Mongolia? E chi te lo fa fare?... Ecco la risposta che mi sono sentita dare a più mandate da molte delle persone a cui ho riferito la scelta della mia destinazione. Beh…a pensarci bene.. è una risposta piuttosto lecita. Ma, alla faccia loro, ne è davvero valsa la pena; anche perché prima di partire non sapevo veramente nulla di questo paese. Sapevo la sua collocazione geografica, ma non sapevo esattamente che i suoi confini erano a nord con la Russia e a sud con la Cina, non sapevo che fosse il più grande stato al mondo senza accesso al mare. Sapevo invece che la capitale è Ulaanbataar e che è proprio in Mongolia che si trova il deserto del Gobi. Non sapevo che la religione principale fosse il buddismo tibetano e non sapevo nemmeno che la proporzione tra uomini e cavalli fosse di 1:12! Ho scoperto che in pochi parlano bene inglese e che le strade sono come le nostre, ovvero hanno la guida a destra, ma le macchine che hanno possono avere, a loro discrezione, il volante a destra o a sinistra. Ciò implica una pericolosità non da poco nel caso vi troverete in una macchina col volante a destra che vuole sorpassare. Sappiate che si sentono tutti del piloti di formula 1. Ah,occhio ad attraversare la strada perché, sebbene siate sulle strisce pedonali, a loro non interessa...suonano il clacson e passano!
Sinceramente, non credevo si potesse vedere e imparare così tanto senza dover aprire un libro.
Di solito la gente pensa (ed è stato decisamente il mio caso) che spingersi troppo lontano, in un luogo troppo diverso, non porta mai a qualcosa di buono. Io, ad esempio, ad un certo punto avevo paura di non riuscire a partire per problemi di date con la scuola, in più per questo non avevo ancora avuto contatti con una famiglia ospitante e, preoccupato, in mancanza di altre motivazioni, pensavo quasi di lasciar perdere. “Chi me lo fa fare?” dicevo, come molte persone a cui avevo detto del viaggio e che cominciavo a prendere in considerazione. “Perché devo tornare ai nomadi (e lì sì, sono veramente nomadi) se posso andare in un gran bel posto organizzato, comodo, dove non devo sentirmi a disagio?”. Però, a parte il fatto che l’organizzazione è stata molto flessibile e attenta alle mie esigenze (e ciò mi ha fatto sentire più al sicuro), pensavo anche: “Beh, se esiste un posto dove provare è possibile, questo è la Mongolia”.
La mia esperienza in Mongolia è stata fantastica, ma sotto certi punti di vista stressante.
Partita il 3 luglio insieme ad altri ragazzi italiani, sono arrivata all’aeroporto di Ulan Bator alle 6 di mattina del giorno successivo.
L’accoglienza è stata molto calorosa e lo stesso giorno mi hanno portato a vedere cose interessanti. Anche se la lingua era un po’ un ostacolo, sono stati molto gentili e le due ragazze, in particolare una, mi portavano in giro per la città tutti i giorni, tra musei e shopping.
Ho conosciuto tutti gli studenti stranieri come me qualche giorno prima del campo e, tutti insieme abbiamo aspettato fino alle 2 e mezza di notte per vedere la partita del mondiale.
Eravamo 6 italiani, 2 ragazze danesi, una ragazzo ed una ragazza tedeschi e una ragazza polacca, oltre che tutti i ragazzi mongoli partecipanti al campo.
