbaatar.
Per  fortuna non ho intrapreso questo viaggio da solo, ero con Francesco, l’altro ragazzo italiano partecipante allo scambio giovanile.
Non avevamo molte notizie a riguardo alle nostra famiglia ospitante, le informazioni ricevute dall’organizzazione non sono state molte.
Il nostro arrivo è avvenuto a notte inoltrata, eravamo esausti e non appena abbiamo potuto, siamo andati a dormire nell’appartamento della famiglia ospitante. Non abbiamo dormito molto, nelle vicinanze era presente un cantiere edile con lavoratori cinesi che lavoravano giorno e  NOTTE!! ….Fin da subito ho potuto notare che il paese in cui ero arrivato era molto diverso dall’Italia.
Bisogna premettere che la Mongolia è lo stato più grande al mondo che non ha sbocco nell’oceano, ed il suo clima non è influenzato dalla presenza del mare, in estate fa molto caldo e l’inverno è rigido con temperature che scendono fino a 30 gradi sotto lo zero.

Quest’estate sono stato in Mongolia! Meta ambita e lontana, assolutamente distante dal turismo di massa, che ci conduce ogni anno a visitare capitali afose e sovra affollate, o a cercare spazio su spiagge roventi in cui un metro quadro di spiaggia libera  è un autentico miraggio! Grazie al Lyons Youth Exchange, promosso dal Lyons Club International, che permette ogni anno a centinaia di giovani provenienti da nazioni di tutto il mondo (o quasi), di viaggiare in modo sicuro nei posti più remoti. Sono dunque partito da Venezia nel pomeriggio del 7 luglio alla volta di Ulaanbataar, capitale Mongola. Viaggio lungo e faticoso (Venezia-Dubai-Pechino-Ulaanbatar) che, fortuna mia, non ho affrontato solo; un altro ragazzo infatti, Valentino Creaco, faceva parte dello stesso programma di scambio. Conosciuto per l’occasione è stato un ottimo compagno di viaggio, e si dimostra buon amico a mesi di distanza. Siamo dunque giunti nella capitale Mongola alla mezzanotte del giorno 8 luglio, dove aspettavano il padre ed i figli della notra Host Family, ovvero la famiglia che ci avrebbe ospitato per i seguenti venti giorni. Garbati ed accoglienti ci hanno subito condotto a casa, saziando fame e sete accumulate durante il viaggio (poche in verità visto l’ottimo servizio fornito dalla compagnia aerea Fly Emirates), quindi dandoci la buonanotte e l’appuntamento per il giorno seguente. Erano infatti responsabili della nostra visita alla capitale, e pur non avendo esperienza in questo senso, hanno dimostrato grande impegno e dedizione alla causa.

Ho  scoperto di avere una profonda (e sino ad ora a me sconosciuta) passione per la cultura dei popoli asiatici.
Goduta a pieno l’esperienza nipponica dell’anno passato ho pensato di ripropormi un paese asiatico,  la Mongolia, su consiglio del dott. Settimi.  Data la mia scarsa conoscenza di questo paese e di quello che ne riguarda (qualche lettura su internet e la visione del film “Mongol” che consiglio!) la mia scelta si è basata sulla possibilità di partecipare ad un horseback  camp. Non sapevo cosa mi avrebbe aspettato!
Devo  ammettere che sono partita un po’ allo sbaraglio, non avendo potuto avere informazioni precise riguardo al camp  e difficoltà di comunicazione con la famiglia ospitante. Tra parentesi la ragazza con cui mi sono scambiata un paio di mail prima della partenza e che avrebbe dovuto ospitarmi non è stata la stessa che mi ha accolto in aereoporto al mio arrivo, in quanto c’era stato un cambio “last minute” di famiglie.

La Mongolia è un paese affasciante, fortemente coinvolto nelle proprie tradizioni e selvaggio. Nonostante le forti influenze dei paesi vicini e dell'occidente, solamente le città ci ricordano vagamente in che epoca ci troviamo, poichè in campagna si ha l'impressione che il tempo si sia fermato secoli fa; si vive infatti assecondando al bisogno le proprie necessità, le giornate sono scandite più dalle attività che dagli orologi (non li hanno del tutto!) e si fa esperienza di un senso di comunità ed appartenenza da noi ormai scomparso. Ciò non deve comunque dare l'illusione di una vita bucolica, poichè in realtà per noi abituati ad ogni comfort, l'impatto con questa società è notevole. Ci vuole molto senso d'adattamento per adeguarsi alle norme igieniche locali ed ai ritmi di vita mongoli, ma con un po' di sana ironia si può fare grande tesoro di questa esperienza.