Siamo partiti per il campo con dei furgoncini da strada, imbaccuccati in posti troppo piccoli con valige troppo grandi, ma questo è il bello. Se qualcuno cerca l’avventura questa è l’esperienza adatta per lui/lei, perché la Mongolia è avventura. Il tempo cambiava in continuazione e i furgoncini si sono impantanati molto spesso. Le camminate non sono mancate e i tiri alla fune o il wrestling mongolo sfiancavano sul serio, ma era divertente anche se a volte è stata dura sopportare certi ritmi. Un campo a prova di mongolo, di sicuro, ma noi europei abbiamo dovuto imparare strada facendo. La cultura mongola è tutta da scoprire; è una cultura antica e molto particolare, ma basta saperne cogliere la bellezza. Tra vestiti tipici, latte di cavalla con alcol, cavalli in miniatra, ghear (tende dei nomadi) e quant’altro non si può che non rimanere affascinati dal loro stile di vita, così semplice ma così intenso. E’ stata un’esperienza forte sotto ogni punto di vista e, nonostante qualche difficoltà, mi è piaciuto molto.
In questo articolo non voglio esaltare troppo ciò che ho visto ne penalizzarlo eccessivamente, saprete da me esattamente ciò che ho vissuto senza censure ne mutamenti.
Questo lo dovevo assolutamente anticipare perchè non riuscirei a dirvi se andare in Mongolia sia un viaggio da fare oppure no, semplicemente dipende da voi.
Prima di partire e anche durante tutta la permanenza ho continuato a pensare che fosse un'avventura, all'inizio lo era per le poche informazioni che noi italiani abbiamo di quel paese e poi lo è stato perchè gli stili di vita dei mongoli sono diciamo "improvvisati".
Ho passato dieci giorni in famiglia e dieci nel campus.
Ebbene si, quest’estate sono stata in Mongolia, la terra di Chinggis Khaan (che si scrive così, provate solo a scrivere o pronunciare il suo nome “Gengis Khan” come facciamo noi e vedrete la loro reazione ).
All’inizio, quando mi era stata proposta la Mongolia come possibile meta, ero un po’ indecisa se accettare o no in quanto mi spaventava l’idea di andare da sola in un luogo così lontano da casa, la cui cultura mi era stata presentata come completamente diversa dalla nostra. E tale si è dimostrato, ma è stata un’esperienza che mi ha dato veramente tanto.
La cultura così come la lingua, la cucina e tutti gli aspetti della vita mongola non hanno proprio niente a che vedere con lo stile di vita europeo o ancor meglio, nel mio caso, italiano.
Ma partiamo dall’inizio.
La Mongolia è un paese vastissimo dove si respira un’aria incontaminata da smog. Vi si sentono gli aromi di tante piante e spesso si convive con gli umori di animali , soprattutto pecore e cavalli.
E’ stata un’esperienza forte , si è vissuto anche in “gher”, cioe’ tende di nomadi condividendo latte di pecora come segno di ospitalità.
E infatti l’impressione è che sono un popolo di nomadi, anche se vivono in città perché sono pronti a cercare la campagna appena possono. Di certo esprimono desideri non sofisticati né vogliono una vita “tecnologica”.
Quanto al pensiero, mi pare di poter dire che vivono all’ombra della memoria di Gengis Khan.
Mi sento di esprimere un grazie di cuore a chi ha dato anche a me la possibilità di confrontare la nostra vita europea con quella di un popolo tanto diverso da noi e che, per qualche verso, mi ricorda la vita della gente anni fa.
Il viaggio che non ti aspetti. La meta che non consideravi. Le emozioni che non dimenticherai mai. E’ un po’ il riassunto di quello che ho vissuto dal momento in cui ho deciso di accettare come meta per l’Exchange Program la Mongolia.
Un paese sentito più nei film che nella realtà, una nazione che non consideri prima di un viaggio. Tra chi ti dice “ Ma cosa c’è in Mongolia?” e chi invece ti incoraggia “ Wow sarà stupenda!”, senza però neanche sapere dove si trova esattamente sulle cartine tanto che la domanda successiva è “ Ma c’è il mare?”.
Partiamo il 3 luglio da Milano e dopo 11 ore di volo per Pechino, 8 ore di scalo nell’enorme aeroporto della capitale cinese e altre 2 ore e mezza di volo arriviamo finalmente ad UlaanBaatar e subito notiamo le differenze tra cinesi e mongoli: piccoli, magrolini e seri i primi, massicci e sorridenti i secondi.
Quest’estate ho partecipato al mio quinto scambio con i Lions, (sono stata molto fortunata a partire,c’era un posto libero e vacante per la Mongolia, e l’ho preso al volo!) e pur aspettandomi una bella esperienza ,come per gli anni passati, non avrei mai immaginato che la Mongolia mi avrebbe riservato così tante sorprese e momenti incredibili e indimenticabili!
Il viaggio è durato 3 settimane, divise tra famiglia e campo.
La mia host sister, Sugi, si è dimostrata molto carina e disponibile all’inizio ( tralasciamo il fatto che non sia venuta a prendermi all’aeroporto, perché aveva fatto confusione con gli orari) ma ho subito notato una grande differenza di comportamento nei miei confronti a seconda che fossimo a casa o fuori con gli altri ragazzi italiani e le loro host families : appena uscivamo cambiava completamente e mi “scaricava” letteralmente agli altri ragazzi mongoli che ospitavano noi italiani per andare in giro con le sue amiche. Certo non un bellissimo comportamento( per non parlare della madre, che non mi ha neanche mai salutata), ma non ne ho fatto una tragedia, anche perchè in questo modo ho partecipato a tutte le visite per la città che erano state organizzate per gli altri, ho visto tantissime cose interessanti(che con lei probabilmente mi sarei persa) e ho passato giornate in compagnia e allegria con tutti gli altri ragazzi e i loro hosts!!!(tra cui una uscita in campagna di 2 giorni, nella quale siamo stati a dormire nelle Gher, le tipiche tende mongole, abbiamo cavalcato come pazzi nella steppa, tenuto sul braccio aquile, passeggiato tra splendidi paesaggi e visitato una statua colossale di Chiggis Khaan!!!)
Lo sguardo corre a 360 gradi, quasi vedo la curvatura dell'orizzonte. Il cielo è di un azzurro brillante nell'aria tersa e fa da cornice a poche nuvole che sembrano cadermi in testa sospinte da una brezza impercettibile. Nulla intorno a me e ai miei compagni.
Non dimenticherò mai la maestosità del luogo.... non è deserto..... non è simile a nessuno degli altri luoghi che ho visitato...
Un viaggio in Mongolia è difficile da raccontare, è da vivere!
La Mongolia non è certo il primo posto che si prende in considerazione per un viaggio dall'altra parte del mondo, ma se vi capiterà l'occasione, ragazzi, vi assicuro, non fatevela scappare! Bisogna essere pronti a vivere qualche giorno di vita selvaggia, immersi nella steppa, in un interminabile susseguirsi di colline verdeggianti e gher di nomadi che si fondono naturalmente, al punto che in un attimo ci si sente abbracciati da una sensazione di vuoto devastante. Richiede un po' di spirito d'avventura ma regala emozioni!
Ma cominciamo dall'inizio.
Partecipare allo Youth Camp and Exchange in Mongolia e’ stata sicuramente una delle esperienze piu’ interessanti che abbia fatto fino ad ora.
La destinazione non e’ facile ma bisogna partire consapevoli del posto che si sta per visitare e adattarsi alle circostanze.
La mia esperienza e’ iniziata abbastanza male devo ammettere in quanto quando sono arrivata Ulaanbaatar e la mia host family e’ venuta a prendermi in areoporto mi sono resa conto che praticamente nessuno era in grado di parlare inglese a parte per un ragazzino che riusciva a chiedermi solamente se avevo sonno, fame, sete e cose di prima necessita’ di questo tipo ma non era in grado di capirmi o di rispondere alle mie domande.
Questo ha creato dei malintesi nei primi giorni in cui, appena arrivata da un viaggio di undici ore, loro mi hanno proposto una gita in campagna di un solo giorno che alla fine ne e’ durata tre senza doccia, un bagno (per lo meno come lo conosciamo qui noi in Europa), acqua corrente o anche solo un cambio di vestiti e tutto questo senza riuscire a comunicare con nessuno, nonostante la famiglia si sia sempre comportata benissimo con me ed erano tutti molto gentili.