Mongolia? E chi te lo fa fare?... Ecco la risposta che mi sono sentita dare a più mandate da molte delle persone a cui ho riferito la scelta della mia destinazione. Beh…a pensarci bene.. è una risposta piuttosto lecita. Ma, alla faccia loro, ne è davvero valsa la pena; anche perché prima di partire non sapevo veramente nulla di questo paese. Sapevo la sua collocazione geografica, ma non sapevo esattamente che i suoi confini erano a nord con la Russia e a sud con la Cina, non sapevo che fosse il più grande stato al mondo senza accesso al mare. Sapevo invece che la capitale è Ulaanbataar e che è proprio in Mongolia che si trova il deserto del Gobi. Non sapevo che la religione principale fosse il buddismo tibetano e non sapevo nemmeno che la proporzione tra uomini e cavalli fosse di 1:12! Ho scoperto che in pochi parlano bene inglese e che le strade sono come le nostre, ovvero hanno la guida a destra, ma le macchine che hanno possono avere, a loro discrezione, il volante a destra o a sinistra. Ciò implica una pericolosità non da poco nel caso vi troverete in una macchina col volante a destra che vuole sorpassare. Sappiate che si sentono tutti del piloti di formula 1. Ah,occhio ad attraversare la strada perché, sebbene siate sulle strisce pedonali, a loro non interessa...suonano il clacson e passano!

Sinceramente, non credevo si potesse vedere e imparare così tanto senza dover aprire un libro. 
Di solito la gente pensa (ed è stato decisamente il mio caso) che spingersi troppo lontano, in un luogo troppo diverso, non porta mai a qualcosa di buono. Io, ad esempio, ad un certo punto avevo paura di non riuscire a partire per problemi di date con la scuola, in più per questo non avevo ancora avuto contatti con una famiglia ospitante e, preoccupato, in mancanza di altre motivazioni, pensavo quasi di lasciar perdere. “Chi me lo fa fare?” dicevo, come molte persone a cui avevo detto del viaggio e che cominciavo a prendere in considerazione. “Perché devo tornare ai nomadi (e lì sì, sono veramente nomadi) se posso andare in un gran bel posto organizzato, comodo, dove non devo sentirmi a disagio?”. Però, a parte il fatto che l’organizzazione è stata molto flessibile e attenta alle mie esigenze (e ciò mi ha fatto sentire più al sicuro), pensavo anche: “Beh, se esiste un posto dove provare è possibile, questo è la Mongolia”.

La mia esperienza in Mongolia è stata fantastica, ma sotto certi punti di vista stressante.
Partita il 3 luglio insieme ad altri ragazzi italiani, sono arrivata all’aeroporto di Ulan Bator alle 6 di mattina del giorno successivo. 
L’accoglienza è stata molto calorosa e lo stesso giorno mi hanno portato a vedere cose interessanti. Anche se la lingua era un po’ un ostacolo, sono stati molto gentili e le due ragazze, in particolare una, mi portavano in giro per la città tutti i giorni, tra musei e shopping.
Ho conosciuto tutti gli studenti stranieri come me qualche giorno prima del campo e, tutti insieme abbiamo aspettato fino alle 2 e mezza di notte per vedere la partita del mondiale.
Eravamo 6 italiani, 2 ragazze danesi, una ragazzo ed una ragazza tedeschi e una ragazza polacca, oltre che tutti i ragazzi mongoli partecipanti al campo.
Siamo partiti per il campo con dei furgoncini da strada, imbaccuccati in posti troppo piccoli con valige troppo grandi, ma questo è il bello. Se qualcuno cerca l’avventura questa è l’esperienza adatta per lui/lei, perché la Mongolia è avventura. Il tempo cambiava in continuazione e i furgoncini si sono impantanati molto spesso. Le camminate non sono mancate e i tiri alla fune o il wrestling mongolo sfiancavano sul serio, ma era divertente anche se a volte è stata dura sopportare certi ritmi. Un campo a prova di mongolo, di sicuro, ma noi europei abbiamo dovuto imparare strada facendo. La cultura mongola è tutta da scoprire; è una cultura antica e molto particolare, ma basta saperne cogliere la bellezza. Tra vestiti tipici, latte di cavalla con alcol, cavalli in miniatra, ghear (tende dei nomadi) e quant’altro non si può che non rimanere affascinati dal loro stile di vita, così semplice ma così intenso. E’ stata un’esperienza forte sotto ogni punto di vista e, nonostante qualche difficoltà, mi è piaciuto molto.

In questo articolo non voglio esaltare troppo ciò che ho visto ne penalizzarlo eccessivamente, saprete da me esattamente ciò che ho vissuto senza censure ne mutamenti.
Questo lo dovevo assolutamente anticipare perchè non riuscirei a dirvi se andare in Mongolia sia un viaggio da fare oppure no, semplicemente dipende da voi.
Prima di partire e anche durante tutta la permanenza ho continuato a pensare che fosse un'avventura, all'inizio lo era per le poche informazioni che noi italiani abbiamo di quel paese e poi lo è stato perchè gli stili di vita dei mongoli sono diciamo "improvvisati".
Ho passato dieci giorni in famiglia e dieci nel campus.

LIONS YOUNG AMBASSADOR

Logo Young Ambassador

LIONS YOUNG AMBASSADOR

Cerca tra i report

News

Accesso Utenti

vuoi ospitare

 

Partire

logo lions