La Mongolia è considerata un po' la "Cenerentola" delle destinazioni previste dagli Scambi Giovanili Lions, anche perché è pensiero comune che in questo Paese non vi sia nulla di particolarmente interessante per cui meriti la pena recarvisi.
Invece, già documentandomi prima della partenza, e ancor di più soggiornandovi un mese, posso esprimere il mio punto di vista citando una frase di T. Monos: "Monotono? Per il cieco senza dubbio, come per il viaggiatore banale, ordinario e senza curiosità, che non sa né vedere né guardare".
Mi chiamo Igor Malazzi , ho 17 anni e quest’anno è la seconda esperienza con gli Youth Camp del Lions Club.
Sono partito il 25 giugno 2014 per il Camp in Mongolia completamente inconsapevole di quello che avrei trovato sul posto.
Abituato alle comodità di casa, che ho sempre dato per scontato, all’arrivo nel Camp mi sono trovato impreparato.
La prima delusione l’ho avuta perché pensavo che di vedere il deserto del Gobi e la seconda perché i servizi igienici lasciavano un po’ a desiderare.
Mongolia: è stata questa la meta del mio primo scambio Lions, senza dubbio un'esperienza unica ed indimenticabile.
Dopo 10 ore di aereo siamo arrivati -eravamo in 5 italiani- all'aeroporto di Chinggis Khan: qui abbiamo incontrato alcuni volontari del campo che ci hanno accolto abbracciandoci calorosamente.
Subito, per andare al Campo, dove abbiamo passato i nostri primi dieci giorni, abbiamo dovuto prendere il treno e poi dei pulmini, che sfrecciavano sulle strade di terreno battuto.
La prima cosa che ho conosciuto al Campo sono state le mosche: un'infinità, ci circondavano, si poggiavano sulla nostra faccia, dovunque; in due giorni ci siamo abituati alla loro presenza ingombrante e non ci davano più alcun fastidio -ma consiglio ai prossimi partecipanti di portarsi dello spray repellente, almeno per l'approccio iniziale con questi insetti!-. E poi, i bambini: tantissimi bambini, e non c'era nessun altro giovane partecipante allo scambio. Per questo eravamo perplessi, e un po'giù di morale: ma come? e ora che facciamo? Tuttavia, i bambini erano gentilissimi, ci chiedevano della nostra vita in Italia e ci raccontavano della loro in Mongolia; alcuni sapevano parlare l'inglese incredibilmente bene.
Il viaggio in Mongolia è stato un’esperienza unica e indimenticabile, sia per i luoghi e i paesaggi meravigliosi che ho visto, che per le persone che ho potuto conoscere in questo straordinario paese.
Questa è stata la mia terza esperienza con gli scambi del Lions Club e, come immaginavo, anche questa volta le mie aspettative non sono state deluse, anche se in questo caso si trattava di un paese diversissimo dagli altri in cui ero stato in precedenza (Germania e Australia).
Appena arrivati all’aeroporto di Ulaan Bataar, la capitale della Mongolia, io e gli altri ragazzi italiani con i quali avevo fatto il viaggio siamo stati accolti da alcuni membri del Lions che, dopo averci dato il benvenuto, ci hanno accompagnato alla stazione. Da lì siamo arrivati al campo, dove abbiamo trascorso i primi dieci giorni del nostro viaggio. Ben presto ci siamo resi conto che la vita in Mongolia è piuttosto spartana, specie quando ci si allontana dalla città, e che bisogna avere un notevole spirito di adattamento! Il campo (dove, oltre a noi, erano presenti anche molti bambini mongoli) era costituito da casette di legno con funzione di dormitorio, mentre il bagno e i lavandini erano all’esterno.
Nonostante la mia avventura sia finita da poco più di una settimana e si presupponga che ormai abbia interiorizzato quel turbine di emozioni, sensazioni ed immagini che è andato girovagando per un mese dentro la mia testa, tuttavia, non riesco ancora trovare le parole adatte o una giusta definizione che possano esprimere, nella maniera che più le si degna, la straordinaria bellezza, il misterioso fascino e l'indescrivibile unicità di quella fantastica terra che è la Mongolia.
Potrei stare per ore a parlare del paesaggio mozzafiato, dell'incredibile azzurro del cielo, delle verdi e suggestive montagne che incorniciano le valli, dei maestosi alberi che ora si ergono imponenti ora si piegano dolcemente sui freschi pascoli, del rilassante scorrere dell'acqua dei limpidi fiumi, del fresco vento che, passando di valle in valle, accarezzando fiori mai visti, porta con sé i suoni dei pascoli vicini. Il muggito delle pacifiche mucche, il perpetuo sbattere della coda per scacciare le mosche e il sordo rumore degli zoccoli sull'erba delle corse dei cavalli, le rapide uscite dalle loro tane delle marmotte, il lento andare dei bruchi sui rami, il timido sbattere d'ali delle farfalle che riempiono con le loro danze colorate i campi, il muto diffidarsi dei pesci, il pigro abbaiare dei cani a guardia delle gher, il silenzioso e maestoso volare dei falchi...
Quest’anno la meta finale del mio viaggio è stata la Mongolia.
Per noi occidentali è un po’ un mistero, non si capisce bene che cosa ci sia esattamente, e se davvero ci sia qualcosa.
In realtà c’è un altro mondo.
E' estremamente difficile descrivere le sensazioni provate durante quel mese così intenso e denso di esperienze, ma credo che il periodo più significativo sia stato quello trascorso nelle tipiche tende mongole, a stretto contatto con le famiglie nomadi.
Lì il cielo sembra così vicino che pare di poterlo toccare con un dito e si è circondati da un mare verde che si estende all’infinito.
Le persone vivono semplicemente, si alzano presto, mungono mucche e cavalli, le donne puliscono e cucinano.
Ti senti in un’altra epoca, in un altro pianeta e non puoi credere di essere davvero tu quella persona che sta vivendo un’esperienza così fantastica che rimarrà per sempre nella memoria.
Mentre te ne stai lì, in cima ad una collina in mezzo ad un oceano sconosciuto non puoi far altro che provare un immenso senso di tranquillità e serenità, e ti chiedi se tutti i problemi che sembrano insormontabili, tutte le difficoltà che si incontrano giornalmente, non siano solo futili preoccupazioni che ci creiamo da soli e che assomigliano spaventosamente a delle catene.
Una cosa che non scorderò mai e che, anzi, cercherò in tutti i modi di riprovare è stato il senso di assoluta libertà che ho provato, la libertà di poter essere solo me stessa, la libertà di poter decidere del mio destino, la libertà di scegliere ciò che veramente voglio.
Quest’anno lo Youth Exchange Program del Lions Club mi ha permesso di trascorrere tre settimane in Messico.
L’esperienza è stata fantastica! Il 28 luglio sono partita con un altro ragazzo italiano che ho avuto la possibilità di conoscere, Giulio, dall’aeroporto di Venezia per raggiungere Morelia.
Ad attenderci vi era la famiglia che mi avrebbe ospitata, la famiglia (…) composta dai genitori, Mercedes e Alfonso, e tre figlie, Mercedes (10), Rebecca (19) e Valeria (18), con cui ho trascorso la maggior parte del soggiorno.
Dato che la mia famiglia ospitante possedeva tre abitazioni (a Morelia, ad Apatzingan e a Guadalajara), ho potuto visitare non solo queste tre città, ma anche i loro rispettivi dintorni.
È stato molto interessante conoscere la cultura messicana ed in particolare Michoacana (dello stato di appartenenza della famiglia), e simpatico, o meglio GUSTOSO, è stato assaggiare le varie piccanti specialità che la signora Mercedes preparava quotidianamente.
Ho costruito uno splendido rapporto con Valeria, con la quale continuo a sentirmi, e inoltre ho mantenuto i contatti con Giulio, il mio compagno di viaggio.Il mio soggiorno si è concluso il 18 agosto, con la felicità di riabbracciare parenti e amici, ma soprattutto con la tristezza di dover salutare le persone lì conosciute.Del Messico ora conservo i colori dell’agave, la musica dei Mariachi, la potenza delle onde oceaniche di Ixtapa e il calore e l’allegria dei messicani!
Qualche suggerimento per migliorare l’esperienza? Beh, forse avrei avuto piacere di potermi preparare meglio alla partenza, dato che forse conoscere la data del decollo un giorno prima è un po’ poco.
Comunque, nonostante la fretta iniziale, è stata un’esperienza incredibile che, come al solito, raccomando a tutti.
Come al solito è stato fantastico, arricchente.
In questo viaggio, sembra impossibile, ma ancora più che nei precedenti, si è instaurato un legame molto forte con gli altri ragazzi tanto che, con alcuni, ci siamo già rivisti in Danimarca neanche un mese dopo il ritorno a casa, e altri 2 viaggi sono già programmati.
Tutte le volte che ci penso (ma non sono solo io a dirlo), mi rendo conto di quanto sia fantastico sapere di avere amici e una casa, in quasi tutti i paesi d'Europa. Davvero, come ho detto anche in una cena Lions, dopo questi viaggi la geografia si comprime.
Il Messico, la Svezia, la Polonia, la Danimarca, l'Inghilterra non sono più a migliaia di chilometri di distanza, ma semplicemente dietro casa.
E non solo.
Al mio arrivo a Morelia, capitale dello stato del Michoacan, sono stato accolto dalla famiglia della mia compagna di viaggio Rita Base che volava con me dall’aeroporto di Venezia; la famiglia che doveva accogliermi non c’era e ciò mi ha messo un po’ in ansia. Poi, arrivato in città ho fatto conoscenza con la responsabile dello Youth Exchange, la signora Adriana Acevedo, che mi ha spiegato che la famiglia dove avrei dovuto essere ospitato aveva un parente malato, quindi non poteva accogliermi però non c’era nulla di cui preoccuparsi; infatti nel frattempo era stata contattata un’altra famiglia quella della signora Gamiño Ortiz con il figlio Jorge Fernando, ventunenne e studente alla scuola per stilisti.La prima cosa che ho notato andando verso la loro casa è stata la differenza tra le nostre città e quelle messicane: le strade, molto larghe, straripano di negozi alimentari con la merce esposta sulla via, moltissimi i luoghi sulla strada dove la gente cucina con bancarelle sui marciapiedi. Anche la casa di Fernando era molto diversa da quelle nostrane, innanzitutto moltissime immagini sacre (e riproduzioni del cenacolo di Leonardo) dato che la famiglia era molto religiosa; l’acqua minerale non la comprano al supermercato ma da appositi camion che la mattina setacciano la città assieme a quelli delle immondizie che passano alle nove di mattina casa per casa.
L'esperienza in Mexico è stata per me superba...trovarsi in un paese così lontano e totalmente diverso da quelli che sono gli standard europei a cui siamo abituati non è cosa da poco.La città in cui eravamo era a dir poco rustica ma l'ospitalità, la simpatia e la voglia di fare delle nostre famiglie e dei loro amici ci hanno fatto trovare splendidamente lasciando le nostre giornate sempre piene di visite ed impegni.Inoltre la scarsa conoscenza dell'inglese nei Messicani si è trasformata in un'occasione per poter praticare una nuova lingua come lo spagnolo e di stringere amicizia con i familiari e i loro amici.Dunque una esperienza al 100% positiva per chi come noi Leo è disposto a chiudere un occhio su qualche comodità e aprirli su un mondo ricco di cultura, storia e tradizioni